SENTENZA N. 280
ANNO 1984
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv Albero MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LAPERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO,Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, ultimo comma, parte II della legge 23 dicembre 1975, n. 698 (Scioglimento e trasferimento delle funzioni dell'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia) nel testo modificato dalla legge 1 agosto 1977, n. 563 promosso con ordinanza emessa il 14 giugno 1982 dal TAR per il Lazio sui ricorsi riuniti di Bonanno Rosaria ed altri e INADEL, iscritta al n. 596 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11 dell'anno 1984.
Visto l'atto di costituzione di Bonanno Rosaria nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 16 ottobre 1984 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;
udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.1. - Bonanno Rosario e 38 litisconsorti, Barbino Giuseppe e 104 litisconsorti, Baldeschi Littoria e 24 litisconsorti, tutti ex dipendenti dell'ONMI cessarono di prestare servizio a seguito della soppressione dell'Ente avvenuta il 31 dicembre 1975 per effetto della l. 23 dicembre 1975, n. 698, entro 6 mesi dalla data dello scioglimento erano stati poi trasferiti con decreto del Ministro per la sanità ai sensi dell'art. 6 della legge stessa e con decorrenza dal 1 gennaio 1976 al Comune di Roma ove in atto prestavano servizio.
Con ricorsi notificati il 14 gennaio 1980 nell'interesse di Bonanno Rosaria e litisconsorti, il 19 marzo 1980 nell'interesse di Barbino Giuseppe e litisconsorti e l'8 luglio 1980 nell'interesse di Baldeschi Littoria e litisconsorti, chiesero al TAR del Lazio dichiararsi di loro spettanza le somme corrispondenti alla indennità di anzianità maturata per il servizio prestato presso l'ONMI e condannarne l'intimato INADEL al pagamento con decorrenza dal 31 dicembre 1975 in una con gli interessi legali e il maggior danno conseguente alla svalutazione monetaria argomentando da ciò a) che il regolamento per il trattamento di quiescenza del personale dell'ONMI, appr. con d. interministeriale 5 agosto 1969, n. 300.9/822, assegnava due distinti e cumulabili trattamenti a fine servizio (indennità di buonuscita a carattere previdenziale alimentata anche con contributi a carico del lavoratore (art. 4 alinea n. 3), indennità di anzianità sotto forma di retribuzione differita a totale carico dell'ente datore di lavoro (artt. 1 cpv. e 4 alinea n. 21), b) che la citata legge 698/1975, nel testo novellato con l. 1 agosto 1977, n. 563, ebbe a disporre all'art. 9, commi primo e terzo, che "ai fini dell'assistenza malattia e del trattamento di fine servizio, il personale trasferito é iscritto agli Istituti od Enti previsti per il personale delle Amministrazioni ricorrenti" (nella specie l'INADEL) e che "il trattamento di fine servizio sarà liquidato agli interessati da parte dei predetti enti, per i periodi di servizio prestati presso le Amministrazioni riceventi nella misura prevista per il relativo personale e, per il periodo di servizio prestato presso l'ONMI, nella misura prevista dal regolamento per il trattamento di quiescenza del personale del predetto ente. L'ufficio liquidatore verserà agli istituti od enti interessati per conto dell'ONMI l'importo delle indennità di anzianità maturate all'atto del trasferimento, sulla base del citato regolamento, da ciascun dipendente trasferito...", c) che la disciplina della liquidazione in forma unitaria del trattamento di fine rapporto da attuarsi secondo due diverse misure in relazione ai due distinti periodi di esercizio presi in considerazione aveva per oggetto esclusivamente l'indennità di natura previdenziale (buonuscita per il rapporto con l'ONMI prima e c.d. premio di servizio ex art. 2, l. 8 marzo 1968, n. 152 per il rapporto con il Comune di Roma poi) e non aveva alcun riferimento alla indennità di anzianità attribuita unicamente per il periodo di servizio compiuto alle dipendenze dell'ONMI, d) che una diversa interpretazione per un verso era smentita dall'argomento letterale desumibile dal testo originario dell'art. 9, comma terzo, l. 698/1975, nel quale si era avuta cura di adoperare, in luogo della più generica espressione "trattamento di fine rapporto" poi introdotta con la successiva l. 563/1977, la espressione "indennità di buonuscita", e per altro verso condurrebbe alla conseguenza di ritenere dovuta anche per il periodo di attività prestata presso il Comune di Roma una indennità di anzianità priva di fondamento giuridico ed economico e per la quale sarebbe assurdo richiamare una "misura" di erogazione del tutto inesistente dal momento che l'art. 7, l. 152/1968 irroga il divieto per le Amministrazioni degli enti locali di corrispondere trattamenti supplementari di fine servizio a favore dei propri dipendenti in aggiunta al trattamento dovuto dagli enti previdenziali cui il personale medesimo é iscritto per legge (divieto valevole a fortiori per il comportamento degli enti previdenziali stessi), e) che dell'importo delle due distinte indennità che l'ufficio liquidatore ha versato all'INADEL per conto dell'ONMI, l'INADEL ha diritto di trattenere nella sua disponibilità soltanto la parte corrispondente all'indennità di buonuscita, la quale va accantonata per costituire il relativo fondo cui attingere per erogare in unica soluzione la indennità di natura previdenziale all'atto della cessazione dell'attuale rapporto di lavoro, laddove la parte relativa alle indennità di anzianità già maturate divenute esigibili dovevano essere corrisposte agli interessati sin dal 31 dicembre 1975 sia perché era ormai cessato definitivamente il rapporto di lavoro con l'ONMI su cui esclusivamente si basava, sia perché il successivo rapporto di lavoro con il Comune di Roma non poteva esserne considerato una continuazione se non in senso meramente cronologico e non già come una ulteriore maturazione sia perché la sua ritenzione nelle casse dell'INADEL più non avrebbe alcuna giustificazione ammenoché non si ricostruisse il regime come indicizzato all'aumento del costo della vita od ancorato al valore dell'ultimo stipendio all'atto del pensionamento delle singole ricorrenti. L'INADEL, costituitosi in giudizio, chiese respingersi la domanda argomentando a) che dagli artt. 6, 8 e 9, l. 698/1975, parzialmente modificata dalla l. 563/1977, si evinceva la volontà del legislatore di non considerare cessato, all'atto di scioglimento dell'ONMI, il rapporto di lavoro con i suoi dipendenti, b) che la l. 698/1975 stabilisce che l'indennità di fine rapporto, all'atto del trasferimento dei dipendenti, doveva essere non già a questi corrisposta ma versata dall'Ufficio liquidazione ONMI agli Enti ed Istituti interessati (nella specie INADEL), c) che il rapporto tra ONMI e INADEL s'inquadrava, a stare al titolo della legge "Scioglimento e trasferimento delle funzioni dell'Opera Nazionale della Maternità e dell'Infanzia", nello schema della novazione soggettiva e non della novazione oggettiva, d) che la circostanza che la legge distingua la diversa misura della indennità relativa al servizio ONMI e della indennità premio relativa al servizio presso l'Ente locale, dimostra che la liquidazione éunica sebbene sia diversa l'aliquota da prendere a base per il calcolo delle varie indennità riferendosi per il servizio prestato presso l'ONMI al relativo Regolamento e per il servizio prestato presso l'Ente locale alla l. 152/1968, e) che la tesi di esso Istituto era confortata dal parere al riguardo espresso dal Consiglio di Stato nell'adunanza del 16 maggio 1980 - Sezione I - n. 459 del 1979.
1.2. - Con ordinanza emessa il 14 giugno 1982 (pervenuta alla Corte il 22 giugno 1983; comunicata il 22 aprile 1983 e notificata il 3 giugno 1983; pubblicata nella G. U. n. 11 dell'11 gennaio 1984 e iscritta al n. 596/1983) il TAR del Lazio, riuniti i tre ricorsi, ha dichiarato non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 36, 38, comma secondo e 42 comma terzo, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, ultimo comma, II parte l. 23 dicembre 1975, n. 698 nel testo modificato dalla l. 1 agosto 1977, n. 563. Ha premesso il giudice a quo a) che se la normativa s'interpretasse nel senso che abbia per oggetto soltanto l'indennità di natura previdenziale (buonuscita per il rapporto con l'ONMI e poi c.d. premio di servizio ex art. 2,1. 152/1968) e non abbia alcun riferimento all'indennità di anzianità attribuita per il periodo di servizio compiuto presso l'ONMI, delle due distinte indennità versate dall'Ufficio liquidatore all'INADEL per conto dell'ONMI l'Istituto avrebbe diritto a ritenere soltanto la parte corrispondente all'indennità di buonuscita, da erogarsi in unica soluzione all'atto della definitiva cessazione del servizio, laddove la parte relativa all'anzianità già maturata sarebbe divenuta esigibile e sarebbesi dovuta corrispondere sin dal 31 dicembre 1975 sia perché a tal data era ormai definitivamente cessato il rapporto di lavoro con l'ONMI sia perché il successivo rapporto non poteva essere considerato se non in senso meramente cronologico una continuazione di quello e non poteva valere ad alimentarne una ulteriore maturazione sia, infine, perché la sua ritenzione nelle casse dell'INADEL darebbe luogo ad un ingiustificato arricchimento per l'Ente ammenoché non si ritenesse il regime come indicizzato all'aumento del costo della vita ed ancorato all'ammontare dell'ultimo stipendio percepito all'atto del collocamento a riposo del singolo dipendente, b) che peraltro i ricorrenti sostenevano che, qualora la normativa dovesse essere intesa nel senso di consentire all'INADEL di acquisire le quote di indennità già accantonate in favore degli ex dipendenti dell'INADEL con il solo obbligo di versarne agli interessati all'atto del definitivo collocamento a riposo il definitivo importo monetario senza cioé tener conto della successiva anzianità da essi maturata né della misura dell'ultima retribuzione da essi percepita, né comunque degli indici ufficiali sugli intervenuti aumenti nel costo della vita, la normativa stessa risulterebbe in contrasto con i principi costituzionali e in particolare con gli artt. 3, 36 e 42 Cost.. Ciò premesso, ha il TAR del Lazio osservato c) che per quanto concerne la violazione dell'art. 3 dovevasi riconoscere che nella ipotesi prospettata si verrebbe a realizzare una concreta disparità di trattamento tra i dipendenti cessati dal servizio al momento della soppressione dell'ONMI o immediatamente dopo e dipendenti che avessero proseguito la loro attività presso i nuovi enti di destinazione, e tra dipendenti che nell'imminenza della soppressione dell'ONMI avessero ottenuto sotto forma di anticipazioni varie la quasi totalità dell'indennità loro spettante e coloro che tali anticipazioni non avessero ottenuto per non averle richieste, d) che per quanto concerne l'art. 36 la natura di retribuzione differita riconosciuta dalla C. Cost. 75/1968 alla indennità di anzianità induceva a constatare che questa veniva a perdere il requisito della proporzionalità a quantità e qualità di lavoro ragguagliate all'ultimo stipendio per essere il suo importo sottratto alla disponibilità degli aventi diritto e nominalisticamente inalterato per tutto il periodo di servizio presso i nuovi enti destinatari, e) che per quanto riguarda l'art. 42 comma terzo Cost. verrebbesi a realizzare una sostanziale espropriazione - senza alcuna compensazione o ristoro né alcun valido motivo d'interesse generale - di parte del potere d'acquisto che le indennità accantonate avevano alla data di soppressione dell'ONMI come dei vantaggi economici conseguenti alla immediata disponibilità del denaro e al prezzo dell'uso dello stesso ad esso corrispondente, f) che peraltro potevasi obiettare che, ai sensi dell'art. 6, ultimo comma, l. 698/1975, l'indennità continuasse a sussistere e il relativo fondo ad alimentarsi a carico del nuovo ente destinatario (art. 6, ultimo comma non neutralizzato dall'art. 17 l. 152/1968 avente carattere generale e comunque anteriore nel tempo). É il giudice a quo passato ad osservare g) in ordine all'indebito arricchimento realizzato dall'INADEL con detenere le indennità già maturate e con corrisponderle nella stessa misura alla cessazione del servizio - che potrebbesi evitare corrispondendo a tale momento alle ricorrenti una indennità commisurata all'ultima retribuzione percepita e mercé l'applicazione di opportuno meccanismo di indicizzazione - che la copertura doveva essere costituita da un fondo comune ispirato a criteri di mutualità e solidarietà e impostato secondo calcoli attuariali idonei a far fronte ad aggravi imprevisti, non senza riflettere che il maggior onere sarebbe compensato dal vantaggio economico derivante dalla immediata disponibilità delle somme versate per conto dell'ONMI dall'ufficio liquidatore, e h) che Cass. S. U. 22 ottobre 1979, numero 5470 (seguita da Cons. Stato, Sez. I 16 maggio 1980, n. 454/1979) aveva affermato che l'art. 6, l. 698/1975 implicava un passaggio di dipendenti fra enti pubblici senza soluzione di continuità per cui verrebbe meno il presupposto per il pagamento immediato dell'indennità. Proprio siffatti precedenti giurisprudenziali hanno indotto il TAR Lazio ad escludere la possibilità di tentare una soluzione ermeneutica capace di scongiurare discrasie, diffrazioni e sbilanciamenti del trattamento erogativo e a sottoporre all'esame di questa Corte i profili di incostituzionalità, dappoiché opera - é vero - nell'ordinamento il c.d. versante "dei trattamenti differenziati di quiescenza", ma non meno vero si é che l'art. 3 é correlato con l'art. 36 Cost. il quale prevede una retribuzione proporzionale non solo alla "quantità" ma anche alla "qualità" di lavoro, e con l'art. 38, comma secondo che riuscirebbe offeso dallo sbalzo finanziario tra remunerazione di attività e influenza della vecchiaia che specie per il logorio fisico (a tutt'oggi inevitabile) inciderebbe notevolmente sul tenore di vita, né va tenuta in non cale la svalutazione monetaria operante su somme "congelate" per un cospicuo lasso di tempo.
1.3. - Avanti la Corte si é costituito in difesa di Lo Cascio Maria Rosa, Bonanno Rosaria, Primus Wanda e Baldeschi Littoria l'avv. Nicola Picardi giusta procura in calce ad atto di deduzioni depositato il 14 febbraio 1984 e, quindi, fuori termini. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 31 gennaio 1984 con il quale l'Avvocatura generale dello Stato ha argomentato per la dichiarazione d'infondatezza delle proposte questioni da ciò a) che ricorrenti prima e TAR poi hanno confrontato tra loro, per rilevare una diversità di trattamento, posizioni che non possono essere considerate eguali ma che sono anzi chiaramente diverse proprio in relazione al tempo occorrente per la liquidazione della indennità di anzianità, b) che per l'ulteriore periodo di servizio da prestare alle dipendenze del Comune l'osservanza dell'art. 36 Cost., che garantisce al lavoratore una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del suo lavoro, va accertata verificando la congruità rispetto a quelle esigenze delle retribuzioni immediate e differite stabilite per il rapporto di lavoro con il Comune laddove per il periodo di servizio prestato alle dipendenze dell'ONMI sulla conformità delle retribuzioni al precetto costituzionale non incide la norma impugnata che nulla sottrae al lavoratore delle somme che costituiscono quelle retribuzioni, anzi garantisce la corresponsione, al tempo previsto, della parte di retribuzione differita costituita dall'indennità di anzianità, e) che in punto alla violazione dell'art. 42, comma terzo Cost. la denunciata "espropriazione" di una parte del potere di acquisto dell'indennità accantonata costituirebbe invero effetto non già della norma impugnata, sibbene di un evento estraneo a quella norma, e cioé della progressiva perdita di valore della moneta - che é evento futuro ed incerto anche se deve dirsi oggi prevedibile - che incide in genere su tutti i crediti di natura monetaria soggetti a termine che non può peraltro essere eliminato solo in previsione di simile evento, d) che non sussiste violazione dell'art. 38, comma secondo che per contro garantisce agli ex dipendenti ONMI, passati alle dipendenze del Comune, un trattamento di fine servizio superiore a quello spettante agli altri dipendenti del Comune da presumersi adeguato alle esigenze di vita di questi ultimi.
2. - Alla pubblica udienza del 16 ottobre 1984, nel corso della quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione, la difesa dei ricorrenti, che peraltro non si era costituita nei termini, non si é presentata; l'avv. dello Stato Azzariti ha argomentato a sostegno della conclusione d'infondatezza della questione.
Considerato in diritto
3.1. - Premesso che i dipendenti della soppressa ONMI, i quali prestano in atto servizio presso il Comune di Roma, han chiesto al TAR del Lazio dichiararsi di loro spettanza le somme corrispondenti alla indennità di anzianità - prevista dagli artt. 1 e 4 del regolamento della Opera appr. con d. intermin. 5 agosto 1969, n. 300 - maturata per il servizio prestato presso la ONMI e condannarsi l'intimato INADEL, al pagamento della stessa con decorrenza dal 31 dicembre 1975 in una con gli interessi legali e il risarcimento del maggior danno conseguente alla svalutazione monetaria, é di tutta evidenza che le domande in tal guisa articolate suppongono una realtà, ad un tempo di diritto e di vita, che é smentita dalla constatazione che costoro in tanto sono legittimati ad erogare le loro energie di lavoro a favore del Comune di Roma in quanto il rapporto che li vincolava alla ONMI non é cessato in conseguenza della soppressione dell'ente ma é proseguito e continua con il Comune di Roma. Né giova ai ricorrenti il richiamo del novellato comma terzo dell'art. 9, l. 698/1975, a tenor del quale il trattamento di fine servizio sarà liquidato agli ex dipendenti della ONMI, trasferiti alle amministrazioni riceventi, nella misura prevista per il relativo personale e, per il periodo di servizio prestato presso la ONMI, nella misura prevista dal regolamento per il trattamento di quiescenza del personale del predetto ente e l'ente liquidatore verserà agli istituti ed enti interessati per conto della ONMI l'importo delle indennità di anzianità maturate all'atto del trasferimento, sulla base del citato regolamento, da ciascun dipendente trasferito alle amministrazioni riceventi, perché gli interessati han fatto valere (non già un'azione di mero accertamento dei loro diritti patrimoniali insorti dalla soppressione della ONMI, sibbene) un'azione di condanna, sulla prospettazione della quale giustificavano la prestazione degli interessi a far tempo dal 31 dicembre 1975 e il risarcimento del danno cagionato dalla sopravvenuta svalutazione.
3.2. - Ristabilita la realtà degli atti, é agevole constatare come nessuna delle disposizioni della Costituzione assunte a parametri d'illegittimità dal giudice a quo giova ai ricorrenti: non l'art. 3 in quanto le posizioni di dipendenti della ONMI assunte ad espressione di offesa al principio di eguaglianza sono diverse perché dipendenti che si vogliono favoriti chiesero ed ottennero anticipazioni sulla indennità o conclusero il rapporto di lavoro prima della soppressione della ONMI non erano al 31 dicembre 1975 creditori dell'intera indennità così come erano i ricorrenti e ancor meno implica violazione della norma costituzionale la circostanza che i trasferiti alle dipendenze del Comune, se avessero potuto porre a base delle loro domande anche la indennità prevista nel trattamento di quiescenza del personale della ONMI, avrebbero conseguito somme in maggior misura, perché i ricorrenti si sono limitati a chiedere la indennità di anzianità nei confronti dell'INADEL, ancor meno l'art. 36 Cost. in quanto il novellato comma terzo dell'art. 9, l. 698/1975 nulla sottrae ai lavoratori delle somme cui han diritto per il periodo di servizio prestato alle dipendenze della ONMI, né l'art. 42, comma terzo perché il rapporto tra comune (e ancor prima ONMI) e dipendenti non é inquadrabile nello schema della espropriazione per pubblico interesse, né infine l'art. 38, comma terzo per le ragioni addotte in chiave di art. 36.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, ultimo comma, parte II della l. 23 dicembre 1975, n. 698 (Scioglimento e trasferimento delle funzioni dell'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia), modificato in virtù dell'art. 5, l. 1 agosto 1977, n. 563, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 42 Cost., con ordinanza emessa dal TAR del Lazio il 14 giugno 1982 (n. 596/1983) sui ricorsi proposti da Bonanno Rosaria ed altri.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1984.
Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO
Depositata in cancelleria il 12 dicembre 1984.