Sentenza n. 214 del 1986

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SENTENZA N. 214

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 quinquies, terzo comma (recte: secondo comma), della legge 16 aprile 1974 n. 114 (conversione in legge con modificazioni del D.L. 2 marzo 1974 n. 30, concernente norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali e assistenziali) promosso con ordinanza emessa il 2 marzo 1979 nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Cagnolati Policarpo ed altri e l'I.N.P.S., iscritta al n. 424 del registro ordinanze del 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 203 dell'anno 1979.

Visto l'atto di costituzione di Cagnolati Policarpo ed altri;

udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 1986 il Giudice relatore Francesco Greco;

udito l'avv. Bruno Mammone per Cagnolati Policarpo ed altri.

Ritenuto in fatto

1. - Con distinti ricorsi al Pretore di Reggio Emilia, Cagnolati Policarpo ed altri pensionati convenivano in giudizio l'I.N.P.S. al fine di ottenere una pronunzia di non manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 2 quinquies, terzo comma, della legge 16 aprile 1974 n. 114, in relazione all'art. 3 Cost..

Precisavano di essere titolari di pensione di vecchiaia a carico dell'A.G.O. e di avere, dopo il pensionamento, continuato a prestare attività lavorativa, sicché si erano trovati nella condizione necessaria per ottenere la riliquidazione del trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo, ai sensi dell'art. 13 della legge 30 aprile 1969 n. 153 e del citato art. 2 quinquies della successiva legge 16 aprile 1974 n. 114. L'Istituto convenuto, tuttavia, nel procedere a tale riliquidazione, l'aveva subordinata al recupero dei ratei di pensione erogati durante il periodo dall'1 maggio 1968 al 30 aprile 1969, come previsto dalla norma da ultimo citata che, in parte qua, veniva appunto censurata dai ricorrenti.

Il giudice adito, ritenendo l'eccezione non manifestamente infondata, ne rimetteva l'esame a questa Corte con ordinanza emessa il 2 marzo 1979 (R.O. n. 424/79), ritualmente comunicata, notificata e pubblicata con la Gazzetta Ufficiale del 25 luglio 1979 n. 203.

Riepilogati come sopra i termini della vicenda, rilevava altresì che i ricorrenti avevano inutilmente impugnato in sede amministrativa il provvedimento concernente le ritenute dei suddetti ratei ed invocato l'applicazione, nei propri confronti, dell'art. 34 della legge 3 giugno 1975 n. 160 che, equiparando, ai fini della riliquidazione della pensione, i pensionati di invalidità a quelli di vecchiaia, aveva esteso anche a questi il beneficio, già accordato ai primi, di ottenere la riliquidazione stessa senza recupero dei ratei corrisposti in applicazione del previgente regime contributivo.

Osservava, quindi, il giudice a quo che il mancato accoglimento, in sede amministrativa, di tali istanze implicava un'interpretazione, da parte dell'I.N.P.S., della norma censurata, tale da condurre ad una irrazionale disparità di trattamento fra i pensionati di vecchiaia e quelli di invalidità: invero, nonostante la ricordata equiparazione avvenuta con la legge n. 160/75, l'art. 2 quinquies della legge n. 114/74, come applicato nel caso di specie, implicherebbe che soltanto per i secondi, e non per i primi, la riliquidazione del trattamento pensionistico in forma retributiva debba avvenire con la condizione del menzionato recupero di ratei erogati, sebbene per gli uni come per gli altri, la possibilità del relativo provvedimento resti ancorata ad identico presupposto di fatto e cioé alla prestazione di attività lavorativa dopo il primo maggio 1968. Di qui la ravvisata violazione dell'art. 3 Cost..

2. - Nel susseguente giudizio davanti a questa Corte si sono costituiti alcuni pensionati ricorrenti depositando una memoria di contenuto adesivo rispetto alle argomentazioni svolte dal giudice a quo con la ricordata ordinanza. Hanno, in particolare, rilevato che il beneficio della riliquidazione in forma retributiva del trattamento pensionistico fu esteso ai pensionati di invalidità con l'art. 4 del D.L. 30 giugno 1972 n. 267 (convertito nella legge 11 agosto 1972 n. 485), così colmandosi la lacuna dell'art. 13 della legge 30 aprile 1969 n. 153, che lo aveva previsto per i soli pensionati di vecchiaia; che, successivamente, con l'art. 2 quinquies della legge n. 114 del 1974 fu non solo riaperto il termine per l'opzione di riliquidazione, ma anche dettata una diversa disciplina del recupero dei ratei erogati, previsto per il solo periodo maggio 1968 - aprile 1969 e non più per quello avente uguale decorrenza, ma esteso fino alla data di riliquidazione, originariamente stabilito dalla legge n. 153/69; che, infine, la legge n. 160/75 riconobbe, con l'art. 34, la piena parificazione, ai fini de quibus, dei pensionati di vecchiaia a quelli di invalidità, prevedendo l'applicabilità, anche per i primi, delle disposizioni, dettate per i secondi, concernenti la riliquidazione senza trattenuta di ratei.

Nell'imminenza dell'udienza ha depositato una memoria la difesa di una delle parti private.

Con tale atto preliminarmente si sostiene la rilevanza, nella fattispecie, dell'art. 34 della legge n. 160/75 che, avendo espressamente stabilito l'estensione dell'art. 4 della legge n. 485/72 alle pensioni di vecchiaia, con contestuale riapertura dei termini per la proposizione dell'istanza di riliquidazione della pensione stessa in forma retributiva, dovrebbe, ad avviso di detta difesa, trovare applicazione anche nei confronti degli istanti, con conseguente operatività del beneficio della riliquidazione senza recupero di ratei già corrisposti.

Qualora, invece, si ritenesse inapplicabile la citata disposizione più recente, diverrebbe rilevante l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 2 quinquies della legge n. 114/74, nei termini prospettati con l'ordinanza di rimessione.

Non potrebbe invocarsi, a giustificazione della disparità di trattamento nascente dalla norma censurata, una presunta diversità di posizione dei pensionati di invalidità rispetto a quelli di vecchiaia, consistente nel fatto che, mentre i primi possono ottenere la riliquidazione anche se non hanno prestato attività lavorativa per il periodo dall'1 maggio 1968 al 30 aprile 1969, per i secondi la possibilità di riliquidazione era stata subordinata, con l'art. 13 della legge n. 153/69, alla condizione della ininterrotta prestazione di attività lavorativa alle dipendenze di terzi dalla data di decorrenza della pensione contributiva fino a quella di entrata in vigore della citata legge n. 153/69.

Invero, secondo la difesa, la successiva estensione ai pensionati di invalidità (art. 2 quinquies legge n. 114/74) delle disposizioni di cui all'art. 13 della legge n. 153/69 - originariamente dettata per i soli pensionati di vecchiaia - e, reciprocamente, l'estensione a questi ultimi del beneficio della riliquidazione senza recupero di ratei (art. 34 legge n. 160/ 75), originariamente prevista soltanto per i primi (art. 4 legge n. 485/72), si muovono appunto nel senso preciso del riconoscimento di una piena parità delle rispettive posizioni.

Né, nel caso in esame, possono trovare applicazione i princìpi che regolano i diversi casi di cumulo di trattamenti pensionistici e retributivi avendo gli istanti percepito i ratei di pensione contributiva prima della riliquidazione in forza delle vigenti leggi che si sono adeguate ai princìpi espressi da questa Corte con la sentenza n. 155/69.

Considerato in diritto

1. - La Corte rileva preliminarmente che, sebbene nella prospettazione delle parti attrici del giudizio a quo, fatta poi propria dal giudice remittente, la norma censurata sia formalmente il terzo comma dell'art. 2 quinquies della legge 16 aprile l974 n. 114, il quale prevede la restituzione dei ratei successivi al 30 aprile 1969, trattenuti in definizione delle domande di riliquidazione delle pensioni assoggettate al regime precedente alla legge n. 153/69, la proposta censura, in ragione del suo specifico contenuto, é sostanzialmente riferibile al comma secondo del citato articolo, il quale é quello che sancisce la ritenuta dei ratei di pensione erogati fra il 1 maggio 1968 ed il 30 aprile 1969, della quale ritenuta si sono dolute le parti.

2. - La sollevata questione deve essere dichiarata inammissibile.

Invero, essa costituisce il solo oggetto dei giudizi promossi dinanzi al Pretore di Reggio Emilia il quale non é stato chiamato a decidere una domanda di merito.

Nella fattispecie, quindi, la detta questione non é inserita in via incidentale in una controversia di merito ma é stata proposta direttamente ed immediatamente in via principale.

Invece, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 dispongono che la questione di legittimità costituzionale sia sollevata nel corso del giudizio, il che sta a significare che occorre un giudizio che abbia un proprio oggetto, ossia un petitum separato e distinto dalla questione di legittimità costituzionale, sul quale il giudice sia chiamato, per sua competenza, a decidere; abbia un proprio ed autonomo svolgimento che esiga una propria conclusione rispetto alla quale l'insorgere della questione di costituzionalità sia solo meramente eventuale, ossia un incidente.

In altri termini, il processo di merito é pregiudiziale rispetto al processo instaurato dinanzi alla Corte costituzionale.

Inoltre, il secondo comma del citato art. 23 della legge n. 87 del 1953 richiede che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla decisione della questione di legittimità la quale, quindi, deve avere rilevanza.

Ora, nell'ordinanza di rimessione manca qualsiasi accenno al rapporto di rilevanza proprio perché, non essendovi una questione di merito, il giudice remittente nulla ha potuto stabilire circa tale rapporto. Ed anche, per la stessa ragione, la

sospensione del giudizio, che é l'altra condizione richiesta dalla suddetta norma, si é ridotta ad una mera formalità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 quinquies, secondo comma, della legge 16 aprile 1974 n. 114, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dal Pretore di Reggio Emilia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1986.

 

Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA

 

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1986.