Sentenza n.312 del 1985

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SENTENZA N. 312

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso con ordinanza emessa il 9 ottobre 1984 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Roma nel procedimento di sorveglianza relativo a Ferraro Luciano, iscritta al n. 69 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 80 bis dell'anno 1985.

Visto l'atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1985 il Giudice relatore Alberto Malagugini.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del giudizio sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Roma avverso l'ordinanza del 1 febbraio 1984 della Sezione di sorveglianza presso detta Corte d'appello che, revocando l'affidamento in prova al servizio sociale di Ferraro Luciano per insussistenza delle condizioni legittimanti l'affidamento retrodatava gli effetti della revoca al momento della costituzione in carcere del Ferraro e non al momento iniziale dell'affidamento, la Corte di cassazione sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 47 della l. 26 luglio 1975, n. 354, in riferimento agli artt. 3, 13 e 27 della Costituzione.

La Corte rimettente rilevava che l'art. 47 della l. n. 354 del 1975 impedisce di scomputare il periodo trascorso in affidamento dalla pena detentiva da eseguire in tutti i casi di revoca del provvedimento di affidamento, senza distinguere tra i casi di revoca dovuta al cattivo esito della prova e quelli di revoca (o annullamento) per sussistenza di cause originarie o sopravvenute di inammissibilità dell'affidamento. Il predetto art. 47 sarebbe perciò in contrasto: a) con l'art. 3 Cost., in ragione della indebita equiparazione fra situazioni del tutto diverse e della discriminazione fra situazioni similari come quella dei condannati che superano il periodo di prova ed ottengono l'estinzione della pena, e quella dei condannati che, pur avendo in tutto o in parte superato detto periodo di prova, non possono ottenere, per ragioni indipendenti dal proprio comportamento, l'effetto dell'estinzione; b) con l'art. 13 Cost., in ragione della insussistenza di un titolo giustificativo della restrizione della libertà personale del condannato una volta venuto meno l'originario provvedimento giudiziario preveduto dai commi quarto e quinto dell'art. 47 della l. n. 354 del 1975; c) con l'art. 27 Cost., in ragione della vanificazione della funzione di rieducazione e risocializzazione propria della pena che sarebbe cagionata dalla previsione di conseguenze sfavorevoli al condannato per fatto non addebitabile alla sua condotta.

2. - Nel giudizio così instaurato non vi é stata costituzione di parti, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di cassazione, prima sezione penale, dubita, in riferimento agli artt. 3, 13 e 27 Cost., della legittimità costituzionale dell'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354 - recante "Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà" - "nella parte in cui non prevede che valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al servizio sociale nel caso di revoca del provvedimento di ammissione per motivi non dipendenti dall'esito negativo della prova".

Nella motivazione dell'ordinanza, la Corte rimettente richiama espressamente, facendole nella sostanza (e talora testualmente) proprie, le argomentazioni già addotte a sostegno dell'illegittimità costituzionale del citato art. 47 ord. penit., in riferimento ai medesimi parametri, nelle ordinanze emesse dalle Sezioni unite penali della medesima Corte in data 7 febbraio 1981 (proc. Talluto Arcangelo; r.o. 104/83) e dalla stessa prima sezione penale di questa in data 26 settembre 1983 (proc. Reinhart Marco; r.o. 171/84).

2. - Decidendo sugli incidenti di costituzionalità promossi con le citate ordd. n. 104/83 e 171/84 (nonché con altra ordinanza analoga - n. 914/83 - emessa il 17 febbraio 1983, pure nel proc. Reinhart Marco, dalla stessa prima sezione penale della Corte di legittimità), questa Corte, con la sentenza n. 185 del 1985, ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non consente che valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al servizio sociale, in caso di annullamento del provvedimento di ammissione". Come risulta dalla narrativa in fatto di detta sentenza, le fattispecie oggetto dei giudizi a quibus concernevano due casi di annullamento di provvedimenti di affidamento in prova al servizio sociale, motivati: a) dall'essere stato il trattamento disposto prima del decorso del termine minimo di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, richiesto dall'art. 47 ord. penit. ai fini dell'osservazione della personalità in istituto (proc. Talluto); b) dalla sopravvenienza di altra sentenza di condanna a pena che, cumulata con quella in relazione alla quale l'affidamento in prova era stato disposto, superava il limite di due anni e sei mesi previsto dal medesimo art. 47 come condizione per l'applicabilità della misura (proc. Reinhart).

Nel caso ora in esame, era oggetto di impugnativa innanzi alla Corte rimettente il provvedimento di revoca, da parte della Sezione di sorveglianza di Roma, dell'affidamento in prova di Ferraro Luciano precedentemente disposto dalla Sezione di sorveglianza de L'Aquila; revoca determinata dalla sopravvenuta considerazione, in sede esecutiva, di una sentenza di condanna non computata nel precedente provvedimento di cumulo e dalla conseguente fissazione della pena espianda, in sede di nuovo cumulo, in una misura superiore ai due anni e sei mesi di reclusione.

Trattasi, quindi, di un caso di caducazione del provvedimento in tutto analogo, quanto a presupposti ed effetti, a quelli precedentemente esaminati, ed in particolare a quello descritto sub b). Ed é evidente che, sul piano della valutazione di legittimità costituzionale, vanno unitariamente considerati tanto i casi di annullamento, quanto quelli di revoca per cause originarie o - come nella specie - sopravvenute di inammissibilità dell'affidamento in prova al servizio sociale: a nulla rilevando, a tali fini, la diversa denominazione dei provvedimenti terminativi.

Anche rispetto alle ipotesi di revoca fondate su ragioni diverse dall'esito negativo della prova deve, quindi, ribadirsi quanto ritenuto nella citata decisione n. 185 del 1985: che non é cioé , "neppure pensabile" - alla stregua del disposto dell'art. 13 Cost. - "che... il periodo effettivamente trascorso in affidamento in ottemperanza alle specifiche prescrizioni imposte al condannato, venga, viceversa, considerato come non mai trascorso ovvero inutilmente trascorso", con la conseguenza che esso va computato nella pena da espiare.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non prevede che valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al servizio sociale, nel caso di revoca del provvedimento di ammissione per motivi non dipendenti dall'esito negativo della prova.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 1985.

Livio PALADIN - Alberto MALAGUGINI

Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1985.