SENTENZA N. 291
ANNO 1984
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv Albero MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LAPERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, lett. b, del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (t.u. delle norme concernenti gli assegni familiari), promosso con ordinanza emessa il 17 marzo 1977 dal Pretore di Ancona sul ricorso proposto da Antonini Patrizio contro l'INPS, iscritta al n. 473 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 334 dell'anno 1977.
Visto l'atto di costituzione dell'INPS;
udito nell'udienza pubblica del 29 maggio 1984 il Giudice relatore Oronzo Reale;
udito l'avv. Giacomo Giordano per l'INPS.
Ritenuto in fatto
Nel corso di una causa di lavoro avente ad oggetto la richiesta, avanzata da Patrizio Antonini, nei confronti dell'INPS, di ottenere la corresponsione degli assegni familiari per il proprio nonno a suo carico, vivente peraltro il genitore dell'istante che aveva abbandonato la famiglia e senza che per esso l'Antonini percepisse gli assegni familiari, il pretore di Ancona, con ordinanza datata 17 marzo 1977 (n. 473 del reg. ord. 1977), sollevava - con riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione - questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 8, lett. b, del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 "Testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari", nella parte in cui detta norma subordina la corresponsione degli assegni familiari a favore degli ascendenti in linea diretta al godimento degli assegni a favore del genitore da essi discendente ovvero alla morte dello stesso, escludendo l'ipotesi dell'abbandono.
A sostegno del dedotto dubbio di illegittimità costituzionale, il giudice a quo pone in risalto che:
- gli assegni familiari, ex art. 10 del citato d.P.R. n. 797 del 1955, spettano al lavoratore per l'ascendente quando il genitore del lavoratore é ricoverato in casa di cura o di assistenza mentre non spetta ove detto genitore abbia abbandonato la famiglia;
- gli assegni familiari, ex art. 8, lett. b, del citato d.P.R., spettano al lavoratore per l'ascendente ove i discendenti di questi, genitori del lavoratore stesso, siano deceduti e non, invece, quando abbiano abbandonato la famiglia;
- gli assegni familiari, ex art. 3 del d.P.R. più volte citato, spettano per i nipoti ex-filio senza particolari condizioni concernenti la posizione dei genitori dei nipoti stessi, essendo sufficiente che questi siano abbandonati dal padre.
Ad avviso del pretore di Ancona, le surricordate disposizioni regolerebbero in maniera diversa situazioni che presenterebbero invece connotati analoghi e sarebbero perciò da trattare in maniera conforme. Donde la violazione dell'art. 3 nonché dell'art. 38 della Costituzione, in quanto verrebbe leso il "diritto alla assistenza sociale per chi sia sprovvisto dei mezzi necessari per vivere".
Si é costituito l'INPS, parte nel giudizio a quo, chiedendo che le proposte questioni vengano dichiarate non fondate.
Negando la violazione dell'art. 38 della Costituzione, la difesa INPS ricorda la giurisprudenza della Corte, secondo cui non tutte le situazioni di bisogno, pur meritevoli di tutela, devono trovare soddisfazione nell'attuale sistema legislativo, che ben può subire modifiche, nel senso dell'ampliamento, attraverso l'opera del legislatore, cui spetta il compito di graduare nel tempo i suoi interventi, in considerazione dei bisogni emergenti, della situazione dei soggetti, ma anche in relazione al reperimento dei mezzi finanziari.
Ad avviso dell'INPS non sussisterebbe neppure la disparità di trattamento lamentata dal giudice a quo tra le situazioni poste a raffronto. Il riferimento all'art. 10 del d.P.R. n. 797 del 1955 non appare pertinente, poiché nel caso di ricovero in istituto di cura o di assistenza, l'assegno spetta solo per le persone per le quali é prevista la corresponsione dell'assegno e quando esse debbano corrispondere per il ricovero una retta non inferiore all'assegno di cui godono.
L'INPS nega poi che il decesso sia concetto o situazione equiparabile all'abbandono, donde la legittimità del differente trattamento normativo delle due ipotesi.
La difesa dell'INPS infine contesta la equiparabilità, quoad requisiti per la corresponsione degli assegni familiari, tra la posizione dei nipoti ex-filio e quella del nonno del lavoratore, in quanto sarebbe palese la ragione del trattamento differenziato stabilito dal legislatore, dato che la sostanziale difformità tra le due situazioni emergerebbe sotto molteplici aspetti (familiare, sociale ed economico).
Considerato in diritto
1. - La situazione di fatto in ordine alla quale il pretore di Ancona solleva questione di legittimità costituzionale é la seguente: il Patrizio Antonini, abbandonato fin dall'infanzia dal padre emigrato in Francia tanto che il nonno, del quale era vissuto a carico, aveva percepito gli assegni per esso Antonini, a sua volta, vivendo ora il nonno a carico di lui, chiedeva che l'INPS gli corrispondesse gli assegni per il nonno medesimo a norma dell'art. 8 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797. L'INPS negava di dovere gli assegni perché il genitore dell'istante non era morto (né si verificava l'altra ipotesi che per lui il figlio percepisse gli assegni).
Il pretore dubita della conformità agli artt. 3 e 38 della Costituzione di questa limitazione del diritto dell'istante al solo caso di morte del genitore, con l'esclusione del caso di abbandono, che il pretore considera equivalente, e che tale é considerato dall'art. 3 dello stesso d.P.R. n. 797 il quale accorda gli assegni al prestatore di lavoro che abbia a carico nipoti per la morte o l'abbandono... del loro padre.
2. - La questione é fondata.
La evidente restio della disposizione dell'art. 8 del d.P.R. n. 797 sta in ciò che allorquando viva il padre del lavoratore tocchi a lui, discendente immediato, e non al nipote, di provvedere agli alimenti per suo padre (cioé per il nonno del lavoratore), a meno che non sia il lavoratore tenuto all'obbligo alimentare verso il padre e che quindi abbia diritto a percepire gli assegni per il padre, stesso, Insomma, il diritto agli assegni per l'ascendente spetta al figlio quando é questi tenuto all'obbligo alimentare; spetta al nipote quando - non dovendo provvedere il figlio o perché é morto, o perché non é in grado di assolvere tale obbligo tanto che il di lui figlio ha diritto agli assegni familiari per lui - l'obbligo alimentare cade sul nipote.
Pertanto appare senza giustificazione che, ai fini della corresponsione dell'assegno familiare, al caso di morte del genitore non sia equiparato quello di abbandono da parte di lui, essendo eguale in entrambi i casi l'effetto di porre a carico del nipote l'obbligo alimentare.
La difesa dell'INPS afferma che la morte "non (é) certo assimilabile all'abbandono, anche se ugualmente esonerativo del più volte ricordato onere del mantenimento". Senonché non soltanto il riconoscimento di questo eguale effetto "esonerativo" é in contrasto con la negazione dell'assimilabilità dei due eventi al fini del diritto a percepire gli assegni del lavoratore sul quale, in conseguenza del detto effetto "esonerativo" viene a cadere l'onere del mantenimento; ma, ciò che é più importante e certamente decisivo, é lo stesso legislatore, nella stessa legge, che agli stessi figli assimila i due eventi quando, nell'art. 3 del d.P.R. n. 797, stabilisce che spettano gli assegni ai "prestatori di lavoro che abbiano a carico fratelli o sorelle o nipoti per la morte o l'abbandono o l'invalidità permanente al lavoro del loro padre, sempreché la madre non usufruisca di assegni familiari".
Il che significa che anche per il legislatore l'elemento di fatto che rileva, ai fini del diritto a percepire gli assegni é costituito dall'obbligo per il lavoratore di mantenere il nipote, obbligo conseguente alla circostanza che, per morte o abbandono o invalidità permanente, quell'obbligo non sia assolto dal padre del nipote del prestatore d'opera, cioé dal figlio di questi.
Pertanto appare del tutto irrazionale che nell'art. 8 del d.P.R. n. 797 ai fini dell'attribuzione degli assegni per il mantenimento del nonno, il caso di abbandono del genitore non sia assimilato al caso di morte, mentre questa assimilazione é operata nell'art. 3 quando il lavoratore chiede gli assegni per il mantenimento del nipote e il padre di questi sia morto o lo abbia abbandonato.
La violazione del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) é evidente e ciò dispensa la Corte dall'esaminare se la norma denunciata violi, come ritiene il pretore rimettente, anche l'art. 38 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, lett. b, del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, nella parte in cui ai fini dell'attribuzione degli assegni familiari non assimila all'ipotesi di morte del genitore l'abbandono da parte di questi.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1984.
Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI
Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1984.