Sentenza n.301 del 1985

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SENTENZA N. 301

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 (Nuovi stipendi, paghe e retribuzioni del personale delle Amministrazionì dello Stato, compreso quello ad ordinamento autonomo) promosso con ordinanza emessa il 30 novembre 1976 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Abello Michele ed altri contro il Ministero di Grazia e Giustizia iscritta al n. 26 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 59 dell'anno 1977.

Visto l'atto di costituzione di Abello Michele ed altri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1985 il Giudice relatore Oronzo Reale.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa in data 30 novembre 1976 (n. 26 del reg. ord. 1977) l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, per preteso contrasto con gli artt. 3 e 76 della Costituzione.

A sostegno della prospettata questione si rileva che i ricorrenti, già titolari della qualifica di cancellieri o segretari di prima classe, furono inquadrati, con il decreto 4 settembre 1971, impugnato, nella qualifica unica di cancelliere o segretario in applicazione degli artt. 2 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196 e 18 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077. Conseguentemente, agli stessi é stato attribuito il trattamento economico corrispondente al parametro 218, che costituisce la più alta classe di stipendio per gli impiegati appartenenti alla carriera di concetto con la qualifica unica di segretario o equiparata.

In forza dell'art. 2, primo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, ai ricorrenti furono anche riconosciuti gli scatti di stipendio corrispondenti all'anzianità di servizio, dedotta quella necessaria (sei anni) per il raggiungimento della classe più alta di stipendio.

Gli stessi ricorrenti non avrebbero peraltro potuto ottenere il più favorevole trattamento alternativo previsto dallo stesso art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1079 del 1970, secondo cui sarebbe possibile liquidare, a favore dell'impiegato inquadrato nella qualifica unica, un trattamento economico calcolato in base all'intera anzianità di servizio, e ciò indipendentemente dal rapporto tra qualifica raggiunta (e soppressa) e classe di stipendio. In base all'anzianità di servizio é possibile identificare la classe di stipendio spettante, che in ipotesi può, ove l'impiegato abbia compiuto sei anni di servizio nella carriera, essere anche la più alta. L'eventuale anzianità eccedente i sei anni é valutabile ai fini della corresponsione degli aumenti biennali di stipendio.

Se, come pare, l'art. 2 più volte citato prevede due discipline alternative, la seconda delle quali consistente nella valutabilità integrale dell'anzianità di servizio in ordine sia alla individuazione della classe di stipendio sia alla determinazione degli aumenti biennali, questa é da ritenersi più favorevole della prima, atteso che l'impiegato, titolare di una qualifica inferiore a quella massima, può ottenere sulla base della sola anzianità di servizio compiuta nella carriera, un trattamento parametrico superiore a quello corrispondente della qualifica soppressa ed eventualmente eguale a quella dell'impiegato titolare della massima qualifica. Egli inoltre può ottenere gli aumenti biennali pari all'anzianità di servizio eccedente quella necessaria per ottenere la classe di stipendio superiore.

Ad avviso del collegio a quo tale normativa creerebbe una disparità di trattamento, con violazione dell'art. 3 della Costituzione, in danno degli impiegati che, mediante promozione, avevano già raggiunto la più alta qualifica tra quelle soppresse. Infatti, gli impiegati che avevano ottenuto qualifiche inferiori, possono ottenere un trattamento economico superiore o comunque parametricamente uguale a quello spettante agli impiegati che avevano ottenuto le qualifiche superiori; e ciò senza alcun fondamento logico.

La vigente disciplina (art. 1, comma terzo, del d.P.R. n. 1079 del 1970) concernente le qualifiche uniche prevede che il passaggio da una classe di stipendio inferiore ad una superiore non segua a promozione ma al compimento dell'anzianità di servizio, senza demerito. Ciò nonostante, l'art. 11, penultimo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 249, di delega, disponeva che in sede di disciplina dell'inquadramento degli impiegati nella qualifica unica dovevano essere garantite sia la piena valutazione del servizio prestato che la conservazione delle posizioni giuridiche ed economiche acquisite.

Tale criterio sembra essere stato disatteso dal legislatore delegato proprio con l'impugnato art. 2 in quanto, sul piano comparativo, le posizioni dei ricorrenti sarebbero state svalutate rispetto a quelle minori acquisite dagli impiegati con qualifica inferiore, ai quali ultimi é stata concessa la possibilità di ottenere un trattamento economico eguale, o, in ipotesi, superiore a quello liquidato a favore degli attuali ricorrenti. In ragione di ciò, la norma di cui all'art. 2 del d.P.R. n. 1079 del 1970, avendo alterato i rapporti nei criteri di determinazione dei trattamenti economici spettanti a distinte categorie di impiegati pubblici, titolari di distinte posizioni giuridiche ed economiche acquisite anteriormente all'inquadramento, viene ad essere investita del dubbio di costituzionalità, anche per contrasto con l'art. 76 della Costituzione.

Si suggerisce, come rimedio per superare la denunciata disparità di trattamento in danno degli impiegati che avevano già raggiunto la più alta delle categorie soppresse, di estendere anche ad essi il principio di integrale valutabilità dell'anzianità di servizio maturata nelle qualifiche soppresse (si intende: senza deduzioni). La valutazione integrale dell'anzianità potrebbe importare un aumento del trattamento parametrico per gli scatti corrispondenti ai bienni di servizio maturati nelle qualifiche soppresse.

Si costituivano i ricorrenti nel giudizio a quo instando per la declaratoria di incostituzionalità della norma impugnata, adducendo a sostegno della propria tesi argomenti coincidenti con quelli contenuti nell'ordinanza di rimessione.

 

Considerato in diritto

 

1. - La legge 18 marzo 1968, n. 249 (Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali) era intesa a stabilire (come si legge nella relazione ministeriale che ne accompagnava la proposta) "i principi fondamentali che debbono presiedere alla ristrutturazione delle carriere del personale impiegatizio, nel senso di limitare le qualifiche a quelle funzionali, secondo il principio che a ciascuna di esse devono corrispondere determinate attribuzioni. Ciò comporta, anzitutto, l'unificazione per ogni carriera delle prime tre qualifiche - le prime due per le carriere tecniche - aventi attualmente un'unica dotazione organica di posti".

In relazione al detto intendimento del legislatore, la legge n. 249 all'art. 11 (testo modificato dagli artt. 8 e 9 della legge 28 ottobre 1970, n. 775) stabilisce nel suo secondo comma che "per le nuove qualifiche che potranno risultare dalla fusione di due o più qualifiche attuali saranno previste di norma altrettante classi di stipendio, paga o retribuzione, raggiungibili allo scadere di adeguati periodi di servizio senza demerito, fermi restando nell'ambito di ciascuna qualifica o classe i normali aumenti periodici".

L'art. 2, primo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 (Nuovi stipendi, paghe e retribuzioni del personale delle Amministrazioni dello Stato, compreso quello ad ordinamento autonomo) stabilisce che "nella prima applicazione del presente decreto al personale cui compete una qualifica derivata dalla soppressione di due o più qualifiche in vigore al 30 giugno 1970, é attribuita, nella nuova posizione, la prima, la seconda o una delle successive classi di stipendio, secondo che l'interessato provenga, rispettivamente, dalla prima, dalla seconda o da una delle successive qualifiche soppresse, considerate nell'ordine di progressione in carriera, conservando l'anzianità e gli aumenti di stipendio maturati nella qualifica di provenienza, o, se più favorevole, é attribuita la classe corrispondente all'anzianità complessivamente maturata nelle qualifiche soppresse. In questo secondo caso l'anzianità eccedente rispetto a quella complessivamente richiesta per la classe conferita é riconosciuta nella classe medesima ai fini degli aumenti biennali suddetti".

2. - L'ordinanza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che ha sollevato l'incidente in discussione investe col suo dubbio di legittimità costituzionale il citato comma dell'art. 2 del d.P.R. n. 1079 del 1970 e, in ispecie, la parte di esso che stabilisce la soluzione alternativa, se più favorevole, dell'attribuzione della "classe corrispondente all'anzianità complessivamente maturata nella qualifica soppressa".

La questione é stata sollevata nel corso di un giudizio le cui fasi vanno riassunte per chiarirne i termini.

In attuazione del d.P.R. n. 1077 del 1970 nonché del ricordato d.P.R. n. 1079, il Ministero della Giustizia, con decreto 4 settembre 1971, provvide all'inquadramento nell'unica qualifica di cancelliere o segretario, dei cancellieri di prima e seconda classe e dei vice cancellieri (ex grado 9 B, 10 B, 11 B), liquidando per tutti il trattamento economico non sull'intera anzianità maturata nelle tre qualifiche unificate, ma, secondo la prescrizione dell'art. 2 del d.P.R. n. 1079, sull'anzianità eccedente "quella complessivamente richiesta per la classe conferita".

I funzionari di cancelleria già appartenenti al grado 9 B proposero ricorso al Consiglio di Stato sostenendo che ad essi, invece, ai fini degli aumenti biennali, andasse riconosciuta l'intera anzianità senza deduzione del periodo di anzianità richiesto per l'inquadramento nella terza classe di stipendio.

Con decisione n. 1130 del 1973 la IV Sezione del Consiglio di Stato ritenne infondata la tesi dei ricorrenti (nonché le loro subordinate eccezioni di illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1079); ma poiché in materia analoga, relativa all'unificazione della carriera esecutiva dello stesso Ministero della Giustizia, il Consiglio di Stato era andato, con decisione anteriore, in contrario avviso, rimise il ricorso alla decisione dell'Adunanza Plenaria.

E questa, con l'ordinanza di cui in epigrafe, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale ora all'esame della Corte, con riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione.

3. - Il fondamento delle due censure sembra possa così essere identificato nella motivazione dell'ordinanza di rimessione.

I cancellieri che venivano inquadrati nella qualifica unica provenendo dal precedente grado nono "non hanno potuto ottenere il trattamento alternativo (più favorevole) previsto dall'art. 2, primo comma, citato" secondo il quale "é possibile liquidare, a favore dell'impiegato inquadrato nella qualifica unica, un trattamento economico calcolato in base all'intera anzianità di servizio, indipendentemente dal rapporto fra qualifica raggiunta (e soppressa) e classe di stipendio"; e ciò in quanto "questo trattamento alternativo é inapplicabile come tale agli impiegati che avevano già ottenuto l'attribuzione della massima qualifica, fra quelle soppresse e sostituite dalla qualifica unica".

"In tal modo - prosegue l'ordinanza - é profilabile una disparità di trattamento, censurabile sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione, a svantaggio di impiegati che avevano già raggiunto, mediante promozioni, la più alta qualifica, fra quelle soppresse, e a vantaggio degli impiegati che avevano ottenuto qualifiche inferiori", i quali, per effetto della loro anzianità complessiva nella qualifica di provenienza, possono ottenere un trattamento eguale o superiore a quello spettante agli impiegati che avevano ottenuto le qualifiche superiori per promozione.

Tale trattamento eguale o superiore, ammette l'ordinanza, deriva dal fatto che il passaggio da una classe di stipendio inferiore ad una superiore consegue "al compimento dell'anzianità di servizio senza demerito"; ma "l'art. 11, penultimo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 249 (cioé della legge delega) dispone che in sede di disciplina dell'inquadramento degli impiegati nella qualifica unica dovevano essere garantite sia la piena valutazione del servizio prestato, sia la conservazione delle posizioni giuridiche ed economiche acquisite".

L'ordinanza prosegue riconoscendo che ai ricorrenti "é stato liquidato un trattamento economico corrispondente a quello acquisito (si intende precedentemente), tuttavia sul piano comparativo le posizioni dei ricorrenti medesimi sono state svalutate rispetto a quelle minori acquisite dagli impiegati con qualifica inferiore, ai quali é stata offerta la possibilità di ottenere la liquidazione di un trattamento economico non più corrispondente a quello liquidato nella qualifica di provenienza e comunque uguale, e a volte superiore, a quello liquidato a favore degli attuali ricorrenti". Tale situazione di disparità "può essere superata estendendo anche agli impiegati che erano titolari della più alta fra le qualifiche soppresse... il principio di integrale valutabilità dell'anzianità di servizio maturata nelle qualifiche soppresse; principio fissato dall'art. 2, primo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, relativamente agli impiegati che non avevano raggiunto la più alta fra le qualifiche sostituite da quella unica".

L'ordinanza quindi solleva "la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1079, nella parte in cui non prevede la possibilità alternativa di valutazione integrale dell'anzianità di servizio, in vista della liquidazione del trattamento economico spettante agli impiegati che avevano raggiunto la più alta fra le qualifiche soppresse, per contrasto con gli artt. 3 e 76 della Costituzione".

5. - La questione non é fondata.

Occorre, intanto, precisare, poiché in alcune espressioni della motivazione sembra annidarsi un equivoco, che il "trattamento alternativo", di cui all'art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1079, é applicabile a tutti gli impiegati soggetti al nuovo inquadramento e che la "integrale valutabilità di servizio", che l'ordinanza vorrebbe estendere anche agli impiegati titolari della più alta delle qualifiche soppresse, non é accordata dalla norma impugnata nemmeno agli impiegati provenienti dalle qualifiche inferiori. Infatti il comma primo dell'art. 2 del d.P.R. n. 1079 stabilisce che per tutti l'utilizzazione dell'anzianità complessivamente maturata nelle qualifiche soppresse ai fini del trattamento economico avviene previa deduzione dell'"anzianità complessivamente richiesta per la classe conferita".

Sotto questo profilo non esiste quindi nessun trattamento differenziato e non é configurabile una violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Il pregiudizio che il nuovo inquadramento nella qualifica unica avrebbe arrecato a coloro che appartenevano alla prima qualifica consisterebbe allora nel fatto che l'anzianità complessiva raggiunta dagli impiegati già appartenenti alle due qualifiche inferiori viene utilizzata ai fini del trattamento economico nella stessa misura che per gli impiegati appartenenti alla qualifica superiore, cioé in modo eguale per tutti gli impiegati soggetti al nuovo inquadramento. Da ciò secondo l'ordinanza deriverebbe una alterazione dei "rapporti nei criteri di determinazione dei trattamenti economici spettanti a diverse categorie di dipendenti pubblici", quindi una violazione dell'art. 3 della Costituzione, nonché il disconoscimento della "proporzionalità tra impiegati da inquadrare nella categoria unica", proporzionalità che sarebbe stata prescritta dall'art. 11 della legge delega 18 marzo 1968, n. 249, col garantire "la piena valutazione del servizio prestato e la conservazione delle posizioni giuridiche ed economiche acquisite". Dal che la violazione dell'art. 76 della Costituzione.

6. - Neanche sotto questo profilo é configurabile una violazione del principio di eguaglianza.

L'ordinanza accoglie sostanzialmente la tesi dei ricorrenti secondo la quale il loro trattamento economico era già acquisito e perciò essi non avevano bisogno, per così dire, di utilizzare, nell'applicazione della "soluzione alternativa" facoltizzata dal primo comma dell'art. 2 del d.P.R. n. 1079, parte dell'anzianità complessiva per conseguirlo.

Intanto é sicuro che la loro posizione non é stata peggiorata dalla citata norma del d.P.R. n. 1079 e quindi é assai difficile ipotizzare, come fa l'ordinanza, una violazione dell'art. 76 della Costituzione dipendente dalla pretesa inosservanza, da parte del legislatore delegato, della direttiva contenuta nell'art. 11 della legge delega 18 marzo 1968, n. 249 relativamente alla piena valutazione del servizio prestato e alla conservazione delle posizioni giuridiche ed economiche acquisite. Infatti le posizioni giuridiche sono fuori discussione in quanto da una parte non viene impugnato l'inquadramento nella qualifica unica, dall'altro l'art. 134 del d.P.R. n. 1077 del 28 dicembre 1970 dispone la conservazione dell'anzianità complessiva.

Per quanto poi riguarda la conservazione delle posizioni economiche, che costituiscono la materia del giudizio, é escluso che la norma sottoposta al giudizio di costituzionalità abbia peggiorato la posizione economica degli impiegati provenienti dalla prima delle qualifiche unificate, e la stessa ordinanza di rimessione riconosce espressamente - come si é visto - che é stato conservato il trattamento economico precedentemente acquisito.

E se non c'é violazione dell'art. 11 della legge delega, cade anche il ragionamento col quale l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nell'ordinanza di rimessione sorregge la denunzia di violazione dell'art. 3 della Costituzione per il fatto che gli impiegati provenienti dalla seconda o terza qualifica possono conseguire, nel nuovo inquadramento, un trattamento economico non inferiore a quello spettante agli impiegati provenienti dalla prima qualifica.

Infatti per effetto dell'anzianità ben potevano cancellieri di seconda classe e vice cancellieri avere già conseguito, prima del nuovo inquadramento, un trattamento economico eguale o anche superiore a quello di cancelliere di prima classe.

E dunque la lamentata parità o addirittura inferiorità del trattamento economico di questi ultimi non sarebbe creata nel nuovo inquadramento, ma preesisterebbe.

E se anche dovesse ritenersi ragionevole isolare la introdotta attribuzione di più classi di stipendio nell'ambito di una stessa qualifica, sì da prescindere dal trattamento economico complessivo, ben si potrebbe rilevare che il legislatore ai fini dell'attribuzione delle classi di stipendio ha fatto uso di criteri legati alla scelta della qualifica di provenienza e all'anzianità di servizio tanto da sfuggire a censure di irrazionalità.

Queste considerazioni, a giudizio della Corte, valgono a sorreggere la pronunzia d’infondatezza della questione sollevata dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, anche se non può disconoscersi che allorché si proceda ad operazioni di omogeneizzazione, come quella perseguita col nuovo inquadramento, singole posizioni possono risultare più favorite di altre. Ma ciò non può condurre a censurare il legislatore, anche se deve essere ad esso raccomandata la massima cautela nell'evitare che le dette operazioni portino ad eccessive discriminazioni di posizioni singole concrete.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 "nella parte in cui non prevede la possibilità alternativa di valutazione integrale di anzianità di servizio in vista della liquidazione del trattamento economico spettante agli impiegati che avevano raggiunto la più alta fra le qualifiche soppresse", sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, con l'ordinanza (n. 26 del reg. ord. 1977) di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 1985.

Livio PALADIN - Oronzo REALE

Depositata in cancelleria il 22 novembre 1985.