SENTENZA N.397
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
(Per la correzione di errori materiali contenuti nella presente sentenza vedi ordinanza n. 819 del 1988).
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (<Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro>), in relazione all'art. 87, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (<Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato>), promosso con ordinanza emessa il 3 luglio 1978 dalla Corte dei Conti - Sezione III giurisdizionale-sul ricorso proposto da Reina Tomasina, iscritta al n. 883 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 63 dell'anno 1981;
udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
Considerato in diritto
l. - La Corte dei conti dubita, in riferimento all'art. 3 Cost., della legittimità costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, della legge 22 novembre 1962 n. 1646 (<Modifiche degli ordinamenti degli Istituti di Previdenza presso il Ministero del tesoro>), in quanto prevede che ai fratelli ed alle sorelle inabili e conviventi a carico degli iscritti agli Istituti di previdenza del Ministero del Tesoro spetti la pensione di riversibilità solo in mancanza di altri aventi diritto, laddove l'art. 87, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, prevede per gli impiegati civili dello Stato, in tali casi ed a certe condizioni, l'istituto del consolidamento tra le varie categorie dei vocati. In base a quest'ultimo istituto, alla morte dei genitori subentrano nel diritto, ed a certe condizioni, i fratelli e le sorelle inabili e conviventi del dante causa.
2. - La questione é fondata.
Come é stato esattamente posto in evidenza nell'ordinanza di rinvio, in relazione alla questione prospettata é del tutto irrilevante che il sistema delle pensioni dei dipendenti civili dello Stato abbia un sistema di finanziamento distinto da quello dei dipendenti pubblici iscritti presso gli Istituti di previdenza del Ministero del Tesoro.
Il profilo cui si riferisce il giudice a quo riguarda difatti un aspetto estrinseco rispetto a quel momento, riguardando i riflessi sociali dei vari sistemi pensionistici che, relativamente ad essi, non possono non essere assoggettati che alla medesima disciplina, ove identiche risultino le situazioni poste a raffronto.
Ai fini della soluzione della questione sembra poi utile precisare che la pensione di riversibilità costituisce una delle manifestazioni del carattere di retribuzione differita proprio delle pensioni. Difatti se il lavoratore, provvedeva al sostenta mento proprio e di altri soggetti con lui conviventi, con l'istituto della riversibilità si é preso atto di questa realtà proiettando sui soggetti da lui assistiti in vita, i benefici di quella retribuzione, finchè perdurano, dopo la sua morte, determinati requisiti di assistibilità.
Coerente con questo disegno, é l'istituto del consolidamento che il legislatore ha previsto per gli impiegati civili dello Stato, perchè esso tende a rendere effettivo il diritto alla riversibilità per tutti i soggetti riconosciuti meritevoli del beneficio.
Ma una volta affermato tale principio esso non può non espandersi a tutte le ipotesi identiche, in cui il legislatore abbia preso in considerazione più soggetti come possibili destinatari del beneficio, perchè altrimenti si creerebbero ingiustificate discriminazioni fra essi.
Va difatti rilevato che, mancando la possibilità di consolidamento nel caso di più soggetti, al cui sostentamento provvedeva durante la vita il de cuius, ma vocati alla sua morte in ordine successivo, ove non fosse previsto il consolidamento, la possibilità, per i chiamati successivamente, di godere del beneficio, rimarrebbe affidata al caso. Così quando siano chiamati il genitore ed il fratello inabile, la sopravvivenza al de cuius del genitore, anche per un solo giorno, impedirebbe al fratello inabile, che pur era assistito in vita dal lavoratore, di godere della riversibilità.
La norma sul consolidamento, invocata nell'ordinanza di rimessione come tertium comparationis ha dunque realizzato una razionalizzazione del sistema, onde sarebbe irragionevole che da essa, stante l'identità di situazioni, rimanessero esclusi gli assistiti dai dipendenti pubblici cui si riferisce la norma denunciata, perchè il permanere di tale discriminazione determinerebbe quella ulteriore, qui posta in evidenza, all'interno della medesima categoria dei chiamati, in quanto alcuni di questi potrebbero non godere del beneficio per un evento del tutto casuale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, della legge 22 novembre 1962 [n. 1642]*(<Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di Previdenza presso il Ministero del Tesoro>) nella parte in cui non prevede nei confronti dei fratelli e sorelle inabili e conviventi con l'iscritto agli Istituti di previdenza del Ministero del Tesoro, il consolidamento della pensione di riversibilità alla morte del genitore del dante causa, al quale spettava per ultimo la pensione, alle condizioni previste dall'art. 87, secondo comma, del t.u. 29 dicembre 1973 n. 1092.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/03/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 07 Marzo 1988.