SENTENZA N.368
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, della legge 20 ottobre 1982, n. 773, e del combinato disposto degli artt. 2, primo comma, e 23 della legge 20 ottobre 1982, n. 773 (<Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri>), promosso con ordinanza emessa 11 novembre 1983 dal Pretore di Ancona nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Locarni Mario ed altri e la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei geometri, iscritta al n. 812 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 301 dell'anno 1984.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri.
Considerato in diritto
l.-Il Pretore di Ancona solleva questione di legittimità costituzionale della legge 20 ottobre 1982 n. 773 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei geometri) e precisamente dell'art. 2, primo comma, in riferimento all'art. 3 della Costituzione e del combinato disposto degli artt. 2, primo comma, e 23, in riferimento all'art. 38 della Costituzione.
Va premesso che la predetta legge n. 773 del 1982 sancisce radicali cambiamenti nel sistema previdenziale previsto per questa categoria di professionisti, vuoi per quanto concerne la regolamentazione delle contribuzioni e conseguentemente l'ammontare della pensione, vuoi per quanto riguarda il periodo minimo di iscrizione alla Cassa richiesto per il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia. Ed e sostanzialmente su quest'ultimo punto che si incentra la censura del giudice remittente.
Infatti la disciplina precedente contenuta nell'art. 13 della legge 4 febbraio 1967 n. 37 prevedeva il conseguimento della pensione di vecchiaia per l'iscritto <che abbia compiuto il sessantacinquesimo anno d'età e versato per almeno venti anni il contributo personale...o; l'art. 2 della legge n. 773 del 1982 dispone invece che <la pensione di vecchiaia é corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno sessantacinque anni di età, dopo almeno trent'anni di effettiva regolamentare iscrizione all'albo e di contribuzione alla Cassa>.
Il Pretore di Ancona si duole che <la mancata previsione di salvaguardia dei diritti quesiti preclude la possibilità di maturare il diritto alla pensione di vecchiaia a quei geometri, come i ricorrenti, che, iscritti tardivamente alla Cassa, sono prossimi al limite di età di 65 anni senza tuttavia avere maturato il periodo di almeno trenta anni di contribuzione alla Cassa in luogo dei venti anni prima sufficienti...>.
2.-Muovendo da questa constatazione, il giudice remittente osserva che in una analoga operazione di riforma- vale a dire quella della Cassa di previdenza per gli ingegneri e gli architetti intervenuta con la legge 3 gennaio 1981 n. 6 - venendo anche in questo caso elevato il periodo minimo di iscrizione alla Cassa richiesto per conseguire la pensione da venti a trent'anni, il legislatore si é dato carico, con l'art. 25 della legge, di conservare il diritto alla pensione di vecchiaia con l'anzianità minima di venti anni per gli iscritti alla Cassa in data anteriore alla data di entrata in vigore della legge innovatrice.
Da qui la prima questione di legittimità costituzionale sollevata dal Pretore di Ancona in ordine all'art. 2, primo comma, della legge n. 773 del 1982, perchè, non essendo stata prevista una norma transitoria che faccia salvo il diritto a conseguire la pensione di vecchiaia con venti anni di iscrizione alla Cassa per i geometri che si erano iscritti sotto il precedente regime, a differenza di quanto era stato disposto poco più di un anno prima per gli ingegneri e gli architetti, il legislatore sarebbe incorso in una violazione dell'art. 3 della Costituzione, per aver trattato con una disciplina radicalmente diversa situazioni sostanzialmente identiche. Tali dovrebbero essere considerate le posizioni dei geometri, da una parte, e degli ingegneri e degli architetti dall'altra, di fronte al cambiamento di regime attuato nelle rispettive Casse di previdenza in ordine al periodo minimo di iscrizione richiesto per ottenere la pensione di vecchiaia.
La questione non é fondata. Non occorre soffermarsi ad esaminare la problematica concernente i <diritti quesiti>, nè quella relativa ai casi di successione di leggi nel tempo (sulla quale la giurisprudenza della Corte e univoca nel senso di riconoscere la discrezionalità del legislatore: v. da ultimo sentenze nn. 199 del 1986, 618 del 1987 e ord. n. 131 del 1988). Ma nemmeno appare convincente l'asserito vulnus che sarebbe stato inflitto al principio di eguaglianza, per avere il legislatore adottato due soluzioni diverse nella normativa transitoria nel caso delle pensioni dei geometri da un lato e delle pensioni degli ingegneri e degli architetti dall'altro.
Esattamente ha osservato l'Avvocatura generale che il raffronto non e pertinente, poichè le Casse di previdenza delle diverse categorie professionali sono entità distinte, ciascuna con una propria autonomia e con un proprio equilibrio finanziario. La diversità di regolamentazione, sia per quanto riguarda la normativa organica, sia per quanto riguarda le eventuali disposizioni transitorie, non può essere assunta a sostegno di una presunta violazione dell'art. 3 Cost. La Corte non ha dunque motivo di discostarsi dal proprio costante orientamento in materia (da ult. sentt. nn. 133 del 1984 e 284 del 1986).
3.-Alla stregua delle precedenti pronunce della Corte, appare invece fondata la seconda questione di costituzionalità sollevata dal Pretore di Ancona, vale a dire quella che censura gli artt. 2, comma primo, e 23 della legge 20 ottobre 1982 n. 773 in riferimento all'art. 38 della Costituzione.
In effetti la legge n. 773 non ha del tutto ignorato le posizioni di coloro che, iscritti alla Cassa precedentemente alla entrata in vigore della stessa legge, potevano trovarsi danneggiati dall'introduzione della nuova disciplina. Ma non é con l'art. 21, secondo quanto argomenta l'Avvocatura generale-norma che si limita a prevedere la restituzione dei contributi non utili e la possibilità del trasferimento degli stessi ad altri istituti, previsioni ambedue sostanzialmente obbligate -che il legislatore ha cercato di rimediare agli inconvenienti che caratterizzano la fase iniziale di ogni riforma, per ovviare ai quali generalmente si adottano norme transitorie.
Il giudice a quo ha, invece, correttamente ravvisato nell'art. 23 il rimedio adottato dal legislatore per rendere possibile il conseguimento della pensione di vecchiaia ai geometri già iscritti, ma che tuttavia si trovavano nella condizione di non poter raggiungere i trenta anni richiesti dalla nuova legge in luogo dei venti previsti in precedenza.
Il rimedio cui il legislatore e ricorso, con una scelta discrezionale e certamente non viziata di irrazionalità, e quello di consentire, mediante versamento diretto, il riscatto degli anni necessari per arrivare al previsto periodo minimo di trent'anni di contribuzione al compimento del sessantacinquesimo anno di età.
Senonchè il legislatore ha concesso tale facoltà <purchè per il periodo di cui viene chiesto il riscatto, i richiedenti siano stati iscritti all'albo e non alla Cassa o, comunque, non siano stati iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria in conseguenza di diversa attività da loro svolta successivamente al compimento del 35° anno di età>.
Tale ultima condizione (scilicet quella di non essere stati iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria) rischia pero di vanificare in molti casi, - e tale é quello del giudizio a quo-il raggiungimento della finalità prefissasi dallo stesso legislatore, facendo si che una parte dei professionisti per i quali opera la Cassa nazionale di previdenza dei geometri non possa conseguire il trattamento previdenziale di vecchiaia. Nè ha pregio l'argomentazione dell'Avvocatura generale che si richiama alla discrezionalità del legislatore nella scelta dei termini e dei modi con cui garantire il principio costituzionale enunciato nell'art. 38, secondo comma.
Nel caso in esame si tratta di consentire il mantenimento di un trattamento previdenziale già garantito da una legge precedente, per di più mediante versamenti a totale carico degli interessati, così che non possono nemmeno essere invocate esigenze di equilibri finanziari.
Va inoltre rilevato che la condizione ostativa censurata si pone in contrasto con uno dei criteri generali che ispirano l'ordinamento della Cassa di previdenza dei geometri così com'é regolato dalla legge de qua, in quanto l'art. 22 prevede l'iscrizione facoltativa alla Cassa <per i geometri iscritti a forme di previdenza obbligatoria o beneficiari di altra pensione in conseguenza di diversa attività da loro svolta anche precedentemente alla iscrizione all'albo professionale>.
Nei limiti suindicati la norma e dunque irrazionale ed in contrasto con il principio indicato dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione e ne deve essere dichiarata la illegittimità costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, della legge 20 ottobre 1982 n. 773 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei geometri) sollevata dal Pretore di Ancona con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, primo comma, della legge 20 ottobre 1982 n. 773 limitatamente alle parole <o, comunque, non siano stati iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria in conseguenza di diversa attività da loro svolta successivamente al compimento del 35° anno di età>.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/03/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Mauro FERRI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 31 Marzo 1988.