Sentenza n. 277 del 1984
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SENTENZA N. 277

ANNO 1984



REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE


composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO

Dott. ALDO CORASANITI

Prof. GIUSEPPE BORZELLINO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 46 e 48 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) e 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (Disciplina delle agevolazioni tributarie) in riferimento all'art. 9, comma primo, legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria) promossi con le ordinanze emesse dalle Commissioni tributarie di primo grado di Urbino il 21 giugno 1982, di Piacenza il 4 agosto 1983, di Sanremo i 7, 10, 30 novembre 1983 (n. 15 ordinanze) e l'11 gennaio 1984 (n. 5 ordinanze), di Livorno il 16 settembre 1983 e di Sanremo l'11 gennaio 1984, iscritte rispettivamente al n. 840 del registro ordinanze 1982, al n. 1079 del registro ordinanze 1983 e ai nn. da 122 a 136, da 322 a 326, 412 e 477 del registro ordinanze 1984, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 121 del 1983, nn. 134, 148, 183 e 190 del 1984.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 ottobre 1984 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

udito l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.



Ritenuto in fatto



1.1. - Con ordinanza emessa il 21 giugno 1982 (comunicata il 6 e notificata il 18 del successivo mese di agosto; pubblicata nella G. U. n. 121 del 4 maggio 1983 e iscritta al n. 840 R.O. 1982) su ricorso, con cui Lazzaretti Pietro, dipendente dell'amministrazione provinciale delle II.DD., - premesso che per gli anni 1974 a 1980 aveva percepito l'indennità integrativa speciale istituita con l. 27 maggio 1959, n. 324, che gli era stata assoggettata a tassazione IRPEF, unitamente agli emolumenti percepiti mensilmente ai sensi dell'art. 23 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e successive modificazioni ed integrazioni, ai sensi dell'art. 3 del quale il tributo IRPEF si applicava sul "reddito complessivo netto", che a termini dell'art. 1, comma terzo a) l. 324/1959 la indennità integrativa speciale risultava esente dalle ritenute erariali e non concorre a formare il reddito complessivo netto, ed ebbe, con istanza diretta all'Intendenza di Finanza di Forlì, a chiedere invano il rimborso delle ritenute alla fonte operate sulla indennità integrativa speciale per il periodo 1 gennaio 1974-31 dicembre 1980 - aveva interposto ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Rimini al fine di conseguire il rimborso deducendo in via principale che l'art. 42 d.P.R. 601/1973 non aveva abrogato l'esenzione della indennità integrativa speciale disposta dall'art. 1 e) l. 324/1959 e in subordine che si dichiarasse non manifestamente infondata la questione d'incostituzionalità insorta per il contrasto tra la tassazione operata dall'Amministrazione e l'art. 36 Cost., la Commissione tributaria di primo grado di Urbino, cui la Commissione di Rimini aveva per competenza territoriale rimesso il ricorso, dichiarò rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 36 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 46, comma primo e 48, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e 42, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 nella parte in cui consentono che l'indennità integrativa speciale, istituita dalla l. 27 maggio 1959, n. 324, concorre a formare il reddito complessivo netto al fine dell'applicazione delle aliquote progressive. Osservava il giudice a quo a) che la aliquota progressiva colpisce la indennità integrativa speciale sebbene questa, lungi dal rappresentare un aumento di ricchezza, appare il mezzo atto a conservare il valore di scambio della prestazione di lavoro in quanto assicura al "corrispettivo" il medesimo potere di acquisto nel corso del rapporto di lavoro, b) che il legislatore del' 59 con sottrarre la indennità totalmente ad ogni forma di imposizione fiscale ne fece propria la funzione in tal guisa colta, ma la prassi generalmente seguita dai soggetti impositori, i quali imprimono alla legge l'univoco senso di abrogazione della esenzione prevista dall'art. 1 e) l. 324/1959 cui attribuiscono effetto impositivo con aliquota progressiva sulla indennità de qua, fa assumere a quelle disposizioni normative vizio di contraddittorietà con l'art. 36 Cost., c) che l'eventuale obiezione - doversi sottrarre alla imposizione progressiva ogni aumento di retribuzione - é resistita da ciò che soltanto la indennità integrativa speciale é "legislativamente" definita adeguamento nominale del compenso alla prestazione di lavoro laddove le nuove "retribuzioni proporzionate", frutto della contrattazione collettiva, non sono assistite dalla stessa "qualificazione soggettiva" e conservano quindi quella complessità di motivazione e quel tanto di equivoco, nella loro definibilità giuridico-economica, da consentire la imposizione progressiva sulla loro nuova espressione. Né - proseguiva la Commissione tributaria di primo grado di Urbino - la rimessione della questione alla Corte costituzionale sarebbe impedita dalla sopravvivenza della esenzione prevista dall'art. 1 a) l. 324/1959, che si giustifica con ravvisare nella or citata disposizione una "esclusione" dalla disposizione sul piano concettuale distinta dalle nozioni di "esenzione" e "agevolazione tributaria" recepite nell'art. 42 d.P.R. 601/1973 per trattarsi di sottili e discusse distinzioni. Osserva infine il giudice a quo che non può definirsi aumento di ricchezza la indennità retributiva speciale che, pertanto, sfugge alla imposizione progressiva che é strumento di redistribuzione di ricchezza.
1.2. - Nessuna delle parti si é costituita in questa sede; é invece intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 24 maggio 1983, con il quale l'Avvocatura generale dello Stato a sostegno della conclusione d'infondatezza della questione ha richiamato la C. Cost. 126/1979, la quale escluse che la fluttuazione del valore della moneta implicasse offesa al criterio dell'adeguamento del prelievo fiscale alla capacità contributiva, ed ha argomentato da ciò che l'"effetto perverso" della imposizione in quanto operata con criteri di progressività implicherebbe non già una patente lesione di beni o di interessi costituzionalmente protetti sibbene l'opportunità di un "aggiustamento" che competerebbe al solo legislatore e al quale - sempre ad avviso dell'Avvocatura erariale - si sarebbe già addivenuti vuoi con le modifiche apportate all'art. 15 d.P.R. 597/1973 con l'art. 6 l. 114/1977, vuoi con particolari benefici concessi ai titolari di redditi di lavoro (artt. 4 d.l. 6 luglio 1974, n. 259 conv. nella l. 17 agosto 1974, n. 384, 2 legge 30 novembre 1976, n. 786, 59 legge 21 dicembre 1978, n. 843 e 2 e 3 legge 24 aprile 1980, n. 146).
2.1. - Con ordinanza emessa il 4 agosto 1983 (notificata e comunicata il 31 dello stesso mese; pubblicata nella G. U. n. 148 del 30 maggio 1984 e iscritta al n. 1079 R.O. 1983) sul ricorso proposto in data 30 novembre 1982 da Anastasi Giuseppe, dipendente dell'Amministrazione provinciale II.PP. il quale aveva invano chiesto alla Intendenza di Finanza di Piacenza il rimborso delle ritenute alla fonte, operate sulla indennità integrativa speciale corrispostagli nel periodo l gennaio 1974-31 dicembre 1980 per essere detta indennità esente dalle ritenute erariali e per non concorrere a formare il reddito complessivo netto, la Commissione tributaria di primo grado di Piacenza giudicò rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale I) dellart. 46 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 in riferimento all'art. 77 Cost. nella misura in cui comporta l'abrogazione della esenzione fiscale di cui all'art. 1, comma terzo e) l. 324/1959, non prevista dall'art. 9 comma primo l. 825/1971 di delegazione, e II) dell'art. 42 d.P.R. 597/1973 in riferimento all'art. 36 Cost. nella misura in cui implica l'abrogazione della esenzione fiscale di cui all'art. 1 comma terzo e) l. 324/1959 e la conseguente imposizione fiscale progressiva della indennità integrativa speciale corrisposta ai dipendenti e pensionati statali.
Ravvisava il giudice a quo la violazione dei limiti della delega, che ha formato oggetto della prima questione, I) nella lettera dell'art. 9 comma primo l. 825/1971, II) nella relazione al disegno di legge n. 482, relativo ai miglioramenti economici al personale in attività e in quiescenza, presentato al Senato nella seduta del 21 aprile 1959, cui corrisponde la l. 324/1959, III) in ciò che la esenzione della indennità da imposte e dalla imposta complementare sui redditi corrispose al proposito di garantire ai dipendenti pubblici un adeguamento delle retribuzioni al variare dei prezzi, IV) in ciò che alla data di entrata in vigore del d.P.R. 601/1973 e, segnatamente, del correlativo art. 42, le finalità perseguite dalla l. 324/1959 e, soprattutto, dalla norma di esenzione fiscale erano ancor più calzanti, IVa) per essere la base su cui era commisurata la indennità integrativa speciale per i dipendenti statali in servizio e in quiescenza (rispettivamente L. 40.000 e L. 30.000) diffalcata rispetto al tetto toccato da stipendi e pensioni per effetto degli aumenti conseguenti medio tempore, IVb) per essere saliti gli indici mensili del costo della vita, IVc) per essere sorretta da motivi di giustizia sociale e di normalità dei rapporti fra Stato e dipendenti la esigenza di un adeguamento periodico delle retribuzioni di questi. Ha poi basato la non manifesta infondatezza della questione avente per oggetto la violazione dell'art. 36, comma primo, Cost. su ciò che l'abrogazione della esenzione implicherebbe che all'adeguamento nominalistico, già di per sé parziale, della retribuzione dei dipendenti statali per effetto del meccanismo della indennità integrativa speciale corrisponda un ancor minore aumento di reddito reale in conseguenza della progressività della imposizione fiscale di cui agli artt. 11, 46 e 48 d.P.R. 597/1973.
2.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 19 giugno 1984, con il quale l'Avvocatura generale dello Stato ha concluso per la dichiarazione di infondatezza delle due questioni argomentando a) in riferimento alla prima da ciò che l'art. 9 l. 825/1971, con prevedere "in quanto possibile" la sostituzione con "la concessione di contributi anche sotto forma di buoni di imposta commisurati a parametri da determinare senza riferimento all'imponibile", lascerebbe la determinazione del se e del come alla prudente determinazione del Governo delegato, il quale dal suo canto avrebbe tenuto conto della esigenza prospettata prevedendo per i redditi da lavoro dipendente (pubblico e privato) particolari "detrazioni di imposta" in aggiunta alle altre comuni di carattere soggettivo (detrazioni cui si sono in seguito aggiunti ulteriori interventi legislativi diretti a correggere le distorsioni derivanti dall'applicazione del criterio di progressività), e b) in riferimento alla seconda da ciò che l'applicazione di aliquote crescenti a scaglioni di successivo reddito imponibile farebbe sì che tanto maggiore sarà il prelievo fiscale quanto più la retribuzione (considerata comprensiva dell'indennità uguale per tutti) sarà vicina all'ipotetico "minimo" avente i caratteri previsti dall'art. 36 Cost., e pertanto si conserveranno al percettore quote d'indennità crescenti col decrescere dell'ammontare complessivo della retribuzione e, quindi, non incidenti sulle retribuzioni più basse fino al punto di alterarne sostanzialmente i caratteri.
3. a 23. l. - Con dodici ordinanze emesse sotto la stessa data del 7 novembre 1983 su separati ricorsi proposti da Sacchetti Erminio (notificata il successivo 29 e comunicata il 9 dicembre; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 122 R.O. 1984), da Scaramuzzino Caterina (notificata il successivo 29 e comunicata il 9 dicembre; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 123 R.O. 1984), da Sala Claudina (notificata il successivo 29 e comunicata il 9 dicembre; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 124 R.O. 1984), da Tasso Maria Piera (notificata e comunicata il successivo 17; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 125 R.O. 1984), da Trincheri Piera (notificata e comunicata il successivo 17; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 126 R.O. 1984), da Antimonio Vittoria (notificata e comunicata il successivo 17; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 127 R.O. 1984), da Pellegrini Giuseppe (notificata e comunicata il successivo 17; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 128 R.O. 1984), da Pintus Giovanna (notificata e comunicata il successivo 17; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 129 R.O. 1984), da Pellizzari Giuseppe (comunicata il 17 e notificata il 22 dello stesso novembre; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 130 R.O. 1984), da Paolino Giuseppe (comunicata il 17 e notificata il 26 dello stesso novembre; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 131 R.O. 1984), da Zampieri Tino (comunicata il 17 e notificata il 30 dello stesso novembre; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 132 R.O. 1984), da Zampieri Pietro (comunicata il 17 e notificata il 19 dello stesso novembre; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 133 R.O. 1984), con una ordinanza emessa il 10 novembre 1983 (notificata il successivo 29 e comunicata il 9 dicembre 1983; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 134 R.O. 1984) su ricorso di Bruno Becchina Anna, con due ordinanze emesse il 30 novembre 1983 su separati ricorsi proposti da Portalupi Bruno (comunicata il 20 e notificata il 27 del successivo dicembre; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 135 R.O. 1984) e da Rapanà Sebastiano (comunicata il 20 e notificata il 27 del successivo dicembre; pubblicata nella G. U. n. 134 del 16 maggio 1984 e iscritta al n. 136 R.O. 1984) e con sette ordinanze emesse l'11 gennaio 1984 su separati ricorsi proposti da Corzani Virgilio (notificata il 13 e comunicata il 16 del successivo febbraio; pubblicata nella G. U. n. 183 del 4 luglio 1984 e iscritta al n. 322 R.O. 1984), da De Mare Maria Rosa (notificata il 13 e comunicata il 18 del successivo febbraio; pubblicata nella G. U. n. 183 del 4 luglio 1984 e iscritta al n. 323 R.O. 1984), da Filip Renata (comunicata il 13 e notificata il 18 del successivo febbraio; pubblicata nella G. U. n. 183 del 4 luglio 1984 e iscritta al n. 324 R.O. 1984), da Di Leone Cosima Maria (comunicata il 13 e notificata il 18 del successivo febbraio; pubblicata nella G. U. n. 183 del 4 luglio 1984 e iscritta al n. 325 R.O. 1984), da Falletta Vitale (comunicata il 13 e notificata il 18 del successivo febbraio; pubblicata nella G. U. n. 183 del 4 luglio 1984 e iscritta al n. 326 R.O. 1984) e da Caselli Eugenia (comunicata il 13 e notificata il 20 del successivo febbraio; pubblicata nella G. U. n. 190 dell'11 luglio 1984 e iscritta al n. 477 R.O. 1984) - ricorsi tutti aventi ad oggetto il rimborso di ritenute IRPEF applicate sulla indennità integrativa speciale, la Commissione tributaria di primo grado di Sanremo dichiarò d'ufficio rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di illegittimità costituzionale degli artt. 46, comma primo e 48 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e 42 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 60, in riferimento agli artt. 36 e 53 Cost., nella parte in cui consentono che l'indennità integrativa speciale istituita dalla l. 27 maggio 1959, n. 324 concorra a formare il reddito complessivo netto al fine dell'applicazione delle aliquote progressive. Respinti alcuni profili di illegittimità prospettati dai ricorrenti, osservava il giudice a quo a) che il fenomeno d'inflazione ha indotto effetti perversi nel meccanismo della imposizione progressiva in quanto a parità di reddito reale e di capacità contributiva l'aumento del reddito implica la crescita più che proporzionale del prelievo fiscale, b) che la previsione di non tassabilità, mediante la quale siffatto problema era stato risolto dalla l. 324/1959 con riferimento all'indennità integrativa speciale dei pubblici dipendenti, non é stata ripresa dalla normativa della riforma tributaria, ma, poiché ancora sussistono appieno i presupposti di quella previsione - proseguiva il giudice a quo -, insorgeva grave il sospetto che la vigente normativa sia viziata d'incostituzionalità sotto il profilo dell'art. 53 Cost. perché l'inesistenza di un correttivo delle attuali tabelle IRPEF violerebbe la correlazione tra progressività dell'imposta e capacità contributiva, e sotto il profilo dell'art. 36 Cost. perché l'applicazione dell'aliquota progressiva anche su quello che é mero adeguamento nominale della retribuzione fa scendere quest'ultima al di sotto del livello, costituzionalmente garantito, di reale proporzionalità al lavoro prestato.
3. a 23. 2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con tre atti depositato il primo il 5 giugno 1984 con il quale ha concluso per la infondatezza della questione d'incostituzionalità sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Sanremo con le ordinanze emesse il 7 novembre 1983, il secondo depositato il 14 luglio 1984, con il quale l'Avvocatura generale dello Stato ha concluso per la infondatezza della questione d'incostituzionalità sollevata dalla stessa Commissione tributaria con le ordinanze emesse i 7, 10 e 30 novembre 1983, il terzo depositato il 30 luglio 1984 nell'incidente iscritto al n. 477 R.O. 1984. Nel primo atto, premesso che nelle ordinanze di rimessione non erano in discussione né la natura di reddito attribuibile alla indennità integrativa speciale né l'operatività - agli effetti della imposizione fiscale - del generale principio nominalistico per effetto del quale l'assoggettamento dei redditi al tributo diretto avviene con riferimento alla loro espressione monetaria e non già con riferimento al valore ai medesimi attribuibile in base a categorie puramente economiche, ha richiamato la C. Cost. 126/1979, ha escluso la violazione dell'art. 36 Cost. per essere la indennità preordinata a conservare immutato il potere d'acquisto della retribuzione, ed ha infine negato che l'incidenza tributaria finirebbe con l'atteggiarsi come se alla crescita solo nominale della retribuzione corrisponda un reale aumento della capacità contributiva del soggetto passivo dell'imposta perché la correzione di tale effetto della combinazione contingente di fluttuazioni inflattive del reddito da lavoro dipendente sarebbe - sempre ad avviso dell'Avvocatura erariale - avvenuta attraverso disposizioni normative menzionate nell'atto d'intervento nel primo incidente (supra 1.2.), cui si é aggiunta da ultimo la l. 28 febbraio 1983, n. 53 di conversione del d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, con la quale si é sostituita la tabella delle aliquote IRPEF allegata alla l. 576/1975 e si é provveduto, a modifica della disciplina di cui all'art. 15 d.P.R. 597/1973, ad ulteriori e più consistenti detrazioni di imposta per i percettori di reddito di lavoro dipendente. Argomentazioni riprodotte nel secondo e nel terzo degli atti d'intervento.
24.1. - Con ordinanza emessa il 16 settembre 1983 (pervenuta alla Corte il 7 aprile 1984; comunicata il 29 novembre 1983 e notificata il 2 dicembre 1983; pubblicata nella G. U. n. 190 dell'11 luglio 1984 e iscritta al n. 412 R.O. 1984) su ricorso proposto da Fantini William Rolando avverso il silenzio rifiuto della Intendenza di Finanza di Livorno e inteso a ottenere il rimborso delle trattenute IRPEF sull'indennità integrativa speciale percepita dal l gennaio 1974 al 31 dicembre 1982, la Commissione tributaria di primo grado di Livorno dichiarò rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 42 d.P.R. 601/1973, 46 e 48 d.P.R. 597/1973, in relazione e per contrasto con l'art. 53 Cost.. Osservava il giudice a quo a) che l'indennità integrativa speciale non ha natura strettamente retributiva ma presenta piuttosto natura e profili di carattere assistenziale e comunque opera sulla retribuzione "dall'esterno" e senza mutarne il "valore reale" e alterare il sinallagma contrattuale, b) che siffatta autonomia é confermata sia dalla spettanza dell'indennità ai pensionati (al di fuori di un rapporto lavorativo) sia dalla non computabilità della stessa ai fini della tredicesima mensilità. Ne derivava - a giudizio della Commissione - il sospetto d'incostituzionalità sia dell'art. 42 d.P.R. 601/1973 per essere abrogativo dell'esenzione già stabilita dalla l. 324/1959, sia dell'art. 46 d.P.R. 597/1973 nella parte e nella misura in cui nell'individuare il reddito di lavoro dipendente sembra ricomprendervi, pur non menzionandola espressamente, l'indennità in esame, sia dell'art. 48 d.P.R. 597/1973 nella parte e nella misura in cui ribadendo da un lato il criterio della omnicomprensività dei compensi ed "emolumenti comunque denominati... percepiti... in dipendenza del lavoro prestato", e contemplando, dall'altro lato, l'indennità fra quelle che non concorrono, in tutto o in parte, a formare il reddito, contribuisce anch'essa a rendere tassabile l'indennità integrativa speciale. Ravvisava il giudice a quo il contrasto tra le richiamate disposizioni normative e l'art. 53 Cost. in ciò che "assoggettare a tassazione l'indennità integrativa speciale implica... quasi una doppia imposizione, se é vero - come pare - che l'indennità, integrando la retribuzione a mezzo di un'indicizzazione automatica ed eguale per tutti, sol la garantisce, nel tempo, nei suoi valori reali" di talché "la tassazione... determina un aumento di imposta - addirittura progressivo - senza il presupposto ed il fondamento di un aumento reale della capacità contributiva".
24.2. - Nessuna delle parti si é costituita in questa sede; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 30 luglio 1984, nel quale a sostegno della conclusione d'infondatezza della proposta questione l'Avvocatura generale dello Stato ha argomentato che la indennità integrativa speciale per essere accessorio della retribuzione non può non partecipare della stessa natura di quella al cui regime giuridico é, d'altronde, in larga misura sottoposta, e pertanto si appaleserebbe artificiosa la separazione, ipotizzata dal giudice a quo, tra retribuzione in senso stretto e indennità alla quale per contro compete funzione "conservatrice" del corrispettivo della prestazione d'opera (attuale o, come nel caso della pensione, pregressa) a nulla rilevando la carenza di un criterio di proporzionalità la quale non basta per affermare che la ripetuta indennità rivesta carattere previdenziale e non retributivo, ed é tornata a richiamare la C. Cost. 126/1979 per ribadire che, le quante volte non si perpetrino patenti lesioni di beni ed interessi costituzionalmente protetti (ad es, sufficienza della retribuzione), la correzione e i limiti di correzione delle altre lesioni sarebbero riservati alla discrezionale ed insindacabile valutazione del legislatore ordinario, in concreto intervenuta con disposizioni normative citate dall'Avvocatura erariale in precedenti interventi.
25. - Alla pubblica udienza del 16 ottobre 1984, nel corso della quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione comune a tutti i ventiquattro incidenti assegnati a trattazione, l'avv. dello Stato Azzariti ha argomentato a sostegno della conclusione di infondatezza delle proposte questioni.




Considerato in diritto



26. - Delle ventiquattro ordinanze di rimessione ventuno (nn. 122 a 136, 322 a 326 e 477 R.O. 1984) impugnano gli artt. 42 d.P.R. 601/1973 e 46 e 48 d.P.R. 597/1973 in riferimento agli artt. 36 e 53 Cost., una (n. 840 R.O. 1982) in riferimento al solo art. 36 Cost., altra (n. 412 R.O. 1984) in riferimento al solo art. 53 Cost. e altra ancora (n. 1079 R.O. 1983) il menzionato art. 42 in riferimento non solo all'art. 36 ma anche all'art. 77 Cost.. Ne segue che il gruppo più numeroso attrae a sé per ragione di continenza, in parte qua, gli incidenti iscritti ai nn. 840 R.O. 1982, 412 R.O. 1984, mentre l'incidente iscritto al n. 1079 R.O. 1983, che solo assume a parametro l'art. 77, é collegato agli altri per ciò che vi si impugna l'art. 42 pur sospettato in tutte le altre ordinanze con le quali si impugnano anche gli artt. 46 e 48 d.P.R. 597/1973.
Pertanto la riunione di tutti gli incidenti s'impone ai fini di unica decisione.
27.1.1. - Sul piano della normativa ordinaria mette conto di ricordare a) che i nostri teoreti, seguiti dai giudici, han coniato la distinzione tra debiti di denaro (o di valuta) e debiti di valore atta ad aggirare in qualche modo l'art. 1277 c.c. che sancisce il principio nominalistico, facendo leva sull'art. 1375 dello stesso codice, b) che al livello della normazione ordinaria sono apparse le ll. 24 febbraio 1953, n. 96, contenente norme per la rivalutazione delle rendite vitalizie in denaro, e 1 luglio 1952, n. 701 su la revisione dei canoni enfiteutici e l'affrancazione (seguita dalla l. 18 dicembre 1970, n. 1138 "nuove norme in materia di enfiteusi"), gli artt. 24, 63 e 81 l. 27 luglio 1978, n. 392 (disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani) e il novellato art. 429, comma terzo c.p.c. (a tenor del quale "il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del credito") - seguito dal d.m. giust. di approvazione della deliberazione del Consiglio nazionale forense in data 28 maggio 1982, concernente i criteri per la determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati e ai procuratori per le prestazioni giudiziali in materia civile e penale e stragiudiziali, per il quale "trascorsi tre mesi dall'invio della parcella o del preavviso di parcella senza che gli importi esposti siano stati contestati nella congruità, in caso di mancato integrale pagamento si applica, oltre all'interesse di mora al tasso legale, la rivalutazione monetaria così come stabilito dalla legge n. 533/1973" -, c) che sull'opposto versante han visto la luce gli artt. 3 r.d.l. 5 ottobre 1936, n. 1745, che faceva divieto di ogni convenzione incidente sul potere liberatorio della moneta, e 1 r.d.l. 27 febbraio 1939, n. 337, per il quale i prestiti obbligazionari - emessi, prima dell'entrata in vigore del r.d.l. 1745/1936, da enti e società commerciali con sede nel Regno e stilati in lire o in lire oro per i quali si fosse data al creditore facoltà di chiedere il pagamento in una o in più monete estere secondo un determinato ragguaglio - dovevansi pagare in lire aventi corso legale al giorno del pagamento nella stessa somma numerica espressa nel titolo medesimo.
27.1.2. - Nel campo della giurisprudenza si segnalano le recentissime sentt. 16 febbraio 1984, nn. 1146 e 1148 con le quali le Sezioni unite civili della Cassazione, componendo il conflitto di principi insorto in seno alla Sezione lavoro in punto alla autonoma azionabilità del diritto del lavoratore alla rivalutazione monetaria di crediti di lavoro già soddisfatti, hanno argomentato da ciò che la rivalutazione monetaria, realizzata vuoi mediante la concessione della indennità di contingenza vuoi mediante il risarcimento del danno provocato dalla svalutazione monetaria, cui provvede, ai termini dei novellati artt. 429, comma terzo c.p.c. e 150 d.a.c.p.c., il giudice, costituisce una componente del credito di lavoro strettamente connessa al salario nominale, che detto elemento trae origine dallo stesso rapporto di lavoro e, pertanto, ha natura squisitamente sostanziale e che tale sua natura e la sua funzione di "indicizzazione" del credito di lavoro tardivamente soddisfatto comportano l'attribuzione al lavoratore della maggior somma per rivalutazione fin dal momento della maturazione del credito originario senza necessità di specifica domanda dappoiché la rivalutazione afferisce alla stessa causa petendi.
27.2. - Nella giurisprudenza di questa Corte vanno menzionate a) la sent. 23/1977, che ebbe a dichiarare non fondata la questione di illegittimità per violazione del principio di eguaglianza che il giudice a quo aveva sospettato per essere la rivalutazione del credito senza distinzioni assicurata ad ogni categoria di lavoratori e per non essere la ripetuta rivalutazione ammessa per i crediti del datore di lavoro nascenti dallo stesso rapporto di lavoro, b) la sent. 43/1977 che disse infondata la questione d'illegittimità dell'art. 429 comma terzo sub art. 1 l. 533/1973 nella parte in cui prevede il risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria dei crediti di lavoro solo se relativi ai rapporti disciplinati dal novellato art. 409 c.p.c., e pertanto escluse i rapporti di impiego di dipendenti di enti pubblici non economici (dictum che non ha impedito al Cons. Stato e alla Corte di Cassazione di riconoscere anche agli impiegati pubblici la rivalutazione monetaria sulla base del novellato art. 150 d.a.c.p.c. e degli artt. 1218 e 1224 c.c. diguisaché la querelle si risolve in questioni di giurisdizione), c) particolarmente la sent. 126/1979, con la quale venne posto in chiaro che il legislatore, se per un verso non é tenuto a depurare gli incrementi di valore imponibile della componente imputabile alla svalutazione monetaria "mediante formule di indicizzazione o di integrale rivalutazione, in contrasto con i principi a cui s'ispira non solo il vigente sistema tributario, ma l'intero regime delle obbligazioni tributarie, corrispondente alle esigenze di una economia sviluppata in cui la moneta é indispensabile misura dei valori di mercato", può, anche nel campo della legislazione tributaria, eliminare conseguenze inique o eccessivamente onerose sulla base di scelte politiche riservate alla discrezionalità del potere legislativo (n. 6).
28.1. - La prima questione verte sul se siano illegittimi gli artt. 46 ("Il reddito di lavoro dipendente é quello derivante dal lavoro prestato con qualsiasi qualifica alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso quello a domicilio quando sia considerato lavoro secondo le norme della legislazione sul lavoro. Costituiscono reddito di lavoro dipendente anche le pensioni o gli assegni ad esse equiparate e le indennità e altre somme di cui alla lettera e) dell'art. 12") e 48 ("Il reddito di lavoro dipendente é costituito da tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo di imposta in dipendenza del lavoro prestato, anche sotto forma di partecipazione agli utili e a titolo di sussidio o liberalità. // Non concorrono a formare il reddito di lavoro i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine previdenziale o assistenziale in ottemperanza a disposizioni di legge, di contratti collettivi o di accordi aziendali, ancorché commisurati alle retribuzioni, né i compensi riversibili di cui alla lettera b) dell'art. 47. Le indennità di trasferta concorrono a formare il reddito per la parte eccedente il limite di lire dodicimila al giorno, elevato a lire quindicimila per le trasferte all'estero. Gli assegni di sede e le altre indennità percepiti per servizi prestati all'estero concorrono nella misura del quaranta per cento del loro ammontare. Se per i servizi prestati all'estero dai dipendenti delle amministrazioni dello Stato la legge prevede la corresponsione di una indennità base e di maggiorazioni ad essa collegate concorre a formare il reddito la sola indennità nella misura del quaranta per cento. //... //... //...") d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 (istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) e 42 ("Con effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate e cessano di avere applicazione le disposizioni concernenti esenzioni e agevolazioni tributarie, anche sotto forma di regimi fiscali sostitutivi, diverse da quelle considerate nel decreto stesso o in altri decreti emanati in attuazione della legge 9 ottobre 1971 n. 825, comprese le norme che estendono in qualsiasi forma ad altri soggetti e agli atti da essi stipulati il trattamento tributario previsto per lo Stato e per gli atti stipulati dallo Stato. // Con la stessa decorrenza cessano di avere effetto, salvo quanto stabilito nei precedenti articoli, le disposizioni recanti proroga di esenzioni agevolazioni e regimi sostitutivi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto o a data da stabilire con il decreto medesimo. // Le esenzioni e le agevolazioni previste dal presente decreto con riferimento ad altre disposizioni di legge cessano di avere applicazione al termine di decadenza risultante dalle disposizioni medesime") nella parte in cui consentono che l'indennità integrativa speciale, istituita dalla legge 27 maggio 1959 n. 324, concorre a formare il reddito complessivo netto al fine della applicazione delle aliquote progressive, per contrasto con l'art. 36 Cost., in quanto la tassazione progressiva di un aumento meramente nominale di reddito sospingerebbe la retribuzione, così adeguata, al di sotto del livello di proporzionalità al lavoro prestato che la norma costituzionale garantisce, e con l'art. 53 in quanto, incidendo la tassazione progressiva su un aumento meramente nominale di reddito, difetterebbe il presupposto della crescita reale della capacità contributiva.
28.2. - Se si riflette che la indennità integrativa speciale fu istituita, a far tempo dal 1 luglio 1959, con l. 27 maggio 1959 n. 324 (miglioramenti economici al personale statale in attività ed in quiescenza) allo scopo di preservare in qualche misura il trattamento del personale statale dal rischio della svalutazione monetaria, riuscirebbe lecito contestare che la disciplina tributaria del trattamento le si estenda, soltanto a patto di negare che la quantità di moneta, nella quale la indennità si risolve, si trasferisca dallo Stato al personale per una causa giuridica diversa da quella che giustifica la translatio, dallo Stato al personale, della quantità di moneta pari all'ammontare non rivalutato del trattamento, ma poiché siffatta contestazione urta contro il diritto vivente quale espresso nella normativa (supra 27.1.1.) e nella giurisprudenza ordinarie (supra 27.1.2.) e si pone in insanabile contrasto con la giurisprudenza di questa Corte (supra 27.2.), non rimane, in aggiunta alla motivazione della C. cost. 126/1979, se non ribadire e precisare che se la parte rivalutata dei redditi fosse sottratta alla capacità contributiva dei dipendenti dello Stato (come di ogni altro produttore di redditi) l'importo valutario delle spese pubbliche dovrebbe essere compresso in proporzione di un coefficiente di segno negativo pari al coefficiente di rivalutazione dei rediti dei contribuenti (non dei soli lavoratori); altrimenti i conti, su cui l'art. 53 si adagia, non tornerebbero. Alla quale conclusione nessuno dei giudici a quibus si é sentito di addivenire.
Né, infine, merita credito la distinzione tra esenzione ed esclusione di reddito perché nella terminologia tributaria la nozione di agevolazione, cui avrebbe fatto capo la legge istitutiva della indennità, sta ad indicare indifferentemente esenzioni e esclusioni di reddito e regimi sostitutivi.
28.3. - In merito all'altro parametro individuato nell'art. 36 e segnatamente nel comma primo di questa disposizione, a tenor del quale "il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa", la Corte, che a tanto é legittimata sol per aver giudicato inconsistente la violazione dell'art. 53, si limita ad osservare che la verifica della sussistenza, in concreto, della idoneità dell'assoggettamento dell'indennità a prelievo fiscale ad attentare a quei canoni di esistenza libera e dignitosa del lavoratore, cui vuole la riprodotta norma costituzionale indirizzata la retribuzione, implica indagini economiche finanziarie e sociali che rientrano nella competenza del legislatore. Né, in ogni caso, alcuno dei giudici a quibus argomenta e dimostra che l'imposizione in esame verrebbe ad intaccare il minimo vitale di cui tutti i lavoratori dipendenti debbono poter disporre.
29. - La seconda questione, vertente sul se sia costituzionalmente illegittimo l'art. 42 d.P.R. 601/1973 per eccesso di delega (art. 77 Cost.), in relazione all'art. 9 comma primo n. 1 l. 9 ottobre 1971. n. 825 (delega legislativa al Governo per la riforma tributaria) in quanto la perdurante attualità dei fini perseguiti con l'esenzione dell'indennità integrativa speciale (già stabilita dalla legge istitutiva 324/1959) e la conformità degli stessi agli obiettivi del programma economico nazionale avrebbero implicato il mantenimento del precedente regime esentivo, é non meno infondata dappoiché la Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, che sola tra i giudici a quibus l'ha sollevata, non ha tenuto nel debito conto che l'art. 9 comma primo della legge di delegazione, lungi dall'additare al legislatore delegato il criterio della conservazione dei benefici, gli ha impartito la direttiva di sostituirli con la concessione di contributi, anche sotto forma di buoni d'imposta (commisurati a parametri da determinare senza riferimento all'imponibile) ma sol "in quanto possibile". Dettami che il legislatore delegato ha rispettato se si considera che la soppressione della indennità contributiva speciale é stata bilanciata con particolari "detrazioni d'imposta" in aggiunta a quelle comuni di carattere soggettivo: del che offrono tangibile testimonianza le modifiche di tempo in tempo apportate agli artt. 15 e 16 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 con gli artt. 4 d.l. 6 luglio 1974 n. 259 (sost. in sede di conversione per l. 17 agosto 1974 n. 384), 10 l. 2 dicembre 1975 n. 576, 2 l. 30 novembre 1976 n. 786, 14 l. 13 aprile 1977 n. 114, 59 l. 21 dicembre 1978 n. 843, 2 l. 24 aprile 1980 n. 146, 3 l. 28 febbraio 1983 n. 53.



PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE


riuniti gli incidenti iscrtti ai nn. 840 R.O. 1982, 1079 R.O. 1983, 122 a 136, 322 a 326, 412, 477 R.O. 1984,

a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 36 e 53 Cost. degli artt. 46 e 48 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 (istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) e 42 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601 (disciplina delle agevolazioni tributarie) nella parte in cui consentono che l'indennità integrativa speciale, istituita con l. 27 maggio 1959 n. 324 (miglioramenti economici al personale statale in attività di servizio) concorra a formare il reddito complessivo netto al fine dell'applicazione delle aliquote complessive.

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, per eccesso di delega, dell'art. 42 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601 in riferimento all'art. 9 comma primo n. 1 l. 9 ottobre 1971 n. 825 (delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria).




Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 1984.
LEOPOLDO ELIA, PRESIDENTE
VIRGILIO ANDRIOLI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1984.