SENTENZA N. 150
ANNO 1985
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata il 2 luglio 1976 e riapprovata il 30 settembre 1976 dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta, avente per oggetto: "Estensione ai casi di adozione, affiliazione e affidamento familiare delle disposizioni di cui alla legge 30 dicembre 1971, n. 1204 e successive modificazioni sulla protezione della maternità ed infanzia", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 25 ottobre 1976, depositato in cancelleria il 3 novembre 1976 ed iscritto al n. 36 del registro ricorsi 1976.
Visto l'atto di costituzione della Regione Valle d'Aosta;
udito nell'udienza pubblica del 19 febbraio 1985 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;
udito l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso depositato il 3 novembre 1976, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge regionale 30 settembre 1976 della Valle d'Aosta, recante "Estensione ai casi di adozione, affiliazione e affidamento familiare delle disposizioni di cui alla l. 30 dicembre 1971, n. 1204 e successive modificazioni sulla protezione della maternità ed infanzia", in riferimento agli artt. 3 e 2 dello Statuto speciale e all'art. 3 Cost.
Premette il ricorso che il Consiglio regionale della Valle d'Aosta in data 2 luglio 1976 approvava la legge sopra indicata che veniva rinviata non vistata dal Presidente della Commissione di coordinamento, il quale osservava essere la legge in contrasto con l'art. 3 dello Statuto speciale che, in materia di previdenza ed assicurazioni sociali, attribuisce alla Regione potestà legislativa integrativa della legislazione statale al mero fine di adattarla alle condizioni regionali; apparire violato anche l'art. 3 della Costituzione, in quanto si operava una diseguaglianza di trattamento giuridico tra le lavoratrici madri a seconda che fossero o meno dipendenti della Amministrazione regionale; risultare, comunque, non osservato il limite costituito dal principio del nostro ordinamento giuridico per il quale "la tutela accordata alle lavoratrici madri dalle leggi nazionali é intesa a salvaguardare la salute psicofisica della madre e del bambino durante la gravidanza e dopo il parto quando é più grave il pericolo della loro integrità a causa delle tenui difese e resistenze organiche".
Il Consiglio regionale della Valle d'Aosta nella seduta del 30 settembre 1976 riapprovava la legge, considerando che questa regola la materia dello stato giuridico ed economico del personale, attribuita dall'art. 2, lett. a) dello Statuto alla competenza legislativa esclusiva della Regione; che pertanto non può parlarsi di disparità di trattamento tra dipendenti dell'Amministrazione regionale e persone che non rivestono tale qualifica. Infine, si sottolineava che, diversamente da quanto rilevato in sede di rinvio, la condizione della madre naturale nel primo anno di vita del bambino deve considerarsi identica a quella della madre affidataria nel primo anno dell'affidamento, indipendentemente dalla età del bambino.
Il Governo della Repubblica, nel chiedere la dichiarazione d’illegittimità per gli stessi motivi già comunicati alla Regione in occasione del rinvio, osservava che le leggi nazionali, le quali assicurano la tutela delle lavoratrici madri, danno attuazione ai principi sanciti dagli artt. 31 e 37 della Costituzione. La tutela così accordata trascende, per il suo stesso fondamento, l'angusto ambito del rapporto d'impiego e trova la sua sede naturale nel settore dell'assistenza e della previdenza sociale; che, pertanto, legiferando come ha fatto la Regione, verrebbero a crearsi ingiustificate discriminazioni nei confronti di soggetti in identica condizione, nella specie costituita non dalla aleatoria ed irrilevante dipendenza da uno anziché da altro datore di lavoro, bensì dall'identico attributo di lavoratrice-madre (affidataria o adottiva); affermandosi, da ultimo, che i motivi sui quali riposa il fondamento della tutela accordata dalle leggi vigenti alla maternità e alla infanzia, non possono essere estesi fino ad abbracciare l'ambientamento al contesto familiare dell'infante, ma si arrestano alla più semplice e primaria esigenza di tutelare la salute della madre e l'integrità del bambino nel momento in cui egli non ha ancora raggiunto la soglia dell'autosufficienza.
Si é costituita in giudizio, con controricorso in data 23 novembre 1976, la Regione autonoma della Valle d'Aosta deducendo che il motivo attinente alla pretesa violazione dell'art. 3 dello Statuto non appare fondato in quanto giudice delle condizioni regionali ivi contemplate é il Consiglio regionale, che può valutarle sotto molteplici profili.
Quanto agli altri motivi si osserva che non può non rilevarsi la contraddizione in cui l'impugnativa cade negando alla Regione il potere di dare una moderna e razionale applicazione alle norme degli artt. 31 e 37 della Costituzione, esercitando sia i poteri primari di cui all'art. 2, lett. a) dello Statuto che quelli di integrazione ed attuazione di cui all'art. 3, sussistendo per la materia previdenziale ed assistenziale ivi contemplata puntuale nesso con gli artt. 31 e 37 Cost.
Inoltre, l'art. 3 della Costituzione é male invocato, in quanto "la situazione giuridica della dipendente regionale non si identifica con quella dei dipendenti dei privati o di altri enti pubblici".
Nel complesso del trattamento del personale regionale può ben trovare sede una norma che tuteli i bambini, affidati, adottati o affiliati dalle dipendenti al fine di inserirli nella nuova famiglia, senza che con ciò si violi l'art. 3 della Costituzione.
Nell'udienza pubblica del 19 febbraio, non comparsa la Regione, l'Avvocato dello Stato ha confermato le conclusioni già rese, dichiarandosi, peraltro, non contrario ad una pronuncia di cessazione della materia del contendere, in forza di ulteriore normativa dello Stato, concernente la specifica tutela delle lavoratrici, per effetto di adozione o affidamento di minori (legge 9 dicembre 1977, n. 903).
Considerato in diritto
1. - L'assunto iniziale del ricorso promosso dal Governo della Repubblica avverso la legge regionale in epigrafe, estensiva nei confronti delle dipendenti regionali della protezione della maternità naturale, di cui alla legge 30 dicembre 1971, n. 1204, per effetto di adozione, affiliazione o affidamento di minori, muove da due distinte considerazioni. Di disparità, ai sensi dell'art. 3 Cost., con identiche fattispecie, concernenti, cioé, lavoratrici non dipendenti dell’Amministrazione regionale della Valle d'Aosta; di conseguente insuscettibilità della normazione integrativa regionale, in tema di previdenza e assistenza (art. 3 dello Statuto), di operare adattamenti di sorta alle condizioni regionali, senza che - peraltro - possa essere utilizzata la più ristretta potestà normativa organizzatoria di cui al precedente art. 2.
2. - La questione non é fondata.
Ancorché, la materia de qua in termini di finalità obiettive generali abbia a ritenersi ricompresa tra quelle contemplate nell'art. 3 dello Statuto speciale approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, attributivo di normazione integrativa delle leggi della Repubblica, le disposizioni impugnate concernono specificamente, a queste limitandosi, le dipendenti degli uffici regionali, il cui ordinamento organicamente rientra nella potestà legislativa primaria della Regione medesima, giusta il richiamato art. 2 del relativo Statuto.
Sicché appare incontroverso che, statuendo come ha statuito, il Consiglio della Valle d'Aosta non aveva inteso incidere su scelte o principi fondamentali per cui dovesse ritenersi dubbia in origine, secondo le considerazioni dell'Avvocatura, la inerente competenza. Bensì, il Consiglio si é rivolto ad operare nel circoscritto ambito di regolamentazione dello status dei propri dipendenti, così come - per i congedi protettivi della gravidanza e del puerperio - erasi già operato, da parte della stessa normazione nazionale, per l'area del pubblico impiego statale (art. 41 del testo unico approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3).
Ed é nell'esercizio della regolamentazione dello stato giuridico, appunto, che l'organo legislativo regionale ravvisa di dar più ampia e compiuta significazione positiva agli enunciati costituzionali, protettivi della famiglia comunque formatasi, con la connessa inscindibile tutela della lavoratrice.
3. - D'altronde, proprio a tali principi - riconducibili agli artt. 31 e 37, primo comma, Cost. - si é in tempi immediatamente successivi adeguata la legislazione dello Stato (onde, la subordinata richiesta dell'Avvocatura di una pronuncia di cessazione del contendere) sia con la legge 9 dicembre 1977, n. 903, in tema di parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro; sia, ancora, in ambito più proprio, con la legge 4 maggio 1983, n. 184 disciplinante l'adozione e l'affidamento dei minori.
Esorbita, in ogni caso, dai termini della presente controversia il quesito se il legislatore regionale abbia a tener presente, per poi riferirvisi, le modalità statuite da normazione siffatta, successiva - come qui chiarito - alla legge formante oggetto dell'odierno giudizio (cfr., in conforme senso il titolo IV - congedi ed aspettative - art. 91, lett. h della legge 31 agosto 1981, n. 53 della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del disegno di legge della Regione autonoma Valle d'Aosta "Estensione ai casi di adozione, affiliazione e affidamento familiare delle disposizioni di cui alla l. 30 dicembre 1971, n. 1204 e successive modificazioni sulla protezione della maternità ed infanzia" approvato il 2 luglio 1976 e riapprovato il 30 settembre dello stesso anno, sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dal Governo della Repubblica, in riferimento agli artt. 3 Cost. e 3 e 2 dello Statuto speciale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1985.
Leopoldo ELIA - Giuseppe BORZELLINO
Depositata in cancelleria il 9 maggio 1985