SENTENZA N. 70
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677 recante disposizioni sul "Contenimento della spesa del bilancio statale e di quelli regionali", promosso con ricorso della Regione Sardegna, depositato in cancelleria il 29 successivo ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi 1981;
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 25 novembre 1986 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;
Udito il prof. Giuseppe Guarino per la Regione Sardegna e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto1. - L'art. 3 del decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677 (recante disposizioni sul "contenimento della spesa del Bilancio statale e di quelli regionali") ha disposto che le somme da corrispondere alla Regione Sardegna ai sensi dell'art. 35 del decreto-legge 28 febbraio 1981, n. 38 (in sostituzione delle quote fisse dei tributi erariali soppressi), venivano ridotte per l'anno 1981 di lire 3.250 milioni. La Regione Sardegna con ricorso 26 dicembre 1981, ha impugnato tale articolo, deducendo la violazione degli articoli 7, 8 e 54, quarto comma, dello Statuto speciale sardo, nonché dell'art. 77 Cost.
Nel ricorso si espone che l'art. 8 dello Statuto sardo, approvato con legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3, elenca le entrate regionali comprendendo tra di esse quote fisse di tributi erariali specificamente indicati. Poiché a norma dell'art. 54 dello Statuto l'art. 8 poteva essere modificato anche con legge ordinaria "sentita la Regione", esso fu modificato osservando tale procedura allorché con la riforma tributaria furono soppressi alcuni tributi.
Con gli articoli 12 e 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 e con il successivo decreto delegato (art. 8 decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 638), fu stabilito che alla regione dovessero essere assicurate "entrate complessivamente non inferiori al gettito o alla compartecipazione al gettito dei tributi aboliti, modificati o diversamente attribuiti" e in via transitoria le fu attribuita un'entrata identica a quella percepita - a seconda dei tributi - nel 1973 o nel 1974, maggiorata ogni anno del 10%; ove la quota originariamente devoluta alla Regione fosse variabile, la maggiorazione sarebbe stata determinata di anno in anno, sentita la regione, dal Ministero delle finanze di concerto con quello del Tesoro. Il regime transitorio si protrasse oltre il termine del 31 dicembre 1977 originariamente fissato e per il 1981 il decreto-legge 28 febbraio 1981, n. 38, conv. con mod. nella legge 23 aprile 1981, n. 153 (art. 35) determina la maggiorazione delle entrate regionali fisse nella misura del 15% in piu rispetto al 1980.
Successivamente, con decreto-legge 28 maggio 1981, n. 246 le somme da corrispondere alla Regione Sardegna ai sensi del su detto art. 35 della legge n. 152 del 1981, furono ridotte di 6,5 miliardi. Essendo decaduto tale decreto fu emanato il decreto-legge 29 luglio 1981, n. 401, che ridusse tali somme di lire 3,25 miliardi e successivamente, per la decadenza anche del secondo decreto-legge, fu emanato il decreto-legge 26 settembre 1981, n. 539, che anch'esso non fu convertito e recava una riduzione di lire 3,25 miliardi. Il decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677 (conv. nella legge 26 gennaio 1982, n. 11 ed ora impugnato), a sua volta, all'art. 3 ha disposto la riduzione di 3,25 miliardi delle somme da corrispondere alla Regione Sardegna ai sensi dell'art. 35 della legge n. 152 del 1981.
Nel ricorso si deduce la violazione degli articoli 7, 8 e 54 dello Statuto, per essere stata lesa l'autonomia finanziaria regionale, avendo la norma impugnata ridotto unilateralmente, senza la preventiva consultazione della Regione, le entrate che lo Statuto le garantiva. Infatti l'art. 54, quarto comma, dello Statuto deve essere interpretato nel senso che la Regione va sentita non soltanto in relazione alla prima legge ordinaria di modifica dell'art. 8, ma anche per quelle successive, che importino ulteriori modifiche.
Nel ricorso si deduce altresì la violazione dell'art. 77, secondo e terzo comma, Cost. per essere il decreto-legge impugnato la reiterazione di decreti legge decaduti e per essere stato emanato in carenza del requisito della necessità ed urgenza previsto dalla Costituzione.
2. - Dinanzi a questa Corte si costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo la reiezione del ricorso.
Nelle note depositate si sostiene che la materia degli stanziamenti sostitutivi di quelli previsti dall'art. 8 dello Statuto sardo ormai decostituzionalizzata, essendo stati tali stanziamenti regolati con leggi ordinarie. Lo stesso principio secondo il quale alla Regione Sardegna dovrebbero essere assicurate entrate complessivamente non inferiori al gettito o alla compartecipazione al gettito dei tributi aboliti, modificati o diversamente attribuiti, posto infatti da una legge ordinaria. Quanto alla mancata audizione della Regione prima dell'emanazione del decreto impugnato, l'Avvocatura dello Stato sostiene che la Regione partecipò "ad un ampio dibattito in sede governativa sulle modalità per pervenire ad un contenimento della spesa pubblica". Peraltro, non essendo la norma impugnata modificativa dell'art. 8 dello Statuto, bensì di una legge gi modificativa di esso, la Regione non andava sentita. Comunque, l'urgenza che ha richiesto l'emanazione del decreto, legittimerebbe la mancata acquisizione formale del parere della Regione.
Quanto alla violazione dell'art. 77 Cost., l'Avvocatura dello Stato deduce che la censura inammissibile in quanto con essa si denuncia un vizio di illegittimità costituzionale che non consiste nella invasione della sfera di autonomia regionale e perché incide su valutazioni di ordine politico, non censurabili dalla Corte costituzionale.
Considerato in diritto3. - Il ricorso impugna l'art. 3 del decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677, secondo il quale le somme da corrispondere alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'art. 35 decreto-legge 28 febbraio 1981, n. 38, convertito con modificazioni nella legge 23 aprile 1981, n. 153 - in sostituzione delle quote fisse di tributi erariali soppressi - sono ridotte di lire 3.250 milioni per la regione Sardegna.
Tale disposizione conclude una vicenda normativa che trae le mosse dall'art. 8 dello Statuto speciale della Sardegna. La norma enumera ed individua, tra l'altro, le quote di imposte erariali costituenti entrate della Regione, fissando direttamente l'ammontare ad essa spettante, tranne che per la imposta sul valore aggiunto, rispetto alla quale previsto che la partecipazione regionale sia determinata preventivamente per ciascun anno finanziario "d'intesa tra lo Stato e la Regione, in relazione alle spese necessarie ad adempiere le funzioni normali della regione stessa".
Dopo l'attuazione della riforma tributaria del 1972 (che soppresse gran parte delle imposte indicate dall'art. 8 dello Statuto sardo), l'art. 12 della legge 9 ottobre 1971, n, 825 (in previsione del rinnovamento normativo della materia tributaria non statale) conferì al Governo apposita delega, diretta ad emanare, nel rispetto dei principi e delle procedure stabiliti dagli Statuti speciali d'intesa con le regioni ad autonomia differenziata - norme ordinarie per assicurare a ciascuna regione entrate complessivamente non inferiori al gettito o alla compartecipazione al gettito dei tributi soppressi, con incrementi cronologicamente graduati.
In esecuzione della delega cosi conferita fu emanato l'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 638, il quale dispose che, fino al 31 dicembre 1977, venissero corrisposte alle regioni a statuto speciale (e, dunque, anche alla Sardegna) somme d'importo pari a quelle devolute per l'anno 1972, maggiorate del 10 per cento annuo relativamente alle quote fisse ed in misura, da determinarsi anno per anno dai Ministri per le finanze e per il tesoro, sentite le amministrazioni regionali, relativamente alle quote variabili.
Scaduto il termine del 31 dicembre 1977, la disciplina posta dall'art. 8 decreto del Presidente della Repubblica n. 638 del 1972 fu riprodotta con leggi successive: in particolare con l'art. 35 del decreto-legge 28 febbraio 1981, n. 38 (provvedimenti finanziari per gli enti locali per l'anno 1981) fu stabilito che per tale anno le somme da corrispondere alla Regione Sardegna, alle altre regioni a statuto speciale ed alle province autonome, in sostituzione delle quote fisse di tributi erariali aboliti, fossero maggiorate del 15% rispetto all'ammontare dell'anno precedente; che, invece, la somma da corrispondere alla Regione Sardegna in sostituzione delle quote variabili fosse determinata annualmente, come gia previsto dall'art. 8 decreto del Presidente della Repubblica n. 638 del 1972, con decreto del Ministro per le finanze di concerto con quello per il tesoro, sentite le amministrazioni regionali.
L'art. 13 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 246 (in materia di contenimento della spesa del bilancio statale e di quelli regionali) dispose, fra l'altro, che la somma da corrispondere alla regione Sardegna per l'anno 1981, in sostituzione delle quote fisse di tributi erariali soppressi, fosse ridotta di 6,5 miliardi rispetto all'ammontare determinato ai sensi dell'art. 35 decreto-legge 28 febbraio 1981, n. 38 cit.
Decaduto il decreto-legge n. 246 del 1981, venne emanato il decreto-legge 29 luglio 1981, n. 401 - che fu impugnato dalla Regione, attuale ricorrente - recante anch'esso norme per il contenimento della spesa del bilancio statale e di quelli regionali, il cui art. 3 riduceva di 3,25 miliardi la somma spettante alla Regione Sardegna, sempre ai sensi del predetto art. 35 decreto-legge n. 38 del 1981. Non essendo stato convertito nemmeno questo decreto, fu emanato il decreto-legge 26 settembre 1981, n. 539 (del pari impugnato dalla Regione), il cui art. 3 riprodusse la citata disposizione dell'art. 3 del decreto-legge n. 401 del 1981. Successivamente, a seguito della mancata conversione di esso, si provvide con il decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677 (conv. nella legge 26 gennaio 1982, n. 11), riproducendo all'art. 3 il medesimo precetto dell'art. 3 del decreto-legge convertito.
La disposizione del decreto-legge n. 677 oggetto della presente impugnazione.
4. - Dall'esposizione della complessa vicenda normativa si può individuare - nel succedersi, nel decadere e nel riprodursi delle norme richiamate nel paragrafo precedente - l'affermazione costante del principio della partecipazione della Regione sarda al procedimento di determinazione delle somme ad essa attribuite, prima, sulla base di indicazione analitica delle fonti tributarie di alimento (art. 8 legge 26 febbraio 1948, n. 3, statuto speciale della Sardegna cit.) e, poi, con la previsione dell'ammontare complessivo della somma da erogarsi dallo Stato.
Il processo di decostituzionalizzazione della materia affida ad interventi unilaterali del legislatore nazionale la configurazione tipologica dei tributi e la determinazione dei flussi di risorse da devolvere alle regioni.
Come si visto, la variazione della tecnica normativa fu contrassegnata dalle modalità di individuazione delle entrate fiscali; prima, attraverso l'indicazione di specifici tributi; poi, con la fissazione, a carico dello Stato, di una somma globale, da attribuire alla Regione Sardegna.
Il mutamento del criterio di determinazione non ha, peraltro, inciso sulla natura dell'attribuzione e sul procedimento relativo, contrassegnati, l'una, da un elemento sostanziale (somma da corrispondere); l'altro, dalla prescrizione di una garanzia, consistente nella partecipazione della Regione al procedimento attraverso l'espressione di un parere.
Si osservato cosi il precetto dell'art. 54, quarto comma, dello Statuto della Regione, secondo il quale le disposizioni del titolo III dello statuto stesso, concernente la finanza regionale (in tale titolo si colloca l'art. 8 che indica la composizione tributaria delle entrate) possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione.
La individuazione dei tributi, per determinarne la quota devoluta alla regione, viene concepita in sostanza come enucleazione di una materia - quella delle entrate regionali - rispetto alla quale lo statuto speciale ha previsto un meccanismo di modificazione normativa, assistito da una garanzia del tutto peculiare a favore della Regione sarda.
5. - Giova anche ricordare che l'anzidetta garanzia fu oggetto di particolare cura nella elaborazione della norma relativa, come si desume dai lavori preparatori dello Statuto sardo, che convergono nell'obbiettivo di garantire, in tal modo, l'autonomia regionale.
Muovendosi inizialmente dalla formulazione che prevedeva la proposta della Regione come sola iniziativa per la modificazione del titolo dello statuto relativo alla finanza regionale, si formularono, poi, diverse altre ipotesi (quelle dell'intesa con la Regione: Ambrosini; "su proposta del Governo o della Regione" in alternativa con l'altra "in ogni caso sentita la Regione": Einaudi; "d'accordo tra Stato e Regioni": Laconi, come misura capace di impedire la violazione di una parte essenziale dello statuto, concernente l'economia e la finanza, ad unico vantaggio dello Stato). Prevalse alla fine la proposta alternativa di Einaudi, contenuta nella formula "in ogni caso sentita la Regione". Questa garanzia, pur nell'attenuata espressione finale, caratterizza lo Statuto sardo e costituisce un limite per la legislazione ordinaria. Essa esprime un sistema di collaborazione, che, attraverso la felice formula dell'"intesa" (cfr. art. 25 legge 10 agosto 1950, n. 646, modificato dall'art. 42 l. n. 634 del 1957) ha contrassegnato i rapporti tra Stato e Regione nella programmazione e nell'attuazione dell'intervento straordinario e del piano di rinascita sardo (cfr. articoli 13 Statuto speciale della Regione Sardegna e 1 legge 11 giugno 1962, n. 588), individuando al tempo stesso un criterio regolatore, indicato anche di recente da questa Corte ai fini dell'equilibrato svolgimento di azioni comuni dello Stato e delle Regioni.
Dall'osservanza della norma (art. 54 St. sardo) si discosta l'art. 3 decreto-legge n. 677 del 1981 - impugnato nel presente giudizio che riduce di lire 3.250 milioni le somme da corrispondere per il 1981, non prevedendo la richiesta del parere della Regione Sardegna.
6. - L'Avvocatura generale dello Stato ha contestato la rilevanza di tale omissione, ritenendola surrogata dall'affermata partecipazione della Regione ad un ampio dibattito, in sede governativa, per la determinazione delle modalità da seguire ai fini del contenimento della spesa pubblica, prima dell'emanazione del provvedimento impugnato.
è agevole rilevare che la partecipazione al dibattito ora ricordato non può equivalere all'espressione di un parere, caratterizzato dalla legittimazione di organi particolari della Regione e da proprie formalità.
Né è valida l'osservazione, secondo la quale il precetto impugnato non modificherebbe alcuna disposizione del titolo III dello Statuto sardo, bensì la norma ordinaria posta dall'art. 35 decreto-legge n. 38 del 1981, si che esso non rientrerebbe nella sfera di applicazione dell'art. 54, quarto comma, dello Statuto. Invero, l'art. 35 cit. del decreto-legge n. 38 del 1981 afferma il principio dell'acquisizione del parere regionale, dato che rinvia, per la determinazione delle quote variabili dei tributi, all'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 638, che demanda, a sua volta, la competenza a provvedere al Governo (Ministro per le finanze di concerto con quello per il tesoro) "sentite le Regioni interessate". Comunque, in linea più generale, non avrebbe mai potuto un provvedimento avente carattere di legge ordinaria (come il decreto-legge n. 38 del 1981) derogare alla norma (art. 54 St.) prescrittiva del parere regionale nella fase di determinazione della somma da corrispondere alla Regione, in sostituzione delle specifiche entrate tributarie, gia indicate nello Statuto speciale.
Il richiamo all'urgenza, a giustificazione dell'emanazione del decreto legge come ragione ostativa dell'acquisizione del parere, non attendibile.
A parte i delicati profili di rilevanza costituzionale di siffatta affermazione, le ragioni di urgenza avrebbero potuto in linea eccezionale consigliare la partecipazione della Regione al procedimento con modalità peculiari (quali la presenza nel Consiglio dei ministri del presidente della Regione stessa) e, in ogni caso, alla acquisizione del parere si sarebbe potuto provvedere nel procedimento di conversione del decreto legge. In tal modo si sarebbero attenuate le conseguenze dell'inadempimento "necessitato".
? fondata, dunque, la dedotta censura di illegittimità costituzionale e va assorbita ogni altra richiesta.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677 (Contenimento della spesa del bilancio statale e di quelli regionali), convertito nella legge 26 gennaio 1982, n. 11, nella parte in cui dispone la riduzione di lire 3.250 milioni delle somme da corrispondere per l'anno 1981 alla Regione Sardegna.
Cosi deciso in Roma, in camera di consiglio nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 febbraio 1987.
Il Presidente: LA PERGOLA
Il Redattore: PESCATORE
Depositata in cancelleria il 5 marzo 1987.
Il direttore della cancelleria: VITALE