Ordinanza n.221 del 1987

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ORDINANZA N. 221

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Virgilio ANDRIOLI , Presidente

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 3 aprile 1986 dal Tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Amabile Vincenzo, iscritta al n. 510 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima s.s. dell'anno 1986;

2) ordinanza emessa il 18 giugno 1986 dal Tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Mayer Gianni, iscritta al n. 667 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 56, prima s.s., dell'anno 1986;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1987 il Giudice relatore Ettore Gallo;

Ritenuto in fatto che il Tribunale militare di Padova, con ordinanze 3 aprile e 18 giugno 1986, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. con riferimento agli art.li 2, 3, 13, 27, primo e terzo co., e 52, terzo co. Cost.;

che, secondo l'ordinanza, la statuizione del citato art. 39 escludendo per il militare la scusabilità dell'ignoranza, e quindi dell'errore, sui doveri inerenti al suo stato, anziché riferirsi all'ignoranza della legge come é per il codice penale (art. 5), finisce per rendere irrilevante tanto l'errore su elementi di fatto che escludano il reato quanto l'errore su legge diversa da quella penale che cagioni un errore sul fatto di reato, così derogando al disposto di cui all'art. 47 cod. pen.;

che, però, una deroga siffatta, ponendosi in contrasto con il principio di civiltà secondo cui nullum crimen sine culpa, violerebbe innanzitutto l'art. 27, primo co., Cost. che garantisce la personalità della responsabilità penale, ma anche la funzione assegnata alla pena (art. 27, terzo co., Cost.), nonché il rispetto della dignità della persona umana (artt. 2 e 52, terzo co. Cost.) e del valore riconosciuto alla libertà personale (art. 13 Cost.) oltre al principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) per la grave limitazione così imposta ai soli militari;

Considerato, in diritto, che, proponendo le due ordinanze la medesima questione (anche se la seconda limita i copiosi riferimenti ai parametri costituzionali escludendo l'art. 13 Cost.), gli incidenti possono essere riuniti e decisi con unica sentenza;

che, nonostante l'indubbio interesse della questione, deve, però, preliminarmente rilevarsi che, stando a quanto riferiscono le ordinanze, i due soldati si sono mostrati perfettamente consapevoli dei doveri del loro stato.

Infatti, il soldato Amabile Vincenzo ha dichiarato di non avere avuto alcun dubbio sul suo dovere di ripresentarsi al reparto non appena scaduto il termine concessogli dal documento ospitaliero: egli ha sostenuto, però, di avere interpretato il termine come scadente al 30 dicembre, data sotto la quale si era appunto ripresentato. L'ordinanza, d'altra parte, dà atto di una certa obbiettiva difficoltà di decifrazione del certificato, sì che appare evidente che semmai l'errore non é caduto sul dovere del militare, e che é mera questione di fatto rimessa al giudice di merito l'accertamento del possibile equivoco nella lettura e nell'interpretazione del documento;

che altrettanto deve dirsi per quanto concerne il soldato Gianni Mayer, nomade e analfabeta, che però ha dimostrato di ben essere a conoscenza che la chiamata alle armi per i giovani di leva arruolati avveniva per pubblici manifesti e subordinatamente anche per cartolina precetto. Egli era, infatti, tanto consapevole del suo dovere di rispondere alla chiamata che - come riferisce l'ordinanza e l'istruttoria ha confermato - si era più volte attivato, fin dalla primavera del 1985, con ripetute telefonate al Comune di Sandrigo per avere notizie sull'epoca della chiamata;

che anche in questo secondo caso, pertanto, non viene in esame il disposto dell'articolo impugnato, ma soltanto eventualmente una certa negligenza del Mayer nel non attivarsi meglio, dato il suo analfabetismo, per farsi informare sull'affissione del manifesto di chiamata: questione di comportamento, rimessa anche questa al prudente apprezzamento del giudice di merito;

che, pertanto, appare manifesta l'irrilevanza della proposta questione ai fini della decisione sui casi sottoposti al giudizio del Tribunale militare, e la sua conseguente manifesta inammissibilità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p., sollevata dal Tribunale militare di Padova, con le due ordinanze indicate in epigrafe, con riferimento agli art.li 2, 3, 13, 27, primo e secondo co., e 52, terzo co. Cost.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 3 giugno 1987.

 

Il Presidente: ANDRIOLI

Il Redattore: GALLO

Depositata in cancelleria l'8 giugno 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE