ORDINANZA N. 220
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Virgilio ANDRIOLI , Presidente
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 26, primo comma, c.p.m.p., promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 19 marzo 1980 dal Tribunale militare territoriale di Torino nel procedimento penale a carico di Di Prima Giovanni, iscritta al n. 361 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 194 dell'anno 1980;
2) ordinanza emessa il 7 ottobre 1980 dal Tribunale militare territoriale di Torino nel procedimento penale a carico di Cammarano Gaetano, iscritta al n. 870 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 63 dell'anno 1981;
Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1987 il Giudice relatore Ettore GALLO.
Ritenuto, in fatto, che con due successive ordinanze, rispettivamente del 19 marzo e del 7 ottobre 1980, il Tribunale militare territoriale di Torino sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 c.p.m.p. nella parte in cui stabilisce in un mese il limite minimo della pena della reclusione militare, con riferimento all'art. 3 Cost.;
che l'ordinanza assume a tertium comparationis l'art. 23 del codice penale che, al primo comma, fissa invece in giorni 15 il minimo della pena della reclusione, pur riconoscendo che non sorgerebbe problema alcuno se le due specie di sanzioni detentive fossero destinate a rimanere reciprocamente estranee nei due rispettivi ordinamenti;
che, al contrario, rileva l'ordinanza l'esistenza di una loro reciproca sostituibilità, sancita nell'art. 27 c.p.m.p., per quanto attiene alla possibilità di sostituire la pena della reclusione con quella della reclusione militare, e nell'art. 65, primo comma, n. 2 c.p.m.p., per quanto si riferisce all'ipotesi inversa: sostituzione che avviene sempre per eguale durata di quella originariamente inflitta;
che, pertanto, sembra al giudice rimettente irrazionale che la reclusione militare abbia un minimo più elevato di quella comune e che resti, perciò, violato il principio di uguaglianza dei cittadini di cui all'art. 3 Cost.;
Considerato, in diritto, che questa Corte ha più volte affermato che rientra nella discrezionalità del legislatore determinare l'entità della pena edittale e fissare i minimi di ogni specie di pena, salvo che il relativo apprezzamento di politica legislativa meriti censura a causa di eccessività che lo privi di qualsiasi razionale giustificazione (sentenze numeri 208 del 1974, 18 del 1973, 109 del 1968);
che il divario fra minimo della reclusione militare e minimo della reclusione comune non é tale (giorni 15) da potersi di per se stesso qualificare eccessivo, né quel minimo lo é, comunque, in senso assoluto;
che, peraltro, la reclusione militare, per le modalità esecutive e per gli effetti ad essa collegati, va considerata quale pena autonoma, dotata di autonoma disciplina giuridica; né, d'altra parte, é stata qui contestata la distinzione fra pena della reclusione militare e quella comune, ma soltanto il divario fra i minimi assoluti;
che non é ravvisabile, quindi, alcuna irrazionalità nel fatto che, rispetto a pene detentive di natura diversa, il legislatore abbia ritenuto, nel suo discrezionale potere, di fissare per l'una un minimo lievemente superiore;
che nemmeno viene a verificarsi alcuna incongruenza a causa del principio di sostituibilità, dato che il cittadino alle armi in nessun caso viene sottoposto a detenzione più lunga di quella che gli é stata inflitta, ché semmai, come ricorda la stessa ordinanza, stando a qualche giudicato del cessato Tribunale Supremo, nel caso di sostituzione della reclusione militare con reclusione comune, il minimo può scendere anche al disotto di quello previsto dall'art. 26 c.p.m.p.;
che, pertanto, la questione proposta, é manifestamente non fondata, e che gli incidenti, riferendosi alle stesse disposizioni nei confronti di uguali parametri, possono essere decisi con unica ordinanza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, dichiara manifestamente non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.26, comma primo, c.p.m.p. sollevata dal Tribunale militare territoriale di Torino, con le ordinanze indicate in epigrafe, nei confronti dell'art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 3 giugno 1987.
Il Presidente: ANDRIOLI
Il Redattore: GALLO
Depositata in cancelleria l'8 giugno 1987.
Il direttore della cancelleria: VITALE