Sentenza n. 220 del 1986

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SENTENZA N. 220

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Antonio LA PERGOLA. Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 75 e 300 cod. di proc. civ. promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 18 dicembre 1978 dal Pretore di Viadana nel procedimento civile vertente tra Pettenati Pace e altre contro Spaggiari Carlo iscritta al n. 254 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 161 dell'anno 1979;

2) ordinanza emessa il 7 febbraio 1983 dal Pretore di S. Margherita di Belice nel procedimento civile vertente tra Catalanotto Calogero ed altro contro Ferrara Antonino iscritta al n. 277 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 239 dell'anno 1983.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'8 ottobre 1986 il Giudice relatore Virgilio Andrioli.

Ritenuto in fatto

1.1. - Con atto notificato il 27 settembre 1978 ai sensi dell'art. 143 c.p.c., Pettenati Pace, Ernestina e Teresa convennero avanti il Pretore di Viadana Spaggiari Carlo, nato a Cogozzo di Viadana il 19 marzo 1836 emigrato in Brasile da lunghissimo tempo e di dimora, residenza e domicilio sconosciuti, per sentir dichiarare che esse attrici avevano acquisito per usucapione la proprietà di quota di metà dell'immobile descritto in narrativa, quota che, in aggiunta alle loro già in comproprietà, faceva risultare le stesse comproprietarie dell'intero per 1/3 ciascuna.

L'adìto Pretore, dichiarata la contumacia dello Spaggiari, assunse la prova per testi articolata nell'interesse delle attrici e le rinviò per la decisione all'udienza del 13 dicembre 1978.

1.2. - Con ordinanza emessa il 18 dicembre 1978 (notificata il 2 e comunicata il 9 del successivo gennaio 1979, pubblicata nella G. U. n. 161 del 13 giugno 1979 e iscritta al n. 254 R.O. 1979) l'adìto Pretore - disposta la sospensione del processo - ha giudicato non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 24 comma primo Cost., la questione - sollevata d'ufficio - di legittimità costituzionale dell'art. 75 c.p.c. nella parte in cui non prevede per chi intenda agire nei confronti di persona rispetto alla quale ricorrono presupposti di "scomparsa" e di "assenza" l'onere di preventivamente adìre il Tribunale a sensi degli artt. 48 ss. c.c. onde far valere la pretesa in costanza di legittima rappresentanza processuale del convenuto non più comparso nel luogo del suo ultimo domicilio o dell'ultima sua residenza senza dare più notizie.

2. - Avanti la Corte nessuna delle parti del giudizio a quo si é costituita; ha spiegato intervento per il Presidente del Consiglio dei ministri l'Avvocatura generale dello Stato chiedendo con atto depositato il 3 luglio 1979 dichiararsi non fondata la proposta questione.

3.1. - Con atto, notificato ai sensi dell'art. 143 c.p.c. il 30 settembre 1982, Catalanotto Giuseppe e Calogero convennero avanti il Pretore di S. Margherita di Belice Ferraro (melius Ferrara) Antonino fu Calogero, emigrato da oltre mezzo secolo con tutta la propria famiglia all'estero e che più non si era fatto vedere a Sambuca di Sicilia, suo paese natio, né si era interessato tramite persone di sua fiducia né aveva di spiegato attività e godimento sul terreno oggetto del giudizio, per sentir dichiarare che essi attori avevano usucapito il fondo rustico intestato a catasto a Ferraro Antonino fu Calogero (in effetti Ferrara Antonino fu Calogero).

L'adìto Pretore assunse la prova per testi articolata nell'interesse degli attori, e, senza dichiarare la contumacia del convenuto, ritenne la causa per la decisione.

3.2. - Con ordinanza emessa il 7 febbraio 1983 (notificata il 17 e comunicata il 23 successivi; pubblicata nella G. U. n. 239 del 31 agosto 1983 e iscritta al n. 277 R.O. 1983) l'adìto Pretore ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale degli artt. 75 e 300 c.p.c., in relazione all'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevedono, ove emerga una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione del processo, la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al Pubblico Ministero perché promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba l'attore riassumere il giudizio.

4. - Avanti la Corte nessuna delle parti del giudizio a quo si é costituita; ha spiegato intervento per il Presidente del Consiglio dei ministri l'Avvocatura generale dello Stato chiedendo con atto depositato il 20 settembre 1983 dichiararsi non fondata la proposta questione.

5. - Nell'adunanza dell'8 ottobre 1986 in camera di consiglio il giudice Andrioli ha svolto congiunta relazione sui due incidenti.

Considerato in diritto

6. - La continenza delle questioni sollevate impone la riunione degli incidenti nn. 254/1979 e 277/1983 ai fini di unitaria deliberazione.

7.1. - Il Pretore di S. Margherita di Belice - accertato che il convenuto Ferrara Antonino, nato a Sambuca di Sicilia il 31 ottobre 1836, non solo era di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (di talché la citazione gli era stata notificata ai sensi dell'art. 143 c.p.c.) e che da oltre un cinquantennio, se non addirittura dall'inizio del secolo, era emigrato "in America" senza dare più notizie e che pertanto si configurava "una vera e propria situazione di scomparsa quale é prevista dall'art. 48 c.c." - ha osservato che la procedura di nomina del curatore dello scomparso, di cui all'art. 48 c.c., che é indirizzata alla conservazione della sfera giuridica dello scomparso, non potrebbe essere promosso da chi, come il contraddittore dello scomparso, "aggredisce tale sfera giuridica"; da queste considerazioni ha il Pretore desunto la sussistenza di un vuoto legislativo, che può essere colmato sol conferendo al giudice adìto, il quale venga nel corso del processo a conoscenza di una situazione di assenza del convenuto, il potere di dichiarare l'interruzione del giudizio per dare al Pubblico Ministero notizia del caso perché promuova la nomina di un curatore nei cui confronti possa l'attore riassumere il giudizio in non diversa guisa di quel che l'art. 300 c.p.c. dispone ove si venga a conoscenza della sopravvenuta morte del contumace. Non essendo siffatta disciplina dettata negli artt. 75 e 300 c.p.c., il Pretore ha dichiarato non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 24 comma primo e secondo, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 75 e 300 c.p.c. nella parte in cui non prevedono, ove emerga una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione del processo, la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al Pubblico Ministero perché promuova la nomina di un curatore nei cui confronti debba l'attore riassumere il giudizio.

Dal suo canto l'Avvocatura generale dello Stato, dopo aver riassunto le argomentazioni svolte nell'intervento spiegato nell'incidente n. 274/1979, e richiamato la sent. 24 giugno 1974, n. 1906, con la quale la Corte di Cassazione aveva deciso che "la mancanza assoluta di notizie in ordine ad un soggetto allontanatosi dal luogo del suo ultimo domicilio (an et ubi sit) determina una paralisi di attività per chi vanta diritti od abbia aspettative nei confronti dello scomparso privo di un rappresentante legale o di un procuratore", alla quale "situazione é possibile ovviare soltanto attraverso l'emanazione del provvedimento di nomina del curatore speciale, a norma del combinato disposto degli artt. 48, primo comma cod. civ. e 721 cod. proc. civ., nei confronti del quale é consentito instaurare un regolare rapporto processuale", ha ravvisato due ostacoli all'accoglimento dell'incidente nel "fatto che l'art. 300 c.p.c. postula un processo ritualmente incardinato (come non é nella specie e giusta quanto riconosce lo stesso Pretore denunciante quando, dopo aver posto in luce la importanza del principio del contraddittorio, accenna alla "sopravvenuta morte del contumace")", e nel "fatto che il giudice non può di norma nel processo civile prendere iniziativa di sorta nell'interesse delle parti".

7.2. - Poiché l'interpretazione estensiva dell'art. 182 c.p.c., in virtù della quale rientrerebbe nei poteri del giudice invitare l'attore a chiedere al tribunale competente la nomina di un curatore e a rinnovare la citazione entro un dato termine nei confronti di quest'ultimo, non può essere assunta al livello di quel "diritto vivente" che consentirebbe di dire la proposta questione risolubile con l'applicazione, condotta dai giudici a quibus, dei dettami espressi nell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale preliminari al codice civile, questa Corte non può esimersi dall'esaminare la questione, che é da giudicare fondata perché il processo nel quale lo "scomparso" non sia rappresentato dal curatore é contrario all'ideale del "processo giusto" che i commi primo e secondo dell'art. 24 Cost. confluiscono a garantire.

Il giusto processo civile vien celebrato non già per sfociare in pronunce procedurali che non coinvolgono i rapporti sostanziali delle parti che vi partecipano - siano esse attori o convenuti - ma per rendere pronuncia di merito rescrivendo chi ha ragione e chi ha torto: il processo civile deve avere per oggetto la verifica della sussistenza dell'azione in senso sostanziale di chiovendiana memoria, né deve, nei limiti del possibile, esaurirsi nella discettazione sui presupposti processuali, e per evitare che ciò si verifichi si deve adoperare il giudice.

Questa verità, non avvertita dall'Avvocatura generale dello Stato (supra 7.1.), ha sentito il Pretore di S. Margherita di Belice che, a differenza del Pretore di Viadana, non ha dichiarato la contumacia dello "scomparso" ma ha ravvisato la contrarietà ai commi primo e secondo dell'art. 24 Cost. degli artt. 75 e 300 c.p.c. nell'assenza di un potere che consenta al giudice, il quale avverta una situazione di "scomparsa" del convenuto, di disporre l'interruzione del processo e di darne notizia al Pubblico Ministero perché il rappresentante della legge rivolga al tribunale competente istanza di nomina del curatore dello scomparso; processo che sarà riassunto ad istanza del curatore nominato ovvero dei controinteressati.

Vero che a presentare la istanza di nomina del curatore dello scomparso sono legittimati anche i contraddittori dello scomparso ma costoro possono non nutrirvi concreto interesse - il che non ha avvertito il Pretore di Viadana - e migliore é, pertanto, il partito di affidare la nomina del curatore al congiunto magistero del giudice adìto e del Pubblico Ministero.

8. - La individuazione dei criteri, cui deve obbedire la verifica della sussistenza in concreto di situazioni che giustifichino la nomina del curatore allo "scomparso", non rientra nei compiti di questa Corte la quale non può esimersi dal rilevare che il merito delle due vicende sottoposte al suo esame si basa sulla inattività anche sostanziale dello "scomparso" e sulla usucapione dei beni controversi che i contraddittori ne hanno desunto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti gli incidenti 254/1979 e 277/1983,

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 75 e 300 c.p.c. nella parte in cui non prevedono, ove emerga una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione del processo e la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al Pubblico Ministero perché promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba l'attore riassumere il giudizio.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 ottobre 1986.

 

Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA – Antonio BALDASSARRE

 

Depositata in cancelleria il 16 ottobre 1986.