SENTENZA N. 185
ANNO 1986
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Livio PALADIN, Presidente
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL’ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5, primo comma (in relazione all'art. 6 secondo comma) della legge 1 dicembre 1970 n. 898 ("Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio") e 708 codice procedura civile (in relazione all'art. 155 codice civile) promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 26 gennaio 1982 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Casagrande Adriana e Gorla Alfredo iscritta al n. 376 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 dell'anno 1982;
2) ordinanza emessa il 19 giugno 1984 dal Tribunale di Genova nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Giovannetti Maddalena e Ghio Pietro iscritta al n. 1217 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 68 bis dell'anno 1985.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 aprile 1986 il Giudice relatore Renato Dell'Andro;
udito l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un procedimento civile avente ad oggetto lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio e l'affidamento della figlia minore, il Tribunale di Genova, con ordinanza del 26 gennaio 1982, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, comma secondo, 30 e 3, commi primo e secondo, Cost., dell'art. 5, comma primo (in relazione all'art. 6, comma secondo), della legge 1 dicembre 1970, n. 898, nella parte in cui non prevede la nomina di un curatore speciale che rappresenti in giudizio il minore figlio delle parti, in ordine alla pronuncia sull'affidamento e ad ogni altro provvedimento che lo riguardi.
Il Tribunale premette che negli ultimi tempi, a seguito di una differente lettura dei principii costituzionali secondo una coerente linea di tendenza che dagli artt. 2 e 3 conduce agli artt. 29, 30 e 31 Cost., vi é stata, da parte di dottrina e giurisprudenza, una più attenta considerazione della posizione del minore, quale soggetto titolare di diritti soggettivi perfetti, autonomi ed azionabili, membro a tutti gli effetti della comunità sociale.
Le disposizioni costituzionali, quali gli artt. 30 e 31 Cost., che più specificatamente attengono alla problematica familiare e minorile, pertanto, vengono interpretate avendo presente che la tutela dei diritti fondamentali, anche nelle formazioni sociali in cui si svolge la personalità, e l'impegno pubblico a rimuovere ogni ostacolo allo sviluppo della personalità stessa, sono previsioni che si indirizzano anche al minore. Da un altro lato, viene sottolineato che, se i termini "minore" e "minore età" non acquistano una posizione centrale nel contesto costituzionale, ciò é indice non già di una scarsa considerazione verso il fanciullo, ma al contrario di una inversione di tendenza rispetto al precedente ordinamento ricco di riferimenti alla "particolarità" e "specificità" della condizione minorile, e quindi di una scelta a favore del fanciullo, non più oggetto di una assoluta ed incondizionata volontà degli adulti, ma sicuramente "persona" alla pari di ogni altro individuo.
Tali orientamenti ed interpretazioni, prosegue il giudice a quo, costituiscono il necessario presupposto per una ricostruzione sistematica del c.d. diritto minorile, nella prospettiva di una tutela preminente dell'interesse del fanciullo ed al fine di una compiuta realizzazione dei suoi diritti, e trovano conferma in una serie di disposizioni normative, soprattutto successive alla riforma del diritto di famiglia, come quelle che impongono al giudice di tutelare esclusivamente l'interesse materiale e morale dei figli nel decidere il loro affidamento e nell'adottare gli altri provvedimenti ad essi relativi in caso di separazione personale dei genitori o di scioglimento del loro matrimonio. Queste enunciazioni, però, rischiano di trasformarsi in mere clausole di stile ove non trovino precisi riscontri in sede processuale. É quel che ad esempio accade, afferma ancora il Tribunale di Genova, nel procedimento di divorzio, nel quale il giudice deve appunto decidere dell'affidamento del minore e prendere altri provvedimenti che possono avere effetti rilevanti sull'avvenire del fanciullo e sullo sviluppo della sua personalità, senza che al minore sia dato di stare in giudizio a mezzo di un curatore speciale per la tutela dei suoi interessi, mentre in differenti situazioni (ad esempio art. 320, ultimo comma, c.c.), quando si profili conflitto di interessi, é sempre richiesta la nomina di un rappresentante. Non può invero contestarsi che il minore, almeno limitatamente alle pronunce che lo riguardano, sia titolare di specifici interessi morali e patrimoniali, interessi che non sono adeguatamente protetti dalla presenza in giudizio dei genitori, che non hanno alcuna rappresentanza per i figli minori e difendono i propri interessi personali (tanto che sovente la prole é usata come mezzo di pressione o di scambio ovvero i suoi interessi sono comunque subordinati all'esigenza dei coniugi ad una sollecita pronuncia). Né l'interesse dei minori pare sufficientemente protetto dall'intervento obbligatorio del P. M., il quale non sta in giudizio come sostituto processuale degli stessi, ma per l'attuazione obiettiva della legge, ed in tal veste si preoccupa si dell'interesse dei minori, ma non certo in modo esclusivo. In ogni caso, la difesa del fanciullo non offre le medesime garanzie di quella esercitata da un rappresentante privato direttamente impegnato in tale ufficio, come é dimostrato dal confronto con altri procedimenti, quale quello di opposizione al decreto di adottabilità, in cui accanto al P. M. é pure presente un curatore del minore.
Analogamente, continua il Tribunale, non può essere sufficiente il potere del collegio di andare ultra petitum sui provvedimenti concernenti la prole e di disporre d'ufficio mezzi di prova, giacché tali poteri non possono sostituire la presenza in giudizio, su un piano di parità con le altre parti, di un rappresentante del minore che adeguatamente tuteli l'interesse di questo in ordine all'affidamento e agli altri conseguenziali provvedimenti.
La disposizione impugnata, conclude il giudice a quo, là dove non prevede la nomina di un curatore speciale che rappresenti il minore nel procedimento, limitatamente alle pronunce che lo riguardano, appare pertanto in contrasto con l'art. 24 (per violazione del diritto di difesa del minore, figlio delle parti, che non può far valere adeguatamente il suo interesse nel giudizio), con gli artt. 3, comma secondo, e 30 (perché nella specie la mancata tutela dell'interesse del fanciullo costituisce potenzialmente grave ostacolo allo sviluppo della personalità e all'adempimento degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, posti a carico dei genitori o di altri soggetti, in caso di loro incapacità) e con l'art. 3, comma primo, Cost. (per violazione del principio di eguaglianza, riguardo ai frequenti casi in cui é prevista la nomina di un curatore del minore in ipotesi di conflitto di interessi con i genitori).
L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
2. - É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per il rigetto della questione.
Osserva l'Avvocatura che, se si considerano le norme sostanziali a favore dei minori e gli strumenti di garanzia dei loro interessi sul piano processuale, quali l'intervento obbligatorio del P. M. ed il potere del giudice di andare ultra petitum e di disporre d'ufficio indagini e mezzi di prova, emerge come l'adombrato difetto di adeguatezza in realtà non sussiste. Infatti, essendo la nomina di un curatore speciale che rappresenti i figli minori consentita solo in talune ipotesi di conflitto di interessi patrimoniali (artt. 155, 320, 321 codice civile, 5 e 6 della legge 1 dicembre 1970, n. 898), la mancata previsione di tale nomina nei giudizi di separazione o divorzio costituisce una precisa scelta compiuta dal legislatore a seguito di una discrezionale valutazione dei pro e dei contro e soprattutto in considerazione degli inconvenienti cui potrebbe dar luogo, prima o poi, sul piano degli interessi non patrimoniali del minore, l'opposta soluzione. Il legislatore, invero, conclude l'Avvocatura, ha individuato il giusto punto di equilibrio tra le diverse soluzioni ipotizzabili col prevedere che le decisioni sull'affidamento devono essere prese dal giudice pure in difformità dalle conclusioni delle parti, facendo esclusivo riferimento agli interessi di ogni genere dei minori e previo l'eventuale autonomo esercizio dei più ampi e latamente intesi poteri istruttori.
3. - Nel corso di un altro procedimento civile avente ad oggetto la separazione personale dei coniugi e l'affidamento della figlia minore, il Tribunale di Genova, con ordinanza del 19 giugno 1984, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, comma secondo, 30 e 3, commi primo e secondo, Cost., dell'art. 708 codice procedura civile (in relazione all'art. 155 c.c.) nella parte in cui non prevede la nomina di un curatore speciale che rappresenti in giudizio il minore figlio delle parti, in ordine alla pronuncia sull'affidamento e ad ogni altro provvedimento che lo riguardi.
Nel merito il Tribunale riporta le argomentazioni svolte nella precedente ordinanza, osservando che esse valgono a maggior ragione per il procedimento di separazione giudiziale, in cui il minore si trova, se possibile, ancor meno fornito di adeguate garanzie, nell'ambito di un vasto e talora spietato contenzioso tra i coniugi, che spesso si servono di lui come di un'arma per prevalere l'uno sull'altro.
L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
4. - É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, svolgendo nel merito considerazioni identiche a quelle svolte nel precedente giudizio e concludendo per il rigetto della questione.
Considerato in diritto
1. - Le ordinanze in epigrafe sollevano analoghe questioni di legittimità costituzionale e, pertanto, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.
Le ordinanze di rimessione, premesso che un'attenta lettura della Costituzione induce a concludere che la tutela dei diritti fondamentali, anche nelle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità dei singoli e l'impegno statale a rimuovere gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo di quest'ultima, si indirizzano anche ai minori, pur ammettendo che non poche garanzie sono dettate dalla legislazione ordinaria a favore dei figli minori in tema di giudizi per lo scioglimento del matrimonio e per la separazione fra coniugi, lamentano l'insufficienza delle predette garanzie ed assumono essere la previsione d'un curatore speciale, rappresentante in giudizio dei figli minori, l'unica strada per un'efficace, completa tutela processuale dei medesimi.
La Corte deve preliminarmente dar atto che l'esame dei principii costituzionali, secondo una linea di tendenza che dagli artt. 2 e 3 conduce agli artt. 29, 30 e 31 Cost., costituisce una delle fondamentali chiavi di lettura delle problematiche relative alla vita dei minori nella famiglia. E deve altresì riconoscere che le ordinanze in epigrafe tendono, nelle intenzioni dei giudici a quibus, alla massima tutela, in sede processuale, di principii e valori, relativi alla formazione ed alla crescita umana, ampiamente affermati dalla vigente costituzione: dal fatto che quest'ultima nominalisticamente poco si soffermi sui minori o sulla minore età va, infatti, dedotta, tenuto conto dell'ordinamento precostituzionale tanto prodigo di riferimenti alla "particolarità" della condizione minorile, una scelta di sostanza a favore del minore, considerato, ad ogni consentito effetto, persona umana al pari di ogni altro soggetto, senza alcun bisogno di esplicite quanto sovrabbondanti enunciazioni in proposito.
Tutto ciò spiega le ragioni per le quali il legislatore, nei giudizi in esame, ha disposto che i provvedimenti relativi alla prole vengano assunti dal giudice nell'esclusivo interesse morale e materiale della medesima. Ed a tal proposito non va dimenticato che, nel corso dei lavori preparatori per la riforma del diritto di famiglia, venne respinto un emendamento che, in materia, prevedeva una norma in base alla quale i provvedimenti relativi alla prole dovevano essere assunti non nell'esclusivo interesse dei figli ma anche nell'interesse della famiglia e dei genitori.
2. - Senonché, la questione qui in discussione attiene, più specificatamente, alla legittimità costituzionale degli artt. 5, primo comma (in relazione all'art. 6, secondo comma) della legge 1 dicembre 1970 n. 898 e 708 codice procedura civile (in relazione all'art. 155 codice civile) in quanto non prevedono la nomina d'un curatore speciale che rappresenti in giudizio il minore figlio delle parti, in ordine alla pronuncia sull'affldamento e ad ogni altro provvedimento che lo riguardi. Va, pertanto, qui esaminato se, particolarmente, la mancanza della scelta, da parte del legislatore ordinario, della nomina del preindicato curatore speciale costituisca violazione degli artt. 3, primo e secondo comma, 24, secondo comma e 30 Cost.
Va premesso che, nelle preindicate deliberazioni relative ai figli minorenni, il giudice, a differenza delle decisioni da lui assunte nei procedimenti contenziosi, non si pronuncia su quale dei litiganti ha ragione e quale ha torto bensì sceglie la soluzione migliore per un terzo (appunto il figlio minorenne) nell'esclusivo suo interesse. Nei procedimenti contenziosi relativi allo scioglimento del matrimonio ed alla separazione dei coniugi s'inserisce, pertanto, un giudizio che autorevole dottrina non ha esitato a definire di volontaria giurisdizione: comunque, a parte ogni questione di classificazione, certo é che, nei procedimenti innanzi indicati, gli accertamenti e le decisioni relative ai figli minorenni costituiscono il risultato di valutazioni autonome, disciplinate da norme sostanziali e processuali distinte e certamente diverse da quelle che vanno applicate dal giudice nel procedimento principale contenzioso.
Deve, poi, qui sottolinearsi che, nelle leggi impugnate e nel sistema attualmente vigente, gli interessi dei minori figli delle parti, nei giudizi in discussione, non solo non rimangono senza tutela ma sono garantiti da una serie non indifferente di misure, che il legislatore ha ritenuto idonee e sufficienti in materia.
L'intervento obbligatorio in giudizio del P. M. che, se certamente non agisce in veste di sostituto processuale dei minori, deve, nell'assicurare la legalità della decisione della controversia, preoccuparsi della tutela degli interessi dei predetti, nell'esercizio di tutte le attività processuali a lui consentite (ad esempio: deduzione di prove, conclusioni ed impugnazioni della sentenza, ai sensi del terzo comma dell'art. 5 della legge 1 dicembre 1970 n. 898); le amplissime facoltà istruttorie del giudice; il potere del collegio di decidere, in ordine ai provvedimenti relativi alla prole, ultra petitum, costituiscono, come le stesse ordinanze di rimessione riconoscono, misure certamente dirette alla tutela, in giudizio, degli interessi dei minori.
3. - Le ordinanze di rimessione non ritengono, tuttavia, le predette misure soluzioni "ottimali" (così esplicitamente l'ordinanza del 19 giugno 1984) ai fini di una completa tutela dei minori figli delle parti nei giudizi in discussione.
La valutazione relativa al modo ed al grado di effettiva tutela, in giudizio, di determinati interessi spetta al legislatore e non a questa Corte.
Va qui, comunque, ricordato che il legislatore ordinario non é vincolato, in tutti i casi di riconosciuti interessi al giudizio o nel giudizio, a prevedere la qualità di parte per i titolari degli stessi interessi.
Va, inoltre, particolarmente sottolineato che i giudizi di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di separazione personale dei coniugi, non attengono né si riflettono, quale che sia l'esito dei giudizi stessi, sullo stato dei figli. Ed il legislatore, nei giudizi che attengono allo status dei minori (situazioni diverse, pertanto, rispetto a quelle qui in esame) come ad esempio nel giudizio per il disconoscimento di paternità ed in quello di opposizione al decreto di adottabilità, prevede la nomina d'un rappresentante del minore. Come, soltanto quando sorge un conflitto di interessi (situazione, anche questa, diversa da quelle qui in esame) nell'amministrazione dei beni dei figli, il giudice tutelare nomina, ai sensi dell'art. 320 codice civile, un curatore speciale.
Vero é che il legislatore non ha ravvisato, nella specie, l'opportunità d'istituzionalizzare un conflitto tra genitori e figli: ciò avverrebbe certamente con l'attribuzione della qualità di parte ai minori - figli, nei procedimenti qui in discussione, e con la nomina d'un curatore per la rappresentanza in giudizio dei medesimi. Mentre, non potendo i figli minori, nei giudizi in esame, incidere sullo status di coniugi dei loro genitori, non é stato ritenuto dal legislatore opportuno, fra l'altro, consentire ai figli minorenni un potere d'impugnazione della sentenza relativa ai coniugi, potere negato, come tale, peraltro, allo stesso pubblico ministero.
Non avendo il legislatore ritenuto d'istituzionalizzare la situazione di conflittualità tra genitori e figli minorenni, rimangono, per le ipotesi di concreta conflittualità tra i medesimi, i normali strumenti (ed anche, a volte, la nomina di un curatore speciale) previsti in via generale dal codice civile (oltre al già ricordato art. 320, cfr. gli artt. 321,330 e 333) come la Corte di Cassazione ha rilevato.
4. - La normativa impugnata non contrasta, in conseguenza di tutto quanto osservato, con l'art. 24, secondo comma, né con gli artt. 30 e 3, primo e secondo comma, Cost.
La predetta normativa non viola l'art. 24, secondo comma, Cost. in quanto, non esiste in materia, una particolare situazione giuridica soggettiva di diritto sostanziale, tale da essere necessariamente garantita, nei giudizi in esame, attraverso l'attribuzione della qualità di parte ai figli - minori e, conseguentemente, attraverso la nomina d'un curatore in giudizio; non viola gli artt. 3, secondo comma, e 30 Cost. permanendo, quale che sia l'esito dei giudizi in discussione, nei genitori gli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione dei figli; né viola l'art. 3, primo comma, Cost., in quanto, ribadito che la scelta tra la nomina d'un curatore in giudizio dei figli minori e gli strumenti attualmente previsti, dal sistema, per la difesa degli interessi dei predetti, spetta al legislatore, va conclusivamente aggiunto che l'opzione operata dal medesimo nei procedimenti di cui qui si discute non é da ritenersi, per le ragioni innanzi enunciate, irrazionale, in relazione alle certamente diverse ipotesi in cui é prevista la nomina del predetto curatore.
Le sollevate questioni di legittimità costituzionale devono, pertanto, esser dichiarate non fondate.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi proposti con le ordinanze del Tribunale di Genova del 26 gennaio 1982 e del 19 giugno 1984;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate, con riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 30 Cost., dalle predette ordinanze, degli artt. 5, primo comma (in relazione all'art. 6, secondo comma) della legge 1 dicembre 1970, n. 898 e 708 codice procedura civile (in relazione all'art. 155 codice civile).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1986.
Livio PALADIN - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA
Depositata in cancelleria il 14 luglio 1986.