Ordinanza n.275 del 1984

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ORDINANZA N. 275

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

          Prof. Giuseppe BORZELLINO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 25, 26, 28, 29, 30 e 31 della legge 3 maggio 1982 n. 203 (Norme sui contratti agrari) promossi con ordinanze 11 giugno 1983 del Tribunale di Ancona, 27 ottobre e 10 novembre 1983 del Tribunale di Rimini (n. 8 ord.), 27 e 6 luglio 1983 del Tribunale di Pesaro (n. 3 ord.), 4 ottobre 1983 del Tribunale di Brescia, 12 ottobre 1983 del Tribunale di Grosseto, 17 giugno e 14 ottobre 1983 del Tribunale di Fermo, 27 e 13 luglio 1983 del Tribunale di Pesaro (n. 6 ord.), 12 novembre 1983 e 25 ottobre 1983 del Tribunale di Ancona (n. 9 ord.), 28 ottobre 1983 del Tribunale di Arezzo (n. 9 ord.), 19 gennaio 1984 del Tribunale di Macerata (n. 2 ord.), 20 dicembre 1983, 29 novembre 1983 e 10 dicembre 1983 del Tribunale di Ancona (n. 20 ord.), 20 e 27 luglio 1983 del Tribunale di Pesaro (n. 4 ord.), 15 dicembre 1983 del Tribunale di Macerata (n. 2 ord.), 25 novembre 1983 del Tribunale di Fermo, 9 dicembre 1983 del Tribunale di Ascoli Piceno, 14 gennaio 1984 del Tribunale di Ancona (n. 8 ord.), 21 dicembre 1983 del Tribunale di Chieti (n. 2 ord.), iscritte rispettivamente ai nn. 1025, dal 1033 al 1040, dal 1049 al 1051 e 1100 del registro ordinanze 1983 e ai nn. 1, 9, 32, dal 48 al 53, dal 104 al 121, dal 172 al 193, dal 196 al 199, 207, 208, 221, 253, dal 328 al 335, 512 e 513 del registro ordinanze 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 74, 81, 155, 95, 115, 127, 169 e 231 dell'anno 1984. Visti gli atti di costituzione di Mancinelli, Baldeschi, Pace, Marcolini, Gentili, Longarini, Babini, Balducci, Tecchi, Nati, Tonnarelli, Tenenti, Lorenzetti, Leonardi, Arcagni, Urbani, Bublioni, Luciano ed altri, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 30 ottobre 1984 il Giudice relatore Francesco Saja.

Ritenuto che nel corso di giudizi civili aventi per oggetto la conversione del contratto di mezzadria in affitto, disciplinata dagli artt. 25 e segg. l. 3 maggio 1982 n. 203, i Tribunali di Ancona, Rimini, Pesaro, Brescia, Grosseto, Fermo, Arezzo, Macerata, Ascoli Piceno e Chieti, con le ordinanze indicate in epigrafe sollevavano questioni di legittimità costituzionale delle norme disciplinanti il detto istituto;

che precisamente, mentre con tutte le ordinanze di rimessione veniva impugnato l'art. 25 l. cit. nella parte in cui esso prevede la conversione "automatica", ossia attuabile attraverso il solo atto di esercizio di un diritto del mezzadro, alcune, al mero fine di argomentare l'impugnativa dell'art. 25, richiamavano anche il successivo art. 26, concernente la conversione richiesta dal concedente e non realizzabile senza il consenso del mezzadro (Tribunali di Ancona ordd. n. 1025/1983, da 104 a 112, da 174 a 193, e da 328 a 335 del 1984; Rimini da 1033 a 1040 del 1983; Pesaro 1049/1983, da 48 a 51 e 199 del 1984; Brescia 1100/1983; Grosseto 1/1984; Arezzo da 113 a 121 del 1984; Macerata 172, 173, 207, 208/1984; Chieti 512 e 513/1984; Ascoli Piceno 253/1984);

che i Tribunali di Pesaro (ordd. n. 1049/1983 e da 48 a 51, 199/1984), Brescia, Arezzo ed Ascoli Piceno impugnavano anche l'art. 30 l. cit., relativo alla conversione nel caso in cui il concedente sia imprenditore a titolo principale ai sensi dell'art. 12 l. 9 maggio 1975 n. 153, ma disponente pur sempre un trattamento di favore per il mezzadro;

che alcune delle ordinanze sopra citate, infine, indicavano quale oggetto di impugnazione anche gli artt. 28, 29 e 31 l. ult. cit., ma genericamente e solo per corroborare la denuncia di incostituzionalità degli altri articoli;

che i giudici rimettenti facevano riferimento alle seguenti norme della Costituzione:

- art. 3, in quanto la conversione non si attua per tutti i contratti, ma solo per alcuni di essi e secondo il mero arbitrio dei concessionari, che vengono così posti in una ingiustificata situazione di privilegio di fronte ai concedenti (Trib. di Grosseto, Fermo, Arezzo, Macerata, Ascoli Piceno e Chieti);

- ancora art. 3, in quanto la conversione lascia in vita le imprese mezzadrili più deboli, chiamate dall'art. 31 l. cit."unità produttive insufficienti", e sacrifica quelle più prospere, così palesando un'intrinseca irragionevolezza (Trib. Ancona);

- art. 4, in quanto l'iniziativa del mezzadro può porre il concedente-imprenditore nella necessità di abbandonare la propria attività professionale (Trib. Brescia, Arezzo, Ascoli Piceno e Chieti);

- art. 41, in quanto la conversione annulla la libertà di iniziativa economica del concedente, intesa come libertà di destinare un capitale a fini produttivi (questa disposizione é indicata in tutte le ordinanze);

- artt. 42, 43 e 44, in quanto il concedente é sostanzialmente espropriato del proprio fondo, ossia della propria azienda, senza indennizzo e senza che l'espropriazione possa servire a realizzare più equi rapporti sociali (Trib. Brescia, Arezzo, Macerata, Chieti e Ascoli Piceno);

- art. 46, in quanto la trasformazione della mezzadria in affitto contrasta con l'intenzione del costituente di favorire la formazione di imprese con associazione di capitale e lavoro (Trib. Arezzo);

che la Presidenza del Consiglio dei ministri interveniva nelle cause nn. 9, da 48 a 52, 512 e 513 del 1984, chiedendo che fosse dichiarata la non fondatezza delle questioni;

che nelle cause nn. 1025 e 1051 del 1983, 1, 48, 51, 104, 110, 177, 179, 180, 181, 182, 185, 196, 197, 199, 331, 335, 512 e 513 del 1984, si costituivano i concedenti Mancinelli, Marcolini, Nati, Gentili, Longarini, Tonnarelli, Baldeschi, Tenenti, Pace, Lorenzetti, Leonardi, Arcagni, Babini, Balducci, Tecchi, Urbani, Bublioni e Luciano, chiedendo che la Corte dichiarasse l'illegittimità costituzionale delle norme impugnate.

Considerato che tutti i giudizi vanno riuniti per la loro identità o connessione;

che tutte le questioni sono state già decise da questa Corte con sentenza 7 maggio 1984 n. 138;

che in essa si é osservato come il legislatore, attraverso l'istituto della trasformazione della mezzadria in affitto, abbia confermato il disfavore, già espresso nella precedente normativa, verso il primo tipo di contratto agrario ed abbia perseguito la duplice finalità di incrementare la produzione ed evitare la persistente conflittualità tra le parti del rapporto, considerando con particolare favore la posizione del mezzadro, il quale all'attività di condirezione dell'impresa unisce il lavoro manuale e perciò un più intenso e diretto vincolo con il fondo;

che alla stregua di queste scelte del legislatore, discrezionali e perciò insindacabili in questa sede, si giustificano così l'attribuzione del diritto di conversione al mezzadro e non anche al concedente, come la non operatività dell'istituto per le unità produttive insufficienti (art. 31 l. cit.), dovendosi, conseguentemente, escludere le prospettate violazioni dell'art. 3 Cost.;

che la Corte ha altresì osservato come alla conversione sia estranea qualsiasi fattispecie espropriativa, ossia di trasferimento di beni, verificandosi solo una limitazione dell'autonomia privata giustificata dai suddetti fini di utilità sociale e così non potendo ravvisarsi la violazione degli artt. 42 e 43 Cost.;

che i fini sopra detti, e in particolare l'assenteismo del concedente - riscontrabile, secondo l'espressione contenuta nei lavori preparatori della legge, nella grande maggioranza dei casi - escludono in linea di principio anche la violazione degli artt. 41 e 44 Cost., nonché dell'art. 46 Cost., che favorisce le forme di imprenditorialità associativa solo in presenza di un interesse generale, apprezzabile dalla discrezionalità del legislatore;

che, tuttavia, poiché l'assenteismo del concedente non é sempre riscontrabile, la Corte ha ritenuto che l'art. 25 l. cit. contrasti con gli artt. 41 e 44 Cost. nella parte in cui prevede che, nel caso di concedente imprenditore a titolo principale ai sensi dell'art. 12 l. n. 153 del 1975 o che comunque abbia dato un adeguato apporto alla condirezione dell'impresa di cui ai contratti associativi previsti nel primo comma dello stesso art. 25, la conversione abbia luogo senza il consenso del concedente stesso;

che in conseguenza la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, oltre che, parzialmente, dell'art. 25, anche dell'art. 30 l. cit.;

che la detta pronuncia assorbe la censura relativa all'art. 4 Cost.;

che in conclusione, le questioni, in quanto già decise, debbono essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26 l. 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 25, 26, 28, 29, 30 e 31 l. 3 maggio 1982 n. 203, sollevate in riferimento agli artt. 3, 4, 41, 42, 43, 44, 46 Cost. dai Tribunali di Ancona, Rimini, Pesaro, Brescia, Grosseto, Fermo, Arezzo, Macerata, Ascoli Piceno e Chieti con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 1984.

 

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO

 

Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1984.