ORDINANZA N. 638
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA , Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 56, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), promosso con ordinanza emessa il 9 maggio 1986 dal Tribunale di Verbania nel procedimento penale a carico di Rodà Carmelo, iscritta al n. 645 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54, prima serie speciale, dell'anno 1986;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1987 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto, che il Tribunale di Verbania, nel corso di un procedimento penale a carico di Rodà Carmelo per il reato di infedele dichiarazione dei redditi di cui al primo comma dell'art. 56 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, solleva questione di legittimità costituzionale del sesto comma di detto articolo, il quale dispone che "L'azione penale per i reati di cui ai commi precedenti non può essere iniziata o proseguita prima che l'accertamento dell'imposta sia divenuto definitivo. La prescrizione del reato é sospesa fino alla stessa data";
che, a parere del giudice a quo, tale disposizione implica che l'accertamento divenuto definitivo in via amministrativa faccia stato nel giudizio penale;
che, lo stesso giudice, osservato che nella specie l'accertamento dell'amministrazione finanziaria gli impedisce di verificare la asserita falsità di un documento, sul quale esso accertamento é fondato, prospetta il dubbio che la norma impugnata - peraltro non coinvolta nella dichiarazione di illegittimità costituzionale della sentenza n. 88 del 1982 di questa Corte - violi: a) l'art. 101, secondo comma, Cost., perché contrasta con il principio del libero convincimento del giudice; b) l'art. 3, primo comma, Cost., perché introduce una irrazionale differenziazione degli imputati a seconda che l'imputazione sia relativa a imposte dirette o indirette; c) l'art. 24, secondo comma, Cost., perché impedisce l'effettivo esercizio del diritto di difesa;
che, la parte privata non si é costituita;
che, ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo il rigetto della questione sia per la possibilità - aperta, a suo avviso, dalla menzionata sentenza costituzionale n. 88 del 1982 - di dare una interpretazione adeguatrice alla disposizione censurata, sia perché il principio del libero convincimento del giudice non dovrebbe in ogni caso, in presenza di un illecito penale, prevalere sui regimi probatori diversi previsti dalle norme tributarie;
Considerato che la decisione della controversia sull'eventuale falsità di documenti posti a fondamento di accertamenti tributari rientra - secondo i principi generali dell'ordinamento - nella competenza del giudice ordinario, civile o penale, e che l'accertamento amministrativo che ne presupponga la veridicità non é idoneo a far stato nel processo a quo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 56, sesto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 101, secondo comma Cost., sollevata dal Tribunale di Verbania con ordinanza del 9 maggio 1986 (r.o. n. 645/1986).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1987.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: SPAGNOLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI