Ordinanza n.358 del 1988

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.358

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, all. B, 23, 24 e 36 all. A, al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelle sul trattamento giuridico- economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), promosso con ordinanza emessa il 13 giugno 1986 dal Pretore di Cosenza, iscritta al n. 654 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54/1a s.s. dell'anno 1986.

Visto l'atto di costituzione dell'A.T.A.C. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1987 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che il Pretore di Cosenza, giudice del lavoro nel giudizio tra Candido Tonino ed altri e l'Azienda Trasporti Automobilistici di Cosenza (A.T.A.C.) avente ad oggetto la riliquidazione dei compensi per lavoro straordinario e per lavoro prestato in festività infrasettimanali con divisione della retribuzione mensile per 26 anzichè per 30, ha dubitato, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., della legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, all. B, e 23, 24 e 36, all. A, del r.d. 8 gennaio 1931 n. 148 i quali stabiliscono che per gli agenti a stipendio mensile il ragguaglio della retribuzione a giornate e fatto dividendo per 30 la retribuzione di ciascun agente anzichè per 26 in quanto in tal modo la retribuzione mensile viene a remunerare anche le giornate di riposo settimanale;

che il giudice a quo, in punto di non manifesta infondatezza della questione, ha osservato che dal terzo comma dell'art. 36 Cost. può desumersi che la durata massima del periodo di lavoro settimanale e di sei giorni, sicchè al settimo giorno, il quale esula dalla economia del contratto di lavoro, non é direttamente riferibile la retribuzione, con la conseguenza che la determinazione dell'ammontare giornaliero di questa, nel caso di lavoratore pagato a mese, va effettuata dividendo detto importo per ventisei, quali sono i giorni lavorativi nel mese, e non per trenta; ed ha, poi, rilevato che la giurisprudenza della Corte di cassazione sul punto é divisa in due indirizzi contrastanti, sicchè, a suo parere, era opportuna una pronuncia della Corte costituzionale sulla portata del terzo comma dell'art. 36 Cost.;

che l'A.T.A.C., costituitasi nel giudizio, ha contestato la logicità della prospettata interpretazione dell'art. 36, terzo comma, Cost. rilevando che i giorni di riposo settimanale devono essere egualmente compensati e che, comunque, la materia doveva essere oggetto della disciplina legislativa o della contrattazione collettiva, onde la infondatezza della questione; ed inoltre, nella memoria illustrativa, ha anche eccepito l'inammissibilità della questione in quanto, in sostanza, il giudice a quo demanda alla Corte costituzionale la risoluzione del contrasto giurisprudenziale sorto in seno alla Corte di cassazione, peraltro da essa già risolto nel senso che la divisione della retribuzione mensile deve essere effettuata per trenta;

che l'Avvocatura dello Stato, intervenuta per la Presidenza del Consiglio, ha eccepito la inammissibilità della questione avendo il giudice a quo richiesto la pronuncia sulla portata dell'art. 36, terzo comma, Cost. che, invece, é demandata a lui stesso;

considerato che effettivamente, il giudice remittente demanda a questa Corte la risoluzione del contrasto di giurisprudenza formatosi all'epoca dell'ordinanza sulla interpretazione delle norme censurate e la scelta di una delle due interpretazioni richiamate, il che é di competenza dello stesso giudice remittente; onde la manifesta inammissibilità della questione sollevata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, all. B, 23, 24 e 36, all. A, del r.d. 8 gennaio 1931 n. 148, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36, terzo comma, Cost., dal Pretore di Cosenza con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 24 Marzo 1988.