Sentenza n.181 del 1987

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SENTENZA N. 181

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 209 comma 2, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare) promosso con ordinanza emessa l'11 febbraio 1986 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Genghini Gaucci Mario e S.p.A. Banco di Roma ed altri iscritta al n. 371 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, 1a serie speciale dell'anno 1986;

Visti gli atti di costituzione di Genghini Gaucci Mario nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1987 il giudice relatore Virgilio Andrioli;

Uditi gli avv.ti Enrico Esposito e Raffaele Latagliata per Genghini Gaucci Mario e l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa l'11 febbraio 1986 (notificata il 17 e comunicata il 24 del successivo mese di aprile; pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 38, 1a serie speciale del primo agosto 1986 e iscritta al n. 371 R.O. 1986) nel giudizio tra Genghini Gaucci Mario e Banco di Roma s.p.a., Genghini s.p.a., Ircesi s.p.a., Residence Villa Pamphili s.p.a., Impresa Mario Genghini s.p.a. in amministrazione straordinaria in persona del commissario Floriano D'Alessandro, e l'avv. Filippo Pegorari quale curatore speciale del Banco Roma s.p.a., il Tribunale di Roma, sez. fall., ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per il giudizio sulla legittimità costituzionale dell'art. 209, co. 2, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, applicabile alla amministrazione straordinaria in virtù del richiamo contenuto nell'art. 1 co. 5 l. 3 aprile 1979, n. 95, a) nella parte in cui, nel far richiamo all'art. 100 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, non prevede la legittimazione del debitore all'impugnazione dei crediti ammessi per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., b) nella parte in cui prevede che le impugnazioni a norma dell'art. 100 su menzionato debbono essere proposte nel termine di quindici giorni dal deposito in cancelleria dell'elenco dei crediti ammessi o respinti per contrasto con l'art. 24 Cost.

2.1. - Avanti la Corte si sono costituiti nell'interesse di Genghini Mario giusta procura con firma autenticata il 17 marzo 1986 per notar Angelo Bianchi (Cantone Ticino - Svizzera) gli avv.ti Enrico Esposito, Angelo Raffaele Latagliata, Massimo Severo Giannini, che con atto depositato il 3 giugno 1986 hanno argomentato e concluso per la fondatezza delle proposte questioni. Per il Presidente del Consiglio dei ministri ha spiegato intervento l'Avvocatura generale dello Stato con atto depositato il 10 agosto 1986, con il quale ha argomentato e concluso per l'inammissibilità della questione sub b) e per l'inammissibilità o la infondatezza della questione sub a).

2.2. - Nella pubblica udienza del 5 maggio 1986, nella quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione, hanno parlato la difesa della parte costituita e l'Avv. Stato Franco Favara.

Considerato in diritto

3.1. - La questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 209 co. 2 ("Le impugnazioni, a norma dell'articolo 98, e le impugnazioni, a norma dell'articolo 100, sono proposte nei quindici giorni dal deposito con ricorso al presidente del tribunale, osservate le disposizioni del comma 2 dell'articolo 93") r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare) applicabile all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi in virtù del richiamo contenuto nell'art. 1 comma 5 d.l. 30 gennaio 1979, n. 26 (sostituito in virtù della legge 3 aprile 1979, n. 95 di conversione), per il quale la procedura di A.S. é disciplinata, in quanto non diversamente stabilito dal d.l., dagli artt. 195 e seguenti e dall'art. 237 della legge fallimentare, nella parte in cui non prevede la legittimazione delle imprese in amministrazione straordinaria all'impugnazione dei crediti ammessi, é ammissibile. Invero le ragioni prospettate dalla parte nel giudizio de quo possono pur reputarsi in ipotesi infondate nel merito, ma ciò non equivale a dirle non proposte per inferirne l'irrilevanza della questione d'incostituzionalità coinvolgente l'ammissibilità della opposizione, con la quale si é sostenuta la fondatezza nel merito della prospettata questione.

Disatteso il dubbio sulla rilevanza affacciato dall'Avvocatura erariale, la questione é da giudicarsi infondata perché all'impresa in amministrazione straordinaria va attribuito il mezzo di tutela dell'intervento nella adunanza di verificazione dello stato passivo assicurato dall'art. 96 l. fall. al debitore fallito, che la Corte con sent. n. 222 del 1984 ha giudicato conforme ai dettami della Carta costituzionale. Pertanto é d'uopo che il commissario, in ossequio all'art. 209 l. fall., formi, con l'intervento dell'imprenditore individuale o degli amministratori della società o della persona giuridica in A.S., l'elenco dei creditori ammessi o respinti (e delle domande di cui all'art. 207 comma 2) e lo depositi nella cancelleria del tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale dandone notizia con raccomandate con avviso di ricevimento a coloro le cui pretese non sono stata in tutto o in parte ammesse.

3.2. - Giudicata fondata la questione di costituzionalità dell'art. 100 non già per aver negato la legittimazione dell'impresa in A.S. ad impugnare lo stato passivo compilato dal Commissario sebbene per non aver riconosciuto alla impresa debitrice l'intervento nella formazione di detto stato passivo diviene inammissibile la questione di costituzionalità della ripetuta disposizione nella parte in cui fissa l'inizio del termine di quindici giorni per sperimentare l'impugnazione nel deposito dello stato passivo in cancelleria.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 209 co. 2 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), applicato all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi in virtù dell'art. 1 co. 5 l. 3 aprile 1979, n. 95 di conversione del d.l. 30 gennaio 1979, n. 26 (Provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi) nella parte in cui non prevede che l'imprenditore individuale o gli amministratori della società o della persona giuridica soggetti ad amministrazione straordinaria siano sentiti dal commissario con riferimento alla formazione dell'elenco indicato nello stesso articolo 209 legge fallimentare;

Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 100 dello stesso r.d. 16 marzo 1942, n. 267 nella parte in cui prevede che il termine per l'impugnazione dello stato passivo prende a decorrere dal deposito dello stesso nella cancelleria del tribunale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: ANDRIOLI

Depositata in cancelleria il 22 maggio 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE