ORDINANZA N.382
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 419, primo comma, del codice civile (Mezzi istruttori e provvedimenti provvisori), promosso con ordinanza emessa l'8 maggio 1981 dal Tribunale di Torino, iscritta al n. 662 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. l2 dell'anno 1982.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Francesco Saja.
Ritenuto che nel giudizio promosso da Adelaide Rovero per ottenere la pronuncia di interdizione del fratello Francesco Rovero, il Tribunale di Torino rilevava che il giudice istruttore si era recato presso il domicilio dell'interdicendo senza poterlo esaminare perchè irreperibile, non essendo questi comparso, poi, neppure nelle successive udienze;
che, in dipendenza di ciò, il suddetto Tribunale sollevava questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., dell'art. 419, primo comma, c.c., nella parte in cui esclude la dichiarazione di interdizione nel caso di impossibilita di procedere all'esame dell'interdicendo resosi irreperibile;
che ad avviso del giudice a quo la disposizione denunciata poteva essere interpretata solo nel senso che <la mancanza di preventivo esame dell'interdicendo ... da qualunque causa determinata, preclude irrevocabilmente la pronuncia dell'interdizione6;
che, sempre secondo il giudice rimettente, una preclusione così rigorosa ed assoluta, oltre a poter risultare svantaggiosa per lo stesso interdicendo, menomava il diritto di difesa dei soggetti legittimati a chiedere l'interdizione, ponendosi così in contrasto con l'art. 24 Cost.;
che nel giudizio dinanzi alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, argomentando e concludendo per l'infondatezza della questione;
che, secondo la Presidenza, la disposizione impugnata non produce gli effetti paralizzanti del procedimento di interdizione ipotizzati nell'ordinanza di rinvio, dovendo essere chiaramente interpretata come norma che consente la prosecuzione del procedimento anche in caso di irreperibilità dell'interdicendo, dopo che siano stati esperiti senza esito i mezzi di ricerca della dimora del convenuto.
Considerato che l'esame ex art. 419, primo comma, c.c., deve essere inteso come indagine sulla complessiva personalita dell'interdicendo, quale emerge non solo dalle risposte date alle domande del giudice ma anche dall'intero comportamento tenuto in occasione dell'incontro con il giudice ovvero dalla stessa eventuale scelta di sottrarsi a tale incontro;
che, sulla base di questa linea interpretativa, la giurisprudenza della Corte di cassazione ha affermato che l'obbligo dell'esame può considerarsi assolto ed il procedimento di interdizione può proseguire ogniqualvolta l'interdicendo, che abbia già rifiutato di comparire dinanzi al giudice istruttore, insista nel suo rifiuto a farsi esaminare;
che, al pari di quanto avviene per il rifiuto dell'esame, l'irreperibilità, ritualmente accertata, dell'interdicendo (che vanifica ogni tentativo del giudice di raggiungerlo) non ha l'effetto di paralizzare il corso del procedimento di interdizione;
che, in tale ipotesi estrema di irreperibilità, l'assenza dell'interdicendo non implica pregiudizio dei suoi diritti e delle sue ragioni nel giudizio di interdizione, soprattutto se si considera che, in tale giudizio, e previsto l'intervento necessario del pubblico ministero, finalizzato a garantire l'attuazione della legge nel rispetto dell'interesse generale cui é ispirata la normativa sull'interdizione;
che la norma impugnata, nell'interpretazione accolta e corrispondente al diritto vivente, non lede affatto le garanzie contemplate nell'art. 24 Cost.;
che per le suesposte ragioni la questione va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26 legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, primo comma, c.c. sollevata, in riferimento all'art. 24 Cost., dal Tribunale di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/03/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco SAJA, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 31 Marzo 1988.