SENTENZA N. 13
ANNO 1986
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Livio PALADIN, Presidente
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv Albero MALAGUGINI
Prof. Antonio LAPERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL’ANDRO,Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1, ultimo comma, d.lgt. 8 marzo 1945, n. 90 (Modificazioni delle imposte sulle successioni e sulle donazioni) e dell'articolo unico legge 20 novembre 1955, n. 1123 (Equiparazione dei diritti dei figli adottivi a quelli legittimi in materia fiscale) promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 28 febbraio 1977 dalla Corte d'appello di Roma nel procedimento civile vertente tra l'Amministrazione delle Finanze dello Stato e Marsili Adriana iscritta al n. 415 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 293 dell'anno 1977;
2) ordinanza emessa il 21 aprile 1978 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dall'Amministrazione delle Finanze dello Stato contro Negri Clementi Maria Sidonia ed altri iscritta al n. 565 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 dell'anno 1979.
Visto l'atto di costituzione di Negri Clementi Maria Sidonia nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 19 novembre 1985 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;
uditi l'avv. Franco Salvucci per Negri Clementi e l'Avvocato dello Stato Carlo Salimei per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 28 febbraio 1977, n. 415 r.o. 1977 la Corte d'appello di Roma sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 1, ultimo comma, d.lgt. 8 marzo 1945, n. 90 e in correlazione dell'articolo unico legge 20 novembre 1955, n. 1123, nella parte in cui dispongono un trattamento fiscale per i discendenti dei figli adottivi del de cuius, che succedono a questo per rappresentazione, più sfavorevole rispetto a quello previsto per i discendenti dei figli legittimi. Ritiene, infatti, il giudice a quo che tale norma determini una ingiustificato discriminazione tra discendenti di figli legittimi e discendenti di figli adottivi con violazione del principio costituzionale d'eguaglianza. Malgrado il legislatore - osserva la Corte d'appello - estenda gli effetti dell'adozione ai rapporti ereditari tra l'adottante ed i discendenti legittimi dei figli adottivi, riconoscendo a detti discendenti lo stesso diritto di rappresentazione spettante ai discendenti dei figli legittimi, l'art. 1, ultimo comma, d.lgt. n. 90/1945 stabilisce per i successori chiamati per rappresentazione un sistema di tassazione in ragione non dell'immediatezza della loro chiamata, ma del grado dell'eventuale parentela con il de cuius. Sicché, mentre viene assicurato ai discendenti dei figli legittimi un determinato trattamento fiscale in dipendenza della parentela diretta con l'autore della successione, altrettanto non si verifica per i discendenti dei figli adottivi, mancando un identico rapporto di parentela.
Identica questione é stata sollevata dalla Corte di cassazione con ordinanza del 21 aprile 1978, n. 565 r.o. 1978.
2. - Nel primo giudizio é intervenuta con atto 10 novembre 1977 l'amministrazione delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, segnalando in primo luogo che la vertenza, oggetto del giudizio de quo, era stata definita in base alle norme sul condono in materia tributaria di cui al d.l. 5 novembre 1973, n. 660 (convertito nella legge 19 dicembre 1973, n. 823), cosicché il giudizio stesso si era estinto, con conseguente sopravvenuta irrilevanza della questione sollevata. In secondo luogo l'Avvocatura ricordava che comunque la medesima questione era stata già dichiarata non fondata con sentenza di questa Corte n. 71 dell'8 aprile 1976.
Nel secondo giudizio é intervenuto invece il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo nello stesso senso dell'infondatezza e richiamando la citata sentenza della Corte.
3. - Nel secondo procedimento (r.o. n. 565/1978) si sono costituite altresì le parti private Maria Sidonia Negri Clementi e Irene Mercedes Negri Clementi, rappresentate e difese dall'avv. Francesco Salvucci di Roma, con atto del 21 dicembre 1978, concludendo per la fondatezza della questione sollevata dalla Corte di cassazione.
Con successive memorie del 25 settembre e del 5 novembre 1985 la stessa parte privata Maria Sidonia Negri Clementi ha ulteriormente illustrato la propria tesi a favore della illegittimità costituzionale della norma impugnata.
Considerato in diritto
1. - L'identità della questione sollevata nei due giudizi ne consiglia la riunione e la definizione con unica sentenza.
La questione sulla quale la Corte deve pronunciarsi é se contrastino o meno con l'art. 3 della Costituzione l'art. 1, ultimo comma, d.lgt. 8 marzo 1945, n. 90 e l'articolo unico della legge 20 novembre 1955, n. 1123, nella parte in cui, per i discendenti dei figli adottivi del de cuius, che succedano a questo per rappresentazione, dispongono un trattamento fiscale più sfavorevole rispetto a quanto previsto per i discendenti dei figli legittimi.
In effetti l'ultimo comma dell'art. 1 del decreto legislativo luogotenenziale n. 90 del 1945 stabilisce per i successori chiamati per rappresentazione un sistema di tassazione in ragione non dell'immediatezza della loro chiamata, ma del grado dell'eventuale parentela con il de cuius. Cosicché mentre ai discendenti dei figli legittimi viene assicurato un determinato trattamento fiscale in dipendenza della parentela diretta con l'autore della successione, ai discendenti dei figli adottivi viene applicata invece l'aliquota di imposta prevista per la successione tra estranei, in quanto mancherebbe un identico rapporto di parentela.
Né vale a superare tale disparità - come si legge nelle ordinanze di rimessione - l'articolo unico della legge n. 1123 del 1955 che, pur segnando una tappa significativa nell'equiparazione tra figli legittimi e adottivi in materia fiscale, ha una portata circoscritta alla successione da adottante ad adottato e non può quindi trovare applicazione al di fuori di tale ipotesi. Tale é del resto il diritto vivente alla luce della giurisprudenza ordinaria.
Ritengono i giudici a quibus che la disparità ora descritta leda il principio di uguaglianza, discriminando arbitrariamente in materia fiscale tra discendenti dei figli legittimi e discendenti dei figli adottivi, quando dal punto di vista del diritto civile tale discriminazione non ha più luogo.
2. - La questione é fondata.
Rettamente le ordinanze di rimessione, nel valutare l'adeguatezza delle disposizioni impugnate al parametro costituzionale di riferimento e quindi al principio di uguaglianza, pongono l'accento sul sistema normativo che regola l'istituto della successione per rappresentazione, cogliendo l'antinomia in cui si pone il legislatore nel disciplinare la materia tributaria in tema di successione - quando essa attenga ai discendenti dei figli adottivi - in modo contraddittorio rispetto alla regolamentazione della successione stessa ed alla logica giuridica che ad essa presiede.
L'art. 468 c.c. infatti chiama alla successione, assieme agli altri soggetti espressamente indicati, anche i discendenti del figlio adottivo che non possa o non voglia accettare l'eredità, senza discriminazione alcuna rispetto ai discendenti del figlio legittimo. La funzione dell'istituto é quella di tutelare gli interessi della famiglia del mancato erede o legatario diretto, impedendo che essa venga privata dei beni del de cuius, solo perché il genitore non ha potuto o non ha voluto accettarli.
Non può quindi negarsi l'esistenza, ai fini della rappresentazione ereditaria, di un rapporto civile tra adottante e discendenti dell'adottato, cui l'ordinamento attribuisce un preciso rilievo, derivante dall'adozione ed equivalente a quello di parentela.
Se tale é la logica giuridica del sistema, improntato alla tutela dell'adottato e dei suoi discendenti alla stessa stregua del figlio legittimo, del tutto arbitraria si rivela la discriminazione introdotta dal legislatore tributario tra i discendenti del mancato crede-figlio legittimo e quelli del mancato erede-figlio adottivo, con il sottoporre il patrimonio ereditato da quest'ultimo ad una tassazione più sfavorevole, quale quella prevista per gli estranei.
Una volta quindi che la legge civile parifica la tutela successoria della famiglia del figlio adottivo a quella della famiglia del figlio legittimo, la mancata estensione di tale parificazione nel diritto tributario assume il significato di un irragionevole arbitrio, come tale lesivo del principio di uguaglianza.
Restano Così superati gli argomenti deducibili dall'art. 300 c.c. che furono posti a base della sentenza di questa Corte n. 71 del 1976 per respingere la medesima questione ora proposta.
Del resto, occorre osservare che la conclusione allora raggiunta é oggi contrastata dalla giurisprudenza ordinaria, la quale ha ritenuto, anche alla luce del nuovo clima normativo, che l'esclusione del rapporto civile derivante dal vincolo di adozione tra l'adottante e la famiglia dell'adottato riguardi unicamente la famiglia di origine di quest'ultimo e non anche quella da lui costituita (cfr. le ordinanze di rimessione della Corte di cassazione e della Corte d'appello di Roma).
Va pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale delle norme impugnate in parte qua.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, ultimo comma, d.lgt. 8 marzo 1945, n. 90 e dell'articolo unico legge 20 novembre 1955, n. 1123, nella parte in cui, per i discendenti dei figli adottivi del de cuius, che succedono a questo per rappresentazione, dispongono un trattamento fiscale più sfavorevole rispetto a quello previsto per i discendenti dei figli legittimi.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1986.
Livio PALADIN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Albero MALAGUGINI - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO
Depositata in cancelleria il 28 gennaio 1986.