Sentenza n.209 del 1987

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SENTENZA N. 209

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Giuseppe FERRARI, Presidente

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 605, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 29 dicembre 1979 dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto da Trallini Romeo, iscritta al n. 562 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 dell'anno 1980;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio dell'8 aprile 1987 il Giudice relatore Ettore Gallo;

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa il 29 dicembre 1979 nel processo penale contro Romeo Trallini, ultraottantenne, la Corte di Cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 605, primo comma, del codice di procedura penale, concernente le eliminazioni delle iscrizioni nel casellario giudiziario, fra l'altro per coloro che hanno superato gli 80 anni di età. Ciò sotto il profilo che la norma impugnata, non vietando ai giudici di tener conto dei precedenti penali comunque risultanti dagli atti a carico di imputati ultraottantenni, porterebbe ad una disparità di trattamento in violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Sostiene invero la Corte di Cassazione che, avendo la norma in esame mero carattere amministrativo, il giudice deve tenere conto dei precedenti penali anche degli imputati ultraottantenni, se i precedenti risultino comunque aliunde. Per tal modo, però, la concessione dei benefici o l'aggravamento di pene per i detti imputati dipenderebbe non tanto dall'età maturata all'epoca del giudizio quanto da circostanze casuali, quali l'epoca della richiesta del certificato penale (prima o dopo il compimento degli 80 anni), o la maggiore o minore puntualità degli uffici del casellario nell'effettuare la eliminazione delle schede.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Dinanzi alla Corte Costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata non fondata.

2. - Secondo l'avvocatura, non sembra che possano determinarsi le differenze di trattamento ritenute dal Giudice a quo se all'art. 605 c.p.p. si dà corretta applicazione da parte degli operatori della giustizia.

Vero é che, come la stessa Corte di Cassazione afferma nell'ordinanza, la norma impugnata, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale ha "solo carattere amministrativo, e non effetti sostanziali", diretta come é a sfoltire gli archivi dei casellari, ma é altrettanto vero che, affinché non si determinino irrazionali differenze di trattamento, occorre che nessun precedente penale sia attestato a carico dell'ultraottantenne da parte del casellario giudiziale.

Vero é che, come la stessa Corte di Cassazione afferma nell'ordinanza, la norma impugnata, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale ha "solo carattere amministrativo, e non effetti sostanziali", diretta come é a sfoltire gli archivi dei casellari, ma é altrettanto vero che, affinché non si determinino irrazionali differenze di trattamento, occorre che nessun precedente penale sia attestato a carico dell'ultraottantenne da parte del casellario giudiziale.

In tal modo, qualunque richiesta pervenga al casellario di certificazione dei precedenti penali di una persona, la certificazione non potrebbe essere rilasciata, siano o non già state eliminate le iscrizioni, se, al momento del rilascio, detta persona abbia compiuto ottanta anni.

Se, per errore, ciò non si verificasse, di quella certificazione non si dovrebbe poter tener conto, in modo da non determinare differenze di trattamento irrazionali di soggetti versanti sostanzialmente nella stessa situazione.

Se la certificazione risultasse, invece, aliunde, da attestazioni, cioè, in precedenza legittimamente acquisite, di essa si dovrebbe poter tener conto: le differenze di trattamento deriverebbero da situazioni diverse, e non sarebbero irrazionali; tenuto conto della ratio della norma non diretta a concedere benefici agli ultraottantenni.

Considerato in diritto

Non può esservi alcun dubbio che la disposizione relativa all'eliminazione dal casellario giudiziario delle iscrizioni concernenti gli ultraottantenni, di cui al primo co. dell'art. 605 cod. proc. pen., abbia natura meramente amministrativa.

Lo ha costantemente e pacificamente affermato il diritto vivente, e si evince altresì chiaramente dalla Relazione del Guardasigilli, che metteva in luce la necessità di provvedere alla eliminazione di schede ormai inutili, mentre urgeva guadagnare spazi negli uffici del casellario, la cui capienza con il trascorrere del tempo era entrata in crisi.

Non va dimenticato, infatti, che la disposizione originaria dell'art. 605 in parola era sostanzialmente limitata all'attuale primo comma, ma ad incisi inversi, nel senso che era data precedenza alla causa della tarda età, fissata in anni novanta. Si capiva, quindi, la ragione dell'eliminazione di schede, diventate ormai ingombranti ed inutili in quanto relative a condannati morti, od ormai pervenuti a così tarda età (90 anni) da doversi presumere che non possedessero più né sufficiente volontà né adeguata forza fisica per commettere delitti. All'epoca, infatti, l'età media degli uomini non attingeva gli anni settanta.

L'eliminazione della scheda, però, non comportava di per sé la concessione agli ultranovantenni della contemporanea eliminazione di uno degli elementi essenziali per la valutazione della gravità del reato ai fini dell'applicazione della pena (art. 133 cpv. n. 1 cod. pen.), e tanto meno l'esonero dei predetti dagli effetti della recidiva (art. 99 cod. pen.). Questo il legislatore non lo aveva detto, e non poteva, perciò, derivare per implicito dal solo fatto materiale dell'eliminazione dell'iscrizione, trattandosi di una grave deroga ai principi fondamentali del sistema.

Del resto, ogniqualvolta il legislatore ha inteso effettivamente concedere particolari provvidenze nel sistema penale a cittadini di una certa età lo ha espressamente disposto: come già in allora per una più ampia possibilità di sospendere condizionalmente la pena agli ultrasettantenni (art. 163 u.c. cod. pen.), o come attualmente per la concessione degli arresti domiciliari agli ultrasessantacinquenni in caso di mandato di cattura facoltativo (art. 254- bis cod. proc. pen.).

In realtà, per oltre mezzo secolo la magistratura non ha attribuito altro valore al disposto di cui all'art. 605 cod. pen., se non quello amministrativo di cui s'é detto, ed ha continuato perciò ad assegnare gli effetti dovuti ai precedenti penali dell'imputato di tarda età ogniqualvolta essi comunque risultassero aliunde nonostante l'eliminazione dell'iscrizione dal casellario. Ciò, del resto, anche in esatta aderenza al valore dello stesso certificato del casellario che non ha assolutamente effetti costitutivi ma di semplice documentazione dello status giuridico del cittadino. In guisa che, se la documentazione risulti inesatta o incompleta, ben può il giudice acquisire altrimenti prova legale del precedente, come potrebbe essere la copia autentica di una sentenza passata in giudicato.

Anche le modificazioni dell'articolo in esame, introdotte dell'art. 2 l. 14 marzo 1952 n. 158 e successivamente dell'art. 19 l. 18 giugno 1955 n. 517, non hanno alterato la natura amministrativa della disposizione. Infatti, le sentenze di proscioglimento non svolgevano e non svolgono altro effetto se non quello di informazione al magistrato di un precedente giudiziario (da assumere eventualmente, e con grandissima cautela, quale semplice elemento di sospetto in ipotesi di reiterazione di fatti analoghi). Quanto poi alle sentenze di condanna per contravvenzioni, é evidente che l'eliminazione avviene, anche in questo caso, per ragioni puramente amministrative, e perciò del tutto indipendentemente dalla depenalizzazione. Questa, infatti, é prevista soltanto per le fattispecie che non comportino pene pecuniarie non alternative a pena detentiva, e non contemplate dal codice penale (salvo poche eccezioni), come si evince dagli artt. 32 e 34 lett. a) della l. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), mentre l'eliminazione dell'iscrizione dal casellario é genericamente disposta per qualunque condanna a contravvenzione per la quale sia stata inflitta in concreto la pena dell'ammenda, e perciò anche se in astratto alternativa a pena detentiva, e se prevista dal codice penale. E comunque l'iscrizione é conservata fino a quando non siano trascorsi dieci anni dal giorno in cui la pena é stata eseguita ovvero si é in altro modo estinta. Segno evidente che il settore "eliminazione dell'iscrizione del casellario" ha nel sistema finalità assolutamente indipendenti dalla rilevanza giuridica degli effetti penali della condanna, visto che l'iscrizione viene conservata persino quando l'illecito ha perduto la qualificazione penalistica. Che poi questi ultimi rilievi possano nascondere aporie dipendenti da carenza di coordinazione dell'art. 605 cod. proc. pen. con le leggi di depenalizzazione sopravvenute alle stesse modifiche dell'articolo (in realtà, la prima legge di depenalizzazione é del 3 maggio 1967 n. 317, mentre le ultime modifiche dell'art. 605 cod. proc. pen. risalgono - come si é detto - alla prima metà degli anni '50) non incide sul problema in esame. In ogni caso, infatti, resta fermo che i criteri cui il legislatore si ispira per disporre l'eliminazione delle iscrizioni del casellario sono eminentemente utilitaristici: essi mirano infatti soltanto ad estollere schede ingombranti, ridotte dal trascorrere del tempo a nessuna o a scarsissima utilità, talché quanto in esse documentato appare ormai privo di importanza.

In buona sostanza, l'eliminazione dell'iscrizione del casellario non fa cessare gli effetti penali della condanna, la loro estinzione dipendendo soltanto da espresse disposizioni di diritto sostanziale.

2. - Con l'ordinanza in esame, però, la Corte di Cassazione osserva giustamente che, ad ogni modo, la disposizione impugnata determina disparità di trattamento fra gli stessi ultraottantenni (a tale età, infatti, la l. n. 158 del 1952 ha ridotto il momento dell'eliminazione), quando per taluno risultino aliunde, come nella specie, i precedenti penali.

Propone, perciò, l'ordinanza che questa Corte intervenga con una declaratoria d'illegittimità dell'art. 605 cod. proc. pen., nella parte in cui non impone ai giudici di non tenere conto dei precedenti penali degli ultraottantenni quando comunque risultino dagli atti.

Così decidendo, però, la Corte trasformerebbe una disposizione a carattere amministrativo in una norma penale sostanziale di favore che attribuisce ex novo agli imputati ultraottantenni un privilegio che il legislatore - come si é dimostrato - non ha mai inteso concedere: e cioè la cancellazione nei loro confronti del n. 2 del capoverso dell'art. 133 cod. pen. e degli effetti di una eventuale recidiva (art. 99 cod. pen.). Privilegi questi che la Corte non potrebbe evocare dalla Costituzione e che, perciò, soltanto al legislatore spetterebbe in ipotesi attribuire nel suo discrezionale potere.

É pur vero che la disparità di trattamento rilevata dalla Cassazione in realtà si verifica, sia pure come effetto perverso ed occasionale della disposizione amministrativa: ma deve dirsi che, in rapporto ai principi generali del sistema, tale disparità si presenta di segno contrario a quello ritenuto dalla Corte di Cassazione. Non é l'ultraottantenne di cui aliunde risultino i precedenti penali, nonostante l'eliminazione dell'iscrizione del casellario, a risultare ingiustamente svantaggiato, ma é semmai proprio colui, i cui precedenti vengono sottaciuti a causa dell'eliminazione, ad avvantaggiarsi ingiustamente della situazione e contro la volontà del legislatore.

Se si dovesse, pertanto, pervenire ad una declaratoria d'illegittimità, questa dovrebbe essere semplicemente ablativa della disposizione denunziata: tanto più che attualmente, a seguito della computerizzazione dei servizi, l'eliminazione della scheda ha perduto l'importanza che aveva negli anni '30.

Ma una siffatta declaratoria non servirebbe al giudice a quo che già possiede agli atti i precedenti penali dell'imputato ultraottantenne ed é, perciò, in grado di procedere al giudizio prescindendo dalla risoluzione di una questione che, così intesa, diventa nella specie irrilevante e va, quindi, dichiarata inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 605, primo co., cod. proc. pen., sollevata dalla Corte di Cassazione con ordinanza 29 dicembre 1979 (n. 562/1980 reg. ord.), in riferimento all'art. 3 Cost.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 1987.

 

Il Presidente: FERRARI

Il Redattore: GALLO

Depositata in cancelleria il 28 maggio 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE