Sentenza n.114 del 1985

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SENTENZA N. 114

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge 9 dicembre 1983, n. 681 di conversione del d.l. 18 ottobre 1983, n. 568 concernente "Proroga delle gestioni esattoriali e delle ricevitorie provinciali delle imposte dirette nonché delle tesorerie comunali e provinciali", promossi con ricorsi del Presidente della Regione Trentino-Alto Adige, notificati rispettivamente il 22 novembre 1983 e il 9 gennaio 1984, depositati in cancelleria il 30 novembre 1983 e il 16 gennaio 1984 ed iscritti al n. 38 del registro ricorsi 1983 e al n. 1 del registro ricorsi 1984.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1984 il Giudice relatore Oronzo Reale;

udito l'Avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Il d.l. 18 ottobre 1983, n. 568, all'art. 1 (tenuto fermo dalla legge di conversione 9 dicembre 1983, n. 681) dispone che "la gestione delle esattorie comunali e consorziali e delle ricevitorie provinciali delle imposte dirette, nonché delle tesorerie comunali e provinciali, in corso per il periodo 1975-1983 é prorogata alle medesime condizioni fino al 31 dicembre 1984".

Con due distinti ricorsi di analogo contenuto la Regione Trentino-Alto Adige ha impugnato sia la disposizione del decreto sia la norma di conversione per violazione dell'art. 5, n. 1, dello Statuto T.A.A., in quanto la proroga avrebbe leso la potestà legislativa concorrente della Regione in materia di ordinamento dei comuni.

Premesso che ogni comune, per disposizione di legge statale, oltreché regionale, deve avere un servizio di tesoreria; che ove a ciò il comune non provveda direttamente l'esattore delle imposte deve assumere direttamente l'esazione delle entrate, nonché il pagamento delle spese; che la tesoreria rientra tra gli uffici del comune, ente che ha il potere di organizzazione dei propri servizi secondo le forme ritenute rispondenti alla funzionalità degli uffici, in attuazione del pubblico interesse; la Regione sostiene che il servizio di tesoreria dà luogo ad una impresa titolare di un pubblico ufficio e che il rapporto di tesoreria trova la propria fonte in un contratto amministrativo posto in essere tra il tesoriere e l'ente territoriale.

Perciò il rapporto di tesoreria deve essere tenuto nettamente distinto da quello di esattoria e il servizio di tesoreria non riguarda lo Stato, ma solamente l'ente locale al quale é riservato di decidere sulla materia nell'ambito della propria autonomia.

La norma impugnata ha confermato, nel prorogare la gestione delle esattorie comunali e delle ricevitorie provinciali delle imposte dirette nonché delle tesorerie comunali (e provinciali), la misura dell'aggio in corso ed ha dato ai soli esattori comunali (e provinciali) la possibilità di rinunciare alla proroga. Tale disposizione sarebbe chiaramente invasiva della competenza legislativa concorrente della Regione T.A.A., poiché, nell'ordinamento dei comuni rientra necessariamente la disciplina del servizio e dell'ufficio di tesoreria.

L'incostituzionalità della norma denunciata apparirebbe ancora più evidente in quanto di fatto impedirebbe al legislatore regionale di porre in essere qualunque disciplina concernente tale settore prima della scadenza della data di proroga.

Dovrebbe pertanto essere negata a tale norma statale la natura di statuizione di principio, in quanto sopprimerebbe ogni possibilità di legislazione locale.

Si ricorda al riguardo la negativa valutazione dottrinale relativa a quelle "norme-principio" che sottraggono al legislatore locale la disciplina di specie o di dettaglio, evidenziando che é, conseguentemente ed a maggior ragione, ancor più sicuro il giudizio di incostituzionalità concernente le norme cornice che impediscono alla regione di completare il quadro se non nei dettagli.

Caratteristica precipua delle norme cornici sarebbe dunque quella di non poter produrre da sé tutti gli effetti di cui sarebbero potenzialmente capaci, in quanto solo attraverso il tramite delle prescrizioni di dettaglio potrebbero produrre completa efficacia.

Nel caso di specie ci si trova di fronte ad una disposizione che avrebbe chiaro carattere applicativo, tanto che impedirebbe fino alla data di scadenza della proroga ogni forma di legislazione regionale al riguardo.

Si sottolinea ancora che proprio in ragione del ritenuto carattere autoapplicativo, la normativa in questione si sostituirebbe di fatto non solo al legislatore regionale, ma anche alla potestà dei comuni di organizzare i propri servizi, cosa questa che integrerebbe una lesione dell'autonomia comunale, garantita dall'art. 128 della Costituzione.

La Regione chiede inoltre la sospensione dell'esecuzione della normativa impugnata. Pur riconoscendo che la legge 11 marzo 1953, n. 87, attribuisce esplicitamente alla Corte costituzionale il potere cautelare di sospensione dell'atto impugnato solo nei casi di conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni (ovvero tra Regioni), la Regione ricorda come in dottrina si sia affermato un orientamento, riferito in particolare alle cosiddette leggi autoapplicative, secondo cui il silenzio serbato al riguardo dal legislatore non precluderebbe una soluzione positiva del problema, ove si desideri che la tutela giudiziaria sia effettiva.

Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, costituitasi in rappresentanza del Presidente del Consiglio, la norma denunziata di incostituzionalità, nel ripetere nella sostanza il disposto del comma primo dell'art. 30 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, che a suo tempo prorogò al 31 dicembre 1974 il decennio di appalto 1964-1973 delle esattorie e delle tesorerie, si ricollega all'art. 31 dello stesso decreto disponendo la proroga al 31 dicembre 1984 dei rapporti in corso per il periodo 1975-1983.

Dal disposto dell'art. 2, che non menziona i tesorieri tra i soggetti facultizzati a non avvalersi della disposizione di proroga, e dalla relazione al disegno di legge governativo, che non menziona nel richiedere la conversione in legge del d.l. n. 568 del 1983, se non le sole tesorerie gestite da esattori, si evincerebbe che la disposizione impugnata non riguarda i rapporti di tesoreria in sé considerati, ma le gestioni esattoriali cui siano venuti ad inerire rapporti di tesoreria.

Nel ricorso concernente l'articolo unico della legge di conversione n. 681 del 1983, la difesa della Regione T.A.A., nel prendere atto di tale tesi dell'Avvocatura dello Stato, non ritiene che tale sforzo ermeneutico sia consentito dalla lettera dell'art. 1 del decreto impugnato, né che una interpretazione siffatta sia conclusiva ai fini della reiezione del ricorso.

Infatti, ove pure la disposizione impugnata si riferisse solamente alle gestioni esattoriali cui siano venuti ad inerire rapporti di tesoreria, "i relativi rapporti di tesoreria ed esattoria resterebbero comunque, a livello costituzionale, distintamente disciplinati", come risulterebbe dalla giurisprudenza formatasi al riguardo.

Con memoria presentata in prossimità dell'udienza del 15 maggio 1984 le parti hanno insistito nelle rispettive tesi.

In particolare la Regione ha respinto l'interpretazione limitatrice della norma impugnata sostenuta dall'Avvocatura, la quale, anche se fosse fondata, non toglierebbe interesse alla impugnazione della Regione.

L'Avvocatura ha difeso la sua interpretazione riduttiva sostenendo che il legislatore nazionale avrebbe solo disposto sulla durata dei rapporti esattoriali in atto; l'estensione della proroga ai connessi rapporti di tesoreria deriverebbe appunto dalla ritenuta connessione di tali rapporti con quelli di esattoria.

Per l'intervenuta scomparsa del giudice Maccarone, la causa é stata nuovamente discussa all'udienza del 12 dicembre 1984 nella quale la difesa della Regione e della Presidenza del Consiglio hanno insistito nelle loro rispettive conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Come esposto in narrativa, l'art. 1 del d.l. 18 ottobre 1983, n. 568 (articolo non modificato dalla legge di conversione 9 dicembre 1983, n. 681) dispone che "la gestione delle esattorie comunali e consorziali e delle ricevitorie provinciali delle imposte dirette, nonché delle tesorerie comunali e provinciali, in corso per il periodo 1975-1983, é prorogata alle medesime condizioni fino al 31 dicembre 1984". (Un'ulteriore proroga al 31 dicembre 1985 é stata disposta nei medesimi termini con la legge 21 dicembre 1984, n. 867).

La Regione Trentino-Alto Adige con due distinti ricorsi di analogo contenuto ha impugnato come incostituzionali sià le disposizioni del citato art. 1 del d.l. n. 568, sia la conversione in legge del decreto, in quanto (nella parte in cui dispone la proroga della gestione anche delle tesorerie comunali) "invasiva della competenza legislativa della Regione Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento dei comuni".

2. - Il sistema di riscossione delle imposte dirette, della cui proroga si tratta, é così regolato nel d.P.R. 15 maggio 1963, n. 658 (t.u. delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette).

Alla riscossione delle entrate tributarie dello Stato, delle regioni, dei comuni e di altri enti, esigibili con ruoli esecutivi dall'autorità finanziaria, provvedono gli esattori comunali e consorziali ed i ricevitori provinciali in via ordinaria e i delegati governativi in via straordinaria (art. 1). Per il conferimento delle esattorie alla scadenza, per mancata conferma, del decennio della loro gestione, il Prefetto, prima che sia indetta l'asta pubblica, invita i comuni a stabilire se il servizio di tesoreria debba essere affidato all'esattore o separatamente dall'esattoria a una azienda di credito e nel caso che i comuni non abbiano deciso entro il termine fissato, o abbiano deciso per la gestione della tesoreria separata da quella della esattoria, l'asta si tiene soltanto per il conferimento dell'esattoria (art. 21). L'esattoria su richiesta del comune é obbligata a disimpegnare il servizio di tesoreria comunale con l'osservanza di tutte le norme relative al servizio stesso (art. 73).

La legge delega per la riforma tributaria 9 ottobre 1971, n. 825, pur ponendo tra i criteri della delega quello della "estensione del sistema di ritenuta alla fonte" (art. 10, n. 5), non si occupò della sorte del vigente sistema esattoriale, che rimase immutato con il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, il quale previde (artt. 30 e 31) la proroga e conferma delle gestioni esattoriali il cui decennio scadeva nel 1973 fino al 31 dicembre 1983. Tale proroga decennale (disposta anche per consentire un riesame della situazione al fine di pervenire a un nuovo assetto del sistema di riscossione delle imposte dirette), ancorché coinvolgente pure la proroga della gestione delle tesorerie comunali, non fu impugnata dalla Regione Trentino-Alto Adige.

E ciò benché lo Statuto speciale di rango costituzionale, attribuisca alla Regione l'emanazione di norme legislative in materia di "ordinamento dei comuni" (art. 5, n. 1), e la legge regionale 21 ottobre 1963, n. 29 (ordinamento dei comuni) contenesse all'art. 73, una norma facente obbligo all'esattore delle imposte dirette, ove il comune non provveda diversamente al servizio di tesoreria, di assumere "l'esazione delle entrate ed il pagamento delle spese, a norma della legge (statale) sulla riscossione di tali imposte".

3. - La successiva proroga per un anno della gestione (fra l'altro) delle tesorerie comunali, disposta col d.l. n. 568 del 1983, é stata invece impugnata, come si é già detto, dalla Regione Trentino-Alto Adige per violazione dell'art. 5, n. 1, dello Statuto; né costituisce ostacolo alla proposizione del ricorso la mancata precedente impugnazione della proroga al 31 dicembre 1983, che l'Avvocatura sottolinea senza tuttavia volerne trarre alcuna conseguenza sulla ammissibilità dello stesso ricorso.

Nel suo ricorso la Regione afferma che l'inciso "nonché delle tesorerie comunali e provinciali" comprende tutte le tesorerie, anche quelle non annesse alle esattorie; la difesa dello Stato nega tale estensione argomentando dal complesso della legge e dalle sue finalità. Ma la disputa non ha alcun pregio.

Innanzi tutto essa potrebbe essere parzialmente rilevante solo sulla premessa, non affermata da alcuna delle due difese, che nella Regione Trentino - Alto Adige esistano tesorerie comunali a gestione separata da quella delle esattorie. In ogni caso é decisiva la considerazione - fatta dalla difesa regionale e non contestata da quella dello Stato - che la questione proposta con il ricorso dovrebbe sempre essere esaminata e l'eventuale accoglimento di essa per le tesorerie annesse alle esattorie si estenderebbe automaticamente alle tesorerie separate dalle esattorie, se nella Regione ne esistessero.

4. - Escludendo che al provvedimento legislativo impugnato possa essere riconosciuta la natura di "statuizione di principio" prevalente sulla potestà legislativa della Regione, o comunque di statuizione di principio non lesiva di tale potestà, su di che non esiste contestazione da parte dell'Avvocatura dello Stato, la Regione sostiene che la violazione dell'art. 5, n. 1, dello Statuto regionale sta nel fatto che il provvedimento di proroga della gestione delle esattorie comunali "impedisce al legislatore regionale di porre in essere una qualsivoglia disciplina" che possa avere efficacia prima della scadenza della proroga.

La censura é fondata. Il citato art. 5, n. 1, dello Statuto speciale dispone che nei limiti stabiliti dalla legge dello Stato (oltre che in quelli indicati nell'art. 4 Statuto: principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, obblighi internazionali, interessi nazionali, norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica) la Regione emana provvedimenti legislativi sulla materia "ordinamento dei comuni". E la legge regionale T.A.A. del 21 ottobre 1963, n. 29 (Ordinamento dei comuni), che costituisce estrinsecazione di tale potestà legislativa, regola all'art. 73 le tesorerie comunali e dispone, al pari della legge statale, che "ove non si provveda diversamente" i servizi di tesoreria sono assunti dall'esattore delle imposte.

Ne consegue che nella Regione Trentino-Alto Adige le tesorerie comunali sono annesse alle esattorie in virtù della legge regionale, e più precisamente che i comuni in tanto hanno potuto consentire a mantenere le loro tesorerie in gestione congiunta a quella delle esattorie, dopo la scadenza del precedente periodo di proroga, in quanto la legge regionale a ciò li autorizzava. Non poteva dunque lo Stato (sia pure con la motivazione di voler disporre, come si propone nel disegno di legge attualmente all'esame del Parlamento, una totale riforma della disciplina dei servizi di riscossione dei tributi, e in particolare del sistema di remunerazione di tali sevizi, con la cessazione del sistema degli aggi, la cui misura é stata già ridotta, per i versamenti diretti da parte del contribuente, prima all'80% poi al 60% di quelli dovuti per la riscossione mediante ruoli), con una disposizione non avente natura di principio, ma vincolante anche per la Regione Trentino-Alto Adige, impedire a questa di disporre legislativamente in materia, per esempio prescrivendo o consentendo ai comuni la gestione separata delle tesorerie.

La decisione nel merito della questione sollevata dispensa la Corte dal prendere in considerazione la domanda di sospensione dell'esecuzione della normativa impugnata proposta col ricorso.

Poiché come si é più avanti ricordato, l'art. 1, lett. c, della legge 21 dicembre 1984, n. 867 dispone la ulteriore proroga fino al 31 dicembre 1985 della gestione (fra l'altro) delle tesorerie comunali, già prorogata fino al 31 dicembre 1984 con la norma impugnata dalla Regione, la dichiarazione di illegittimità di tale norma va estesa, in virtù dell'art. 27 della legge 1. 1 marzo 1953, n. 87, al citato art. 1, lett. c, della legge n. 867 del 1984.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 1, n. 1, del d.l. 18 ottobre 1983, n. 568, convertito in legge 9 dicembre 1983, n. 681, nonché(in applicazione dell'art. 27 della legge 1 1. marzo 1953, n. 87) dell'art. 1, lett. c, della legge 21 dicembre 1984, n. 867, nella parte in cui prorogano la gestione delle esattorie comunali relativamente alla Regione Trentino-Alto Adige.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 aprile 1985.

Leopoldo ELIA - Oronzo REALE

Depositata in cancelleria il 23 aprile 1985.