Sentenza n.293 del 1984

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 293

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

          Prof. Giuseppe BORZELLINO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 41 e 367 del codice di procedura civile promosso con l'ordinanza emessa il 25 gennaio 1979 dal Pretore di Roma sul ricorso proposto da Pucello Giuliana ed altri contro istituto Poligrafico dello Stato, iscritta al n. 252 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 154 dell'anno 1979.

Visti gli atti di costituzione di Pucello Giuliana ed altri nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 ottobre 1984 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi l'avvocato Roberto Muggia, per Pucello Giuliana ed altri e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento civile promosso da Pucello Giuliana e da altri nei confronti dell'Istituto Poligrafico dello Stato per ottenere sentenza di condanna dell'ente alla corresponsione di differenze retributive, il Pretore di Roma, essendo stato proposto dall'Istituto convenuto regolamento preventivo di giurisdizione, ha sollevato su iniziativa dei ricorrenti, con ordinanza del 25 gennaio 1979 (reg. ord. n. 252 del 1979), questione di legittimità costituzionale degli artt. 41 e 367 c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost..

Il giudice a quo ha rilevato che la sospensione necessaria del processo a seguito della proposizione di regolamento preventivo di giurisdizione - verificatasi, nella specie, nel corso dell'istruttoria disposta dallo stesso giudice proprio al fine di acquisire elementi di fatto indispensabili per valutare la natura pubblicistica o privatistica dell'istituto convenuto - si pone in contrasto con il principio costituzionale della parità delle parti nel processo e con la garanzia costituzionale del diritto di difesa.

Ha, al riguardo, considerato che l'istituto del regolamento preventivo, nella sua attuale disciplina, consente alla parte, che intende proporlo, di scegliere il momento processuale a lei più favorevole sotto il profilo istruttorio; donde la violazione del principio di parità e, quindi, dell'art. 3 Cost..

Con riferimento, poi, al profilo di incostituzionalità ex art. 24 Cost., il giudice a quo - premesso che con sentenza di questa Corte n. 73 del 1973 era stata dichiarata infondata analoga questione sul duplice rilievo della possibilità per le parti di fornire prove documentali nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione e della natura non vincolante della decisione resa dalla stessa Corte in relazione al merito della causa - ha osservato che la pronunzia sulla giurisdizione può pregiudicare il merito e che non é possibile distinguere, nell'ambito delle attività istruttorie, tra prove documentali e altri tipi di prove, riferendo di fatto solo alle prime la garanzia costituzionale di cui all'art. 24 Cost..

Nel giudizio si sono costituiti, chiedendo che la questione sia dichiarata fondata, i ricorrenti, i quali hanno depositato memorie.

É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

L'interventore ha sottolineato che la questione ha per oggetto norme procedurali relative ai poteri giurisdizionali del giudice a quo in pendenza del regolamento di giurisdizione, nello specifico ambito dell'attività istruttoria esperibile ai fini (non già della decisione del merito, bensì) proprio dell'accertamento della sussistenza o meno della giurisdizione ordinaria, poteri giurisdizionali la cui delimitazione é ormai devoluta alla Corte di Cassazione: donde l'inammissibilità della proposta questione di costituzionalità.

L'interventore ha sostenuto che, comunque, tale questione é infondata in considerazione, per un verso, della discrezionalità - entro i limiti di ragionevolezza - da riconoscere al legislatore nella regolamentazione dei modi della tutela giurisdizionale, per altro verso del potere delle parti di fornire alla Corte di Cassazione - che comunque é chiamata a valutare i presupposti di fatto della giurisdizione - nuove prove documentali.

Con successiva memoria ha insistito pregiudizialmente nel chiedere che sia dichiarata l'inammissibilità della questione, rilevando in particolare che le Sezioni Unite hanno medio tempore, con la sentenza n. 3826 del 1979, deciso irretrattabilmente sulla giurisdizione, alla cui verifica la questione di legittimità costituzionale era incidentale, negando la giurisdizione del giudice adito.

Considerato in diritto

1. - Come si desume dalla narrativa, il giudice a quo - discutendosi se la giurisdizione spettasse al giudice ordinario o a quello amministrativo, ed essendo stato proposto regolamento preventivo - ha sospettato di illegittimità costituzionale il combinato disposto degli artt. 41 e 367 c.p.c. sotto il particolare profilo dell'incidenza che esso spiega sulla prova in tema di giurisdizione.

Ha sottolineato al riguardo come la normativa denunciata imponga, per il caso di intervenuta proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione, la sospensione di un'attività istruttoria in punto a giurisdizione diretta, come quella del giudice a quo, all'accertamento dei fatti rilevanti senza limitazione di mezzi di prova, e devolva correlativamente il giudizio alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, costrette dalla peculiarità del rito a valutare i soli documenti già acquisiti (art. 372 c.p.c.) o al più (secondo un'interpretazione meno rigorosa della detta disposizione) ad acquisire soltanto nuovi documenti (con esclusione di altri mezzi di prova).

L'illegittimità del congelamento o della limitazione dell'attività istruttoria che vengono in tal modo a determinarsi é prospettata con riferimento a due parametri:

a) all'art. 3 Cost. in quanto, dandosi alla parte, alla cui tesi in punto di giurisdizione siano favorevoli i risultati istruttori in un dato momento, il potere di determinare unilateralmente, mediante la proposizione del regolamento preventivo, gli effetti suindicati, sarebbe violato il principio della parità delle parti nel processo (la regola del combattimento ad armi pari);

b) all'art. 24 Cost. in quanto gli effetti suindicati costituirebbero comunque violazione del diritto di difesa considerato come diritto alla prova.

Va tuttavia rilevato che i due profili di illegittimità danno vita a una questione sostanzialmente unica. Invero, a parte che la violazione del principio del combattimento giudiziale ad armi pari ferisce l'art. 24 Cost. non meno che l'art. 3 Cost., il vizio normativo denunciato consiste, al di là della prospettazione, non già nella possibilità che il congelamento o la limitazione della prova intervengano su iniziativa della parte che in un dato momento la reputi a sé più favorevole e malgrado l'altra parte, bensì nella possibilità stessa che il congelamento o la limitazione in sé considerati intervengano.

2. - L'eccezione di inammissibilità sollevata dall'interventore nella memoria (sopravvenuta decisione del regolamento preventivo da parte della Corte regolatrice nel senso della negazione della giurisdizione del giudice a quo) - a parte ogni dubbio sulla sua fondatezza in relazione al carattere del dedotto ostacolo preclusivo (irrilevanza successiva) - rimane comunque assorbita da una diversa e preliminare ragione di inammissibilità della questione stessa.

Si tratta di una ragione di inammissibilità, che (sia o no adombrata, come potrebbe ritenersi, nell'atto di intervento) la Corte ritiene di dovere rilevare d'ufficio.

L'illegittimità prospettata risiede non tanto nella inibizione della attività istruttoria nei confronti del giudice a quo e nella rimessione di tale attività ad altro giudice, quanto nelle peculiarità probatorie del procedimento davanti al giudice ad quem, cioé alla Corte di Cassazione, o meglio nella loro estensione al giudizio della detta Corte sulla giurisdizione (solo indirettamente le denunciate carenze del procedimento davanti alla Cassazione possono riflettersi sulla legittimità dell'intero istituto del regolamento preventivo). Sicché unicamente la Cassazione, - di fronte a cui quel procedimento, con quelle peculiarità, si svolge, ed ai fini del cui (solo) giudizio l'eliminazione del vizio é pertanto rilevante - può postularla, e non anche il giudice a quo. Né, per giungere a conclusione opposta, varrebbero gli argomenti adducibili a favore della rilevanza per il giudice adito ex art. 700 c.p.c. delle questioni relative alla legittimità della privazione nei suoi confronti di un potere di decidere su richieste di provvedimenti di urgenza anticipatori non devoluto medio tempore ad altro giudice.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., degli artt. 41 e 367 c.p.c. sollevata dal Pretore di Roma con ordinanza del 25 gennaio 1979.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1984.

 

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO

 

Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1984.