Ordinanza n.204 del 1988

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ORDINANZA N.204

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici :

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 92 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche al sistema penale), pro mossi con ordinanze emesse il 20 maggio 1983 e il 3 febbraio 1984 dal Giudice Istruttore presso il Tribunale di Novara, iscritta ai nn. 91 e 466 del registro ordinanze 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 169 e 259 dell'anno 1984;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Ettore Gallo;

Ritenuto, in fatto, che il Giudice Istruttore presso il Tribunale di Novara e lo stesso Tribunale di Novara, rispettivamente con ordinanze 20 maggio e 3 febbraio 1984, investiti dall'impugnazione del Pubblico Ministero rispettivamente contro sentenza istruttoria del Pretore di Novara e sentenza dibattimentale del Pretore di Borgomanero, che avevano prosciolto per remissione della querela i rispettivi imputati di lesioni colpose gravi, sollevavano questione di legittimità costituzionale dell'art. 92 della l. 24 novembre 1981 n. 689, con riferimento agli art.li 2, 3 e 32 Cost;

che nelle rispettive ordinanze, identiche nel testo per forma e sostanza, sostengono i giudici rimettenti che il diritto all'integrità fisica, almeno nei limiti previsti dall'art. 5 cod. civ., é diritto indisponibile, come tale tutelato dalla Costituzione negli art.li 2 e 32 quale interesse della collettività, e perciò insuscettibile di essere abbandonato alla discrezione del privato in ordine alla sua liceità ed alla procedibilità;

che peraltro anche il principio d'uguaglianza viene in causa, giacchè l'esercizio o non del diritto di querela determina conseguenze diverse per fatti che ledono lo stesso interesse;

che, pur essendo vero che anche in ordine ad altri delitti lesivi di interessi della generalità il legislatore ha previsto la procedibilità a querela, come per i reati contemplati negli art.li da 519 a 526 e dall'art. 530 cod. pen., la Relazione al codice ha, però, chiarito che si tratta di eccezioni inserite per evitare lo strepitus fori che potrebbe riuscire alla vittima più dannoso dello stesso reato, e che comunque per quelle ipotesi la querela sporta é poi irrevocabile;

che, tale giustificazione non potendo valere per i delitti in esame, l'illegittimità denunziata sembrerebbe fondata;

che nel giudizio relativo al procedimento in corso innanzi al Giudice Istruttore di Novara é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale ha chiesto che la questione sia dichiarata manifestamente infondata, 2.

Considerato, in diritto, che le questioni sollevate dalle due ordinanze riguardano la stessa norma e sono riferite agli stessi parametri costituzionali, per cui appare opportuna la riunione dei giudizi per deciderli con unica ordinanza;

che i giudici rimettenti hanno focalizzato la loro attenzione sulla disponibilità o indisponibilità del diritto tutelato dalla norma penale e perciò sul suo riferimento ad un interesse individuale o a quello generale della società, mentre in realtà-a differenza di quanto si verifica a proposito della scriminante del consenso dell'avente diritto - duplice é il criterio che ha indotto il legislatore a rendere perseguibili taluni reati previa proposizione della querela da parte dell'offeso;

che, infatti, come é ormai riconosciuto dalla prevalente e più autorevole dottrina, se effettivamente il legislatore ha inteso, da una parte, tener conto di ragioni di riguardo all'interesse privato, dall'altra, pero, si é ispirato altresì ad una certa relativa tenuità dell'interesse pubblico compromesso, talchè ambo i criteri e, perciò, ambo gl'interessi concorrono a spiegare l'istituto della querela;

che, pertanto, alla luce di tali premesse, non é affatto decisiva l'indagine dei giudici rimettenti circa il carattere anche pubblicistico dell'interesse offeso dalla fattispecie in esame, come dimostrano numerosi esempi del codice, ben al di la di quelli esemplificati dalle ordinanze (si considerino gli art.li 513, 554, 614, 622, 623, 633, 635 primo co., 637, 638, 639, 641, 642 u.c., 646, 647 e la disposizione di cui al secondo co. dell'art. 649 cod. pen.), dove pure é innegabile la presenza anche dell'interesse della generalità, e tuttavia la procedibilità é subordinata alla proposizione della querela perchè il legislatore ha tenuto conto di ambo i criteri e, nella tenuità dell'interesse pubblico, ha preferito, per ragioni di politica criminale e di opportunità, rendere rilevante come presupposto della procedibilità la volontà del privato;

che, pertanto, l'intento di evitare lo strepitus fori si riferisce soltanto a poche ipotesi, oltre quelle che nel citato passo considerava la relazione del Guardasigilli, mentre le altre fattispecie dimostrano che svariate sono le ragioni che inducono il legislatore a subordinare alla querela la procedibilità per taluni reati;

che, in analoga ipotesi, d'altra parte, questa Corte ha già sottolineato che <la scelta del modo di procedibilità... deve rimanere affidata a valutazioni discrezionali (del legislatore), insindacabili in questa sede...>: e ciò in quanto trattasi appunto di materia di politica legislativa che sfugge ad ogni censura di legittimità costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 92 della l. 24 novembre 1981 n. 689 (Modifiche al sistema penale), che ha sostituito l'ultimo comma dell'art. 590 cod. pen. sollevate dal Giudice istruttore presso il Tribunale di Novara con ordinanza 20 maggio 1983 (n. 91 del 1984) e dal Tribunale di Novara con ordinanza 3 febbraio 1984 (n. 466 del 1984), in riferimento agli art.li 2-3 e 32 Cost.

Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, palazzo della Consulta, il 10/02/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 18 Febbraio 1988.