ORDINANZA N. 450
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA , Presidente
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo e terzo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575 ("Disposizioni contro la mafia), nel testo modificato ed integrato dalle leggi 13 settembre 1982, n. 646 ("Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle legge 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia"), e 23 dicembre 1982, n. 936 ("Integrazioni e modifiche alla legge 13 settembre 1982, n. 646 (1) in materia di lotta alla delinquenza mafiosa"), promossi con ordinanze emesse il 7 novembre 1985 dal TAR per la Lombardia - Sede di Milano e il 28 gennaio 1987 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia (n. 2 ordinanze), iscritte rispettivamente al n. 316 del registro ordinanze 1986 e ai nn. 204 e 205 del registro ordinanze 1987 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1986 e n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1987;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 14 ottobre 1987 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, con due analoghe ordinanze emesse entrambe il 28 gennaio 1987, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo e terzo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575, nel testo modificato ed integrato dalle leggi nn. 646 e 936 del 1982, nella parte in cui, nel disciplinare gli effetti conseguenti all'applicazione della misura di sicurezza della sorveglianza speciale a soggetti indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, "stabilisce in via permanente la preclusione assoluta al rilascio di licenze, concessioni ed iscrizioni, ovvero, se intervenuta, la revoca di diritto dei suddetti provvedimenti ove illegittimamente o erroneamente adottati";
che la stessa norma é stata altresì denunciata, in riferimento agli artt. 3, 4, 41 e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, con ordinanza emessa il 7 novembre 1985;
che i giudici a quo dubitano della compatibilità del vigente sistema normativo con i principi costituzionali della ragionevolezza, della imparzialità del diritto al lavoro, della umanità del sistema sanzionatorio nonché con le finalità rieducative delle misure di prevenzione e con la libertà di iniziativa economica privata in quanto il sistema stesso configura le dette sanzioni amministrative come conseguenze permanenti della misura di sicurezza "senza la previsione di un termine di durata (sia pure rapportato ad un multiplo della durata della misura di prevenzione) e, comunque, senza la previsione di una scadenza eventualmente suscettibile di provocare, da parte dell'autorità giudiziaria, un riesame della situazione di pericolosità a suo tempo affermata con la sottoposizione alla misura di prevenzione", anche in riferimento alla oggettiva gravità della trasgressione ed al possibile intervenuto mutamento di condotta;
che in tutti i giudizi di costituzionalità ha spiegato intervento l'Avvocatura generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, instando per la declaratoria di inammissibilità o infondatezza della sollevata questione;
Considerato che, essendo denunciata la stessa disposizione sotto profili sostanzialmente identici, i giudizi vanno riuniti e decisi con un'unica pronuncia;
che, a sostegno della prospettata inammissibilità della questione, correttamente l'Avvocatura dello Stato assume che essendo dagli stessi giudici remittenti individuata la violazione dell'ordinamento costituzionale non nella presenza di una norma determinata ma nella lacuna costituita dall'omessa previsione di un termine di durata delle conseguenze riflettentesi sullo status di chi sia stato colpito dalla misura di prevenzione, senza peraltro indicare alcun preciso parametro di comparazione - alla Corte costituzionale viene sostanzialmente richiesto di operare un'integrazione del sistema normativo con la indicazione di limiti temporali degli effetti di cui si tratta, e di attribuzione di poteri al giudice penale, una integrazione cioè che implica scelte discrezionali fra più soluzioni possibili il che compete in via esclusiva al legislatore;
che la questione va pertanto dichiarata manifestamente inammissibile, giusta il costante indirizzo di questa Corte in materia;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo e terzo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575 ("Disposizioni contro la mafia"), nel testo modificato ed integrato dalle leggi nn. 646 ("Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Integrazione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia") e n. 936 ("Integrazioni e modifiche alla legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di lotta alla delinquenza mafiosa") del 1982, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia ed in riferimento agli artt. 3, 4, 41 e 97 Cost. dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, con le ordinanze nn. 204 e 205 del 1987 e n. 316 del 1986.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1987.
Il Presidente: SAJA
Il Redattore: CAIANIELLO
Depositata in cancelleria il 3 dicembre 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI