Sentenza n.233 del 1988

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N.233

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia 29 luglio 1978, riapprovata il 14 febbraio 1979, avente per oggetto: <Interpretazione autentica dell'art. 3, ultimo comma, della legge regionale 28 maggio 1975, n. 45>, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 6 marzo 1979, depositato in cancelleria il 16 marzo successivo ed iscritto al n. 7 del registro ricorsi 1979.

Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia;

udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente, e l'Avv. Vincenzo Del Pozzo per la Regione.

Considerato in diritto

l.-Al giudizio di questa Corte é sottoposta una duplice questione. Una, di merito, é prospettata dal ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri e concerne l'asserito contrasto con i principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) da parte della legge della Regione Puglia oggetto del ricorso stesso, la quale, in relazione all'estensione ai dipendenti dei gruppi consiliari originariamente assunti con contratti di diritto privato del beneficio della riduzione alla meta del tempo necessario (due anni) per il passaggio alla prima classe di stipendio, ne fissa <in via interpretativa> la decorrenza al momento dell'iniziale presa di servizio degli stessi dipendenti presso la Regione.

L'altra questione-che, essendo pregiudiziale, va esaminata per prima - é invece posta dalla Regione resistente, la quale ha eccepito l'inammissibilità del ricorso in base a una pretesa inoppugnabilità, da parte del Governo, di una legge regionale di interpretazione autentica avente ad oggetto una precedente legge che non é stata oggetto di impugnazione da parte del Governo medesimo.

2. -L'eccezione di inammissibilità formulata dalla resistente e priva di qualsiasi fondamento, sia perchè la premessa sulla quale poggia-vale a dire la supposizione che si tratti di una legge interpretativa - e errata in via di fatto, sia perchè, anche se quella premessa fosse esatta , non sussisterebbe alcun serio motivo per sottrarre le leggi regionali di natura interpretativa al procedimento di controllo e all'eventuale impugnazione di cui all'art. 127 della Costituzione.

Sotto il primo profilo va precisato che, sebbene la legge impugnata si autoqualifichi e sia formulata come una legge interpretativa, ciò non esime questa Corte dal verificare, ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, se la qualificazione e la formulazione siano realmente rispondenti al contenuto dispositivo della legge medesima.

Sottoposta a tale verifica, la legge impugnata non rivela i caratteri propri di una legge interpretativa. Siffatta qualificazione giuridica spetta, infatti, a quelle leggi o a quelle disposizioni che, riferendosi e saldandosi con altre disposizioni (quelle interpretate), intervengono esclusivamente sul significato normativo di queste ultime (senza, perciò, intaccarne o integrarne il dato testuale), chiarendone o esplicitandone il senso (ove considerato oscuro) ovvero escludendone o enucleandone uno dei sensi ritenuti possibili, al fine, in ogni caso, di imporre all'interprete un determinato significato normativo della disposizione interpretata. Ma, come risulta dalla descrizione formulata in narrativa (punto 1), la legge impugnata-anzichè desumere, enucleare o escludere un qualche significato già insito nella disposizione <interpretata>-interviene sul testo legislativo, aggiungendo una diversa disposizione.

Più in particolare, con tale integrazione testuale, il legislatore regionale estende la decorrenza della progressione economica accelerata, già prevista per il personale di ruolo che all'epoca era in posizione di comando presso la regione (art. 89, c. 4o, l. r. n. 18 del 1974, richiamato dall'art. 3, u.c., l.r. n. 45 del 1975), a favore dei dipendenti dei gruppi consiliari allora legati alla Regione medesima da un rapporto di diritto privato, ottenendo cosi il risultato pratico, per questi ultimi, di retrodatare l'inizio del trattamento economico previsto per il personale di ruolo al momento della loro presa di servizio conseguente al contratto di diritto privato con cui erano stati originariamente assunti dai gruppi consiliari della Regione. In altre parole, riferendosi a soggetti sicuramente diversi da quelli contemplati nella disposizione che si asserisce <interpretata>, la legge impugnata, sotto la veste surrettizia di una norma d'interpretazione autentica, modifica in realtà la precedente disposizione, estendendo ad altri soggetti i benefici ivi previsti.

Del resto, occorre aggiungere che, anche se la legge impugnata fosse propriamente una legge interpretativa, essa risulterebbe in ogni caso soggetta al procedimento di controllo e all'eventuale impugnazione, di cui all'art. 127 della Costituzione. Tali procedure, infatti, si applicano a qualsiasi legge regionale, qualunque sia il contenuto dispositivo che le caratterizza per il solo fatto di essere state deliberate in base al procedimento costituzionalmente previsto per la formazione delle leggi regionali. E ciò é disposto, senza eccezione alcuna, dall'art. 127 Cost., sull'evidente presupposto che anche le disposizioni interpretative introducono nell'ordinamento elementi di innovazione normativa, che rendono tutt'altro che inutile o ripetitivo l'espletamento del procedimento di controllo e dell'eventuale impugnazione ivi previsti.

3. - Nel merito la questione é fondata.

E' palesemente contrastante con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, proclamato dall'art. 97 Cost., una legge regionale che, per i dipendenti delle segreterie dei gruppi consiliari originariamente assunti con contratti di diritto privato e poi inquadrati <a domanda> nei ruoli regionali, fa decorrere il beneficio della riduzione alla meta del tempo necessario per il passaggio alla prima classe di stipendio alla data della presa di servizio conseguente alla loro assunzione con i predetti contratti di diritto privato. E, infatti, del tutto irragionevole che una norma, la quale permette al personale di ruolo della Regione di valutare integralmente, ai fini del trattamento economico, il periodo di servizio prestato anteriormente in una posizione di ruolo diversa da quella ricoperta al momento dell'entrata in vigore della legge (nella specie come personale <comandato>), sia estesa a chi era precedentemente legato con l'amministrazione regionale da un rapporto di diritto privato per il servizio prestato in tale veste.

Resta assorbito ogni altro profilo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Puglia approvata il 29 luglio 1978 e riapprovata il 14 febbraio 1979, intitolata <Interpretazione autentica dell'art. 3, ultimo comma, della Legge Regionale 28 maggio 1975, n. 45>.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/02/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 03 Febbraio 1988.