Sentenza n.159 del 1988

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SENTENZA N.159

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici :

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2 del d.l. 26 settembre 1978, n. 576, convertito in legge 24 novembre 1978, n. 738 (<Agevolazioni al trasferimento del portafoglio e del personale delle imprese di assicurazione poste in liquidazione coatta amministrativa>), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 12 settembre 1981 dal Giudice conciliatore di Roma nel procedimento civile vertente tra la s.p.a. S.I.A.D. e PUTAGGIO Giuseppe, iscritta al n. 697 del registro ordinanze del 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26 dell'anno 1982;

2) ordinanza emessa il 7 aprile 1986 dal Giudice conciliatore di Milano nel procedimento civile vertente tra NARDELLI Antonio e la s.p.a. AMBRA Assicurazioni, iscritta al n. 579 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51/1a s.s. dell'anno 1986;

visti gli atti di costituzione di PUTAGGIO Giuseppe, della s.p.a. S.I.A.D. e della s.p.a. AMBRA Assicurazioni, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

uditi l'avv. Gregorio IANNOTTA per la s.p.a. S.I.A.D., l'avv. Giovanna Volpe PUTZOLU per la s.p.a. AMBRA Assicurazioni e l'Avvocato dello Stato Giorgio AZZARITI per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

l. - I giudizi di legittimità costituzionale instaurati dalle ordinanze indicate in narrativa hanno per oggetto la medesima questione, e pertanto devono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Per chiarire la complessa ratio dell'art. 2 del d.l. n. 576 del 1978, conviene ricordare brevemente la disciplina anteriore dettata dal d.l. 23 dicembre 1976 n. 857 (<Modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti>), convertito nella legge 26 febbraio 1977 n. 39. Nel caso di liquidazione coatta amministrativa di una impresa autorizzata a esercitare l'assicurazione r.c.a., l'art. 8 - in deroga sia all'art. 1902 cod. civ. sia all'art. 83 del t.u. 13 febbraio 1959 n. 449, sulle assicurazioni private - disponeva la continuazione dei contratti in corso fino alla scadenza del contratto, o del periodo di tempo per il quale era stato pagato il premio, nei limiti delle somme minime per cui e obbligatoria l'assicurazione e a carico del Fondo di garanzia per le vittime della strada.

Questa norma si era rivelata gravida di inconvenienti e del tutto inadatta a mettere riparo alla grave crisi che aveva colpito il settore assicurativo.

Anzitutto, mentre da un lato negava all'assicurato la facoltà di recesso immediato dal contratto prevista dall'art. 83 del testo unico cit., dall'altro riduceva la copertura dei rischi assicurata dal contratto nel limite dei minimi legali, con la franchigia di 100.000 lire per i danni alle cose. Gli assicurati che avessero stipulato, come frequentemente accade, massimali superiori, per conservare l'originaria copertura (senza franchigia) dovevano stipulare una polizza integrativa con un'altra società e pagare un'altra volta il premio. In secondo luogo, la facoltà di recesso dal contratto alla scadenza, che gli assicurati conservavano secondo il diritto comune, rendeva praticamente impossibile il trasferimento convenzionale del portafoglio ai sensi dell'art. 11, cosi frustrando le chances di risanamento dell'azienda, con grave pregiudizio sia dell'interesse generale alla conservazione degli assetti produttivi e dei livelli di occupazione, sia dell'interesse dei dipendenti dell'impresa in crisi alla conservazione del posto di lavoro.

Per rimuovere siffatti inconvenienti la nuova disciplina introdotta dal d.l. n. 576 del 1978 prevede che il decreto di liquidazione possa disporre il trasferimento di ufficio del portafoglio relativo alle assicurazioni contro i danni ad altra impresa disposta a rilevare l'azienda accollandosi i relativi oneri.

Poichè il portafoglio é il nucleo essenziale dell'azienda assicurativa, l'operazione non può riuscire se l'impresa cessionaria non viene garantita contro il pericolo di disgregazione del portafoglio a causa delle disdette intimate dagli assicurati: donde il blocco dei contratti per due anni dalla data del decreto di liquidazione, disposto dall'art. 2. Per tal via, con una limitazione dell'autonomia privata circoscritta nel tempo e incidente solo sulla libertà di scelta dell'altro contraente (non sulla libertà di decidere se stipulare o no il contratto, trattandosi di assicurazione obbligatoria), gli inconvenienti sopra segnalati si convertono nei loro contrari di segno positivo: gli assicurati conservano la copertura assicurativa originaria senza ulteriori esborsi; é soddisfatto in pari tempo l'interesse generale alla conservazione dell'azienda e, con essa, dei livelli occupazionali, essendo l'impresa cessionaria, a fronte del blocco biennale dei contratti di assicurazione, obbligata a riassumere il personale dipendente dall'impresa posta in liquidazione (esclusi soltanto i dirigenti), mentre i rapporti di agenzia sono ricostituiti di diritto (artt. 5 e 6). Infine ne viene un beneficio anche al Fondo di garanzia per le vittime della strada, che vede limitato il suo onere ai sinistri verificatisi anteriormente alla data di pubblicazione del decreto di liquidazione coatta, e fruisce dell'ulteriore facilitazione costituita dall'obbligo imposto dall'art. 4 all'impresa cessionaria di provvedere alla liquidazione.

3. - La questione pertanto non é fondata.

Sotto nessun profilo può dirsi violato il principio di uguaglianza.

Non in rapporto alla posizione degli assicurati presso altre imprese, perchè profondamente diversa e quindi non comparabile e la posizione di quelli che hanno avuto la sfortuna o l'imprudenza di assicurarsi con imprese non sufficientemente capitalizzate o non correttamente gestite e alla fin dei conti poste in liquidazione coatta; anzi proprio la norma in questione ha l'effetto di mettere l'assicurato, quanto alla copertura dei rischi, nella posizione in cui si sarebbe trovato se avesse stipulato il contratto con un'impresa in bonis. Non nei rapporti tra assicurati e impresa subentrante, perchè la deroga al principio di uguaglianza formale delle parti del contratto in ordine al potere di disdetta, conservato all'impresa e tolto invece per due anni all'assicurato, e giustificato per un verso dall'opportunità di non privare l'impresa di uno strumento di risanamento dell'azienda mediante abbandono dei contratti non in regola con requisiti legali o antieconomici (per es. di quelli stipulati con forti sconti sui premi nell'ambito di pratiche di dumping tariffario), per altro verso dalla necessita di garantire, con un sacrificio non eccessivo della libertà negoziale dell'assicurato, la conservazione del patrimonio aziendale ai fini dell'interesse generale della produzione e della tutela dell'occupazione.

Nemmeno sussiste violazione dell'art. 41, 1° comma, Cost.

Anzitutto perchè oggetto della tutela di questa norma costituzionale é l'attività produttiva, di solito esercitata in forma d'impresa, così che da essa l'autonomia negoziale riceve una tutela solo indiretta, in quanto strumento dell'iniziativa economica. In secondo luogo perchè, anche ammesso che dagli artt. 41 e 42 Cost. possa essere argomentato un implicito principio generale di tutela costituzionale dell'autonomia privata, le ragioni di utilità sociale sopra illustrate sono sufficienti a giustificare-secondo un criterio ripetutamente affermato da questa Corte (cfr., da ultimo, sent. n. 108 del 23 febbraio 1986)-il vincolo di carattere straordinario e temporaneo che l'art. 2 del d.l. n. 576 del 1978 impone alla libertà negoziale dell'assicurato per quanto attiene alla facoltà di recesso dal contratto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma primo, del d.l. 26 settembre 1978, n. 576, convertito nella legge 24 novembre 1978, n. 738, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Conciliatore di Roma e dal Vice conciliatore di Milano con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28/01/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 11 Febbraio 1988.

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, quinto comma, del d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, convertito con modificazioni nella legge 26 febbraio 1982, n. 54, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost. dal Pretore di Firenze con ordinanza del 27 novembre 1986 (r.o. 197/87).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28/01/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ugo SPAGNOLI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 11 Febbraio 1988.