SENTENZA N.82
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 437, secondo comma, primo inciso, cod. proc. civ. e 20, primo comma, della legge 11 agosto 1973 n. 533 (Disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria), promosso con l'ordinanza emessa l'11 gennaio 1980 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dall'E.N.E.L. contro Serretta Giovanni, iscritta al n. 285 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 159 dell'anno 1980;
udito nella camera di consiglio del 14 ottobre 1987 il Giudice relatore Francesco Greco.
Considerato in diritto
La questione, nei termini sopra esposti, é infondata. Invero, il divieto di cui al secondo comma dell'art. 437 (nuovo testo) cod. proc. civ. di proporre nuove eccezioni in appello, nelle controversie soggette al rito del lavoro, va necessariamente coordinato con il regime di preclusioni e decadenze stabilito, nell'ambito di tale rito, relativamente al giudizio di primo grado.
In buona sostanza, le preclusioni in appello, ripristinate con la legge n. 533 del 1973, hanno la loro coerente ed insopprimibile ragion d'essere nella nuova struttura conferita al processo di primo grado da tale legge, con l'applicazione dei principi di oralità e di immediatezza: sarebbe, pertanto, contrario al sistema processuale, globalmente considerato, imporle a quanti abbiano partecipato al giudizio di primo grado secondo il rito determinato dalla legge previgente.
In altre parole, lo jus novorum consentito dall'art. 345 cod. proc. civ. va considerato, nel caso in cui il procedimento di primo grado si sia svolto secondo il vecchio rito, come un effetto già prodotto dalla sentenza conclusiva di detto procedimento, con la conseguenza che esso risulta utilizzabile dalle parti nell'udienza di discussione fissata davanti al giudice di appello a norma dell'art. 435, primo comma, cod. proc.civ.
Alla stregua di siffatta interpretazione, deve, pertanto, escludersi che le parti della controversia individuale di lavoro svoltasi in primo grado secondo il rito previgente alla legge n. 533 del 1973 risultino private di quelle facoltà che avevano legittimamente ritenuto di non esercitare durante detto grado di giudizio; sicchè ne consegue la non contrarietà delle norme censurate ai ricordati precetti costituzionali.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 437, secondo comma, cod. proc. civ. e 20, primo comma, della legge 11 agosto 1973 n. 533, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/01/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 26 Gennaio 1988.