SENTENZA N.208
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, quarto comma (aggiunto dall'art. 12 della legge 12 giugno 1973, n. 349: <Modificazioni alle norme sui protesti delle cambiali e degli assegni bancari>) della legge 12 febbraio 1955, n. 77 (<Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari>), promosso con ordinanza emessa l'8 maggio 1986 dal Pretore di Forlì nel procedimento civile vertente tra Brigliadori Giorgio e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Forlì, iscritta al n. 653 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54 - Prima Serie Speciale dell'anno 1986.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1987 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.
Considerato in diritto
l.-Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3, quarto comma (recte: terzo comma) della legge 12 febbraio 1955, n. 77 (il quale e stato aggiunto dalla legge 12 febbraio 1973, n. 349), nella parte in cui dispone che la facoltà del debitore cambiario di chiedere la cancellazione del proprio nome dall'elenco dei protesti e condizionata al pagamento dell'importo del titolo protestato entro il quinto giorno dal protesto e alla presentazione della relativa istanza al presidente del tribunale entro il giorno successivo al pagamento. A suo giudizio, questa disciplina determinerebbe un'irragionevole disparità di trattamento, con conseguente violazione dell'articolo 3 Cost., tra il debitore protestato che adempie la propria obbligazione nel termine di cinque giorni dal protesto e il debitore che adempie dopo tale termine, ma pur sempre in tempo utile per evitare la pubblicazione del proprio nome nell'elenco dei protesti.
Tuttavia, prima di giudicare nel merito tale questione, occorre esaminare l'eccezione di inammissibilità, formulata dal l'Avvocatura dello Stato sulla base del rilievo che, nella fase cautelare del giudizio, lo stesso giudice a quo ha interpretato la disposizione impugnata in un senso diverso da quello per il quale poi, nel giudizio di merito, ha sottoposto la disposizione medesima al giudizio di questa Corte.
2. - L'eccezione di inammissibilità va disattesa. E' ben vero che il giudice della fase cautelare ha interpretato la disposizione impugnata in un senso diverso da quello pro spettato con la ordinanza di rimessione (dando peraltro alla disposizione stessa un significato ritenuto conforme a Costituzione), allorchè ha deciso il ricorso proposto, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., dal debitore protestato che aveva adempiuto la propria obbligazione cambiaria oltre il termine di cinque giorni dal protesto. Ma, poichè con la adozione del provvedimento di urgenza la fase cautelare di quel giudizio si é esaurita e poichè nel corso del successivo giudizio di merito ha ritenuto che quella stessa disposizione potesse essere interpretata in un senso diverso, ritenuto difforme dalla Costituzione, non si può negare la piena legittimazione del giudice a quo a sollevare la questione di costituzionalità in relazione alla disposizione come interpretata nel giudizio di merito, data l'autonomia che caratterizza quest'ultimo dal giudizio cautelare.
3. - La questione, peraltro, é infondata nel merito.
3.l. -L'asserita disparità di trattamento tra il debitore protestato che adempie entro il termine di cinque giorni e quello che adempie dopo tale termine, quantunque in tempo utile per evitare l'iscrizione nell'elenco dei protesti, risulta del tutto insussistente sol che si esaminino le disposizioni che disciplinano la pubblicazione del bollettino dei protesti e la cancellazione del nome di un debitore protestato da tale elenco.
L'articolo 1 della legge n. 77 del 1955 prevede che la pubblicazione ufficiale dell'elenco dei protesti cambiari venga effettuata dalle Camere di commercio, industria e agricoltura. Il secondo comma dello stesso articolo disciplina la periodicità della pubblicazione degli elenchi, stabilendo per essa una cadenza quindicinale e disponendo che gli elenchi siano resi pubblici entro il ventesimo giorno successivo alla quindicina di riferimento.
A1 fine di assicurare il rispetto di tali termini, l'art. 2 prevede che i pubblici ufficiali abilitati a levare protesti cambiari e i procuratori del registro debbono far pervenire al presidente del tribunale, in duplice esemplare e non oltre il giorno 7 ed il giorno 22 di ogni mese, sia l'elenco dei protesti per mancato pagamento, sia le dichiarazioni di rifiuto di pagamento. Ai sensi dell'art. 3, primo comma, uno dei due esemplari pervenuti al presidente del tribunale, previa attestazione di conformità ad opera del cancelliere, viene trasmesso dal presidente stesso alla Camera di commercio competente per territorio entro il giorno successivo a quello della ricezione.
Nel terzo comma dell'art. 3 e contenuta la disposizione impugnata, relativa alla facoltà del debitore di chiedere la cancellazione del proprio nome dall'elenco dei protesti, mentre il quarto comma dello stesso articolo (aggiunto, al pari dei successivi, dall'art. 12 della l. n. 349 del 1973) prevede che la stessa richiesta di cancellazione possa essere presentata, purchè in tempo utile per effettuare la cancellazione, dai pubblici ufficiali incaricati della levata del protesto ovvero dalle aziende di credito (nel caso in cui si sia proceduto illegittima mente o erroneamente alla levata del protesto). Sulla base di tale richiesta il presidente del tribunale dispone, con provvedimento steso in calce all'istanza, la cancellazione, dopo aver accertato la regolarità dell'adempimento o la sussistenza dell'errore o della illegittimità (art. 3, quinto comma), mentre il cancelliere provvede alla compilazione di un elenco nominativo dei debitori che abbiano ottenuto la cancellazione (art. 3, sesto comma).
Dal complesso di disposizioni appena descritto appare chiaro che il termini entro il quale deve avvenire il pagamento dopo il protesto e quello entro il quale il debitore protestato può presentare istanza di cancellazione si inseriscono in un sistema che, non soltanto e finalizzato alla tempestiva pubblicazione degli elenchi a cura della Camera di commercio, ma e soprattutto volto ad assicurare la maggior rispondenza possibile fra la situazione effettiva dei protesti in un determinato territorio e la situazione pubblicizzata attraverso gli elenchi dei protesti stessi.
Pertanto, contrariamente a quanto prospettato dal giudice a quo, la previsione di un termine perentorio sia per l'adempimento sia per la presentazione dell'istanza non e affatto irragionevole, ma costituisce un presupposto essenziale per un corretto espletamento della procedura di pubblicazione dei protesti e della relativa cancellazione. D'altronde, ove l'esercizio della facoltà di chiedere la cancellazione venisse consentito a notevole distanza di tempo dalla levata del protesto e, quindi, dalla pubblicazione dell'elenco, l'efficacia dell'eventuale provvedimento di cancellazione risulterebbe assai limitata e, comunque, inidonea ad eliminare il danno derivante dalla pubblicazione.
3.2.-Tali considerazioni consentono anche di escludere che la disposizione impugnata possa contrastare con il principio di eguaglianza sotto l'altro profilo relativo alla possibilità, riconosciuta sia ai pubblici ufficiali che abbiano levato il pro testo per errore o illegittimamente, sia alle aziende di credito, di chiedere la cancellazione dall'elenco del nome del debitore protestato prescindendo dal rispetto del termine di cinque giorni.
In realtà, nelle ipotesi da ultimo considerate, la richiesta di cancellazione prescinde del tutto dall'avvenuto pagamento del titolo protestato, in quanto e finalizzata a rimuovere eventuali errori del pubblico ufficiale o dell'azienda di credito e, comunque, ad evitare che un protesto illegittimo per qualsiasi ragione venga pubblicato, con evidente danno del debitore protestato. Da ciò consegue che non possono essere equiparate situazioni diverse, caratterizzate, l'una, dall'interesse del debitore protestato e, l'altra, dall'interesse dell'ordinamento alla legalità e alla certezza dell'atto di protesto. Situazioni che, pertanto, richiedono un trattamento diverso, quale é, appunto, quello previsto dai commi terzo e quarto dell'articolo 3 della legge n. 77 del 1955, oggetto della presente impugnazione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, quarto comma (recte: terzo comma) della legge 12 febbraio 1955, n. 77, (aggiunto dalla legge 12 febbraio 1973, n. 349) in riferimento all'art. 3 Cost., sollevata dal Pretore di Forlì, con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/02/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Antonio BALDASSARRE, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 25 Febbraio 1988.