Sentenza n 233 del 1984

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SENTENZA N. 233

 

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 378, 381, u.p. e 384 codice di procedura penale promossi con le seguenti ordinanze:

 

1) ordinanza emessa il 18 febbraio 1981 dal Giudice Istruttore presso il Tribunale di Catania nel procedimento penale a carico di Nicolosi Salvatore ed altri iscritta al n. 423 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 dell'anno 1981;

 

2) ordinanza emessa il 22 dicembre 1981 dal Giudice Istruttore presso il Tribunale di Trapani nel procedimento penale a carico di Giacalone Nicolò iscritta al n. 132 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 213 dell'anno 1982;

 

3) ordinanza emessa il 28 ottobre 1982 dalla Sezione istruttoria della Corte d'Appello di Catania nel procedimento penale a carico di Alma Gaetana, iscritta al n. 901 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 149 dell'anno 1983.

 

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

Udito nella camera di consiglio del 16 novembre 1983 il Giudice relatore Alberto Malagugini.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza del 18 febbraio 1981 (r.o. 423/81) il Giudice istruttore presso il Tribunale di Catania - premesso che Barbagallo Giuseppe, imputato di tentato furto aggravato, avrebbe dovuto essere prosciolto perché riconosciuto affetto, al momento del fatto, da totale infermità psichica e conseguentemente (ex art. 222 c.p.) ricoverato in ospedale psichiatrico giudiziario per un tempo non inferiore a due anni - osservava che l'automatica applicazione di tale misura di sicurezza sulla base della pena edittale pone l'imputato che sia prosciolto per vizio totale di mente in istruttoria in posizione deteriore rispetto a chi sia, per lo stesso motivo, assolto dal medesimo reato in dibattimento.

 

Secondo l'interpretazione data dalla Corte di Cassazione al disposto dell'art. 384, n. 2 c.p.p., infatti, il G.I. non può, a differenza del giudice del dibattimento, tener conto di eventuali circostanze attenuanti, né effettuare il giudizio di comparazione tra queste e le contestate aggravanti.

 

Il giudice a quo sollevava perciò, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale del citato art. 384, n. 2 c.p.p.; osservando, in punto di rilevanza, che nella specie avrebbero potuto essere riconosciute al prevenuto le attenuanti generiche, equivalenti alle contestate aggravanti, sì da qualificare il reato come tentato furto semplice (punito con la reclusione non superiore nel massimo a due anni) e da evitare così l'automatica applicazione della predetta misura di sicurezza.

 

2. - Un'analoga questione di legittimità costituzionale, sempre in riferimento all'art. 3, primo comma, Cost., veniva proposta dal G.I. presso il Tribunale di Trapani con ordinanza del 22 dicembre 1981 (r.o. 132/82) emessa in sede di esame della richiesta del P.M. di proscioglimento per totale infermità psichica dell'imputato Giacalone Nicolò e di ricovero del medesimo in un ospedale psichiatrico giudiziario per un tempo non inferiore ad anni due, in considerazione dell'entità della pena edittale prevista per il delitto di lesione personale grave (da tre a sette anni).

 

In tale occasione venivano peraltro impugnati non il solo art. 384 n. 2 c.p.p., bensì "gli artt. 378 e 384 c.p.p., in relazione agli artt. 88 e 222, prima parte, c.p." "nella parte in cui non prevedono che il giudice istruttore possa applicare circostanze attenuanti e procedere eventualmente al relativo giudizio di comparazione ex art. 69 al fine di determinare la pena in concreto irrogabile per il fatto-reato, alla cui misura l'art. 222 ricollega l'obbligatoria applicazione o meno della misura di sicurezza dell'ospedale psichiatrico giudiziario".

 

Dopo aver osservato che tali possibilità sono, invece, concesse al giudice del dibattimento - il quale, in forza dei predetti meccanismi (attenuanti e giudizio di comparazione), può non applicare la misura di sicurezza anche ove il riconoscimento della totale infermità psichica avvenga per la prima volta in dibattimento lo segua una valutazione di seminfermità effettuata in istruttoria - il G.I. precisava, in punto di rilevanza, che nel caso di specie ad analogo risultato si sarebbe potuti pervenire escludendo la contestata aggravante dei motivi futili (incompatibile col vizio totale di mente) e concedendo le attenuanti generiche - equivalenti o prevalenti rispetto all'aggravante di cui all'art. 583, primo comma, n. 2 c.p. - sì da rendere irrogabile la pena prevista per le lesioni semplici (reclusione da tre mesi a 3 anni). É vero - riconosceva il G.I. - che ciò presuppone che "ai fini della determinazione della pena ai sensi dell'art. 222 c.p. si faccia riferimento a quella in concreto irrogabile", laddove la Corte di Cassazione é ferma nel ritenere che a tal fine debba farsi riferimento "alla pena massima applicabile in astratto quale risulta dalla misura massima prevista per l'ipotesi semplice, aumentata fino al limite massimo per ogni circostanza aggravante e diminuita (solo in sede dibattimentale) nel minimo per ogni attenuante (un giorno - una lira), salvi gli effetti dell'eventuale giudizio di comparazione ex art. 69 c.p. (cfr. Cass. Sez. III 27 maggio 1963, Taverna, Giust. pen. 1964, II, 179)"; ma é anche vero che in tema di perdono giudiziale la stessa Cassazione ha affermato l'opposto principio della "pena in concreto", pur essendo nella relativa disposizione (art. 169 c.p.) adottata un'espressione ("se... la legge stabilisce una pena") identica a quella usata nell'art. 222 c.p..

 

Il suddetto orientamento giurisprudenziale non é inoltre, ad avviso del G.I, aderente ad una nozione unitaria di pericolosità, che dovrebbe essere rapportata alla "concreta" gravità del reato e quindi tener conto anche delle circostanze che concorrono a qualificare la condotta dell'agente. Peraltro, anche ove la Corte riconoscesse doversi far riferimento alla pena in concreto, la diversità tra giudizio istruttorio e dibattimentale - in punto di applicabilità di attenuanti ed eventuale giudizio di comparazione - permarrebbe ugualmente (sia pure con riguardo a fattispecie diverse da quelle oggetto del procedimento a quo); ed essa é, ad avviso del G.I. di Trapani, "del tutto ingiustificata", in quanto "dipende dalla circostanza del tutto occasionale che in ordine ad uno stesso reato l'assoluzione o il proscioglimento per non imputabilità sia pronunciato in fasi processuali diverse".

 

3. - Un'analoga questione di legittimità costituzionale questa volta riferita agli "artt. 378, 381, u.p. e 384, comma primo, n. 2 c.p.p., in relazione agli artt. 199 e segg. c.p., per contrasto con gli artt. 3, primo comma e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che il Giudice Istruttore possa tener conto delle circostanze attenuanti per determinare la pena stabilita dalla legge per il fatto commesso al fine di individuare la misura minima della durata della misura di sicurezza" - veniva sollevata dalla Sezione istruttoria della Corte d'Appello di Catania con ordinanza del 28 ottobre 1982 (r.o. 901/1982), emessa in sede di decisione sull'appello avverso una sentenza di proscioglimento per infermità psichica, col quale si lamentava che, ove fossero state concesse le attenuanti generiche, la durata del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario sarebbe stata determinata in un tempo non superiore ad anni due, anziché ad anni cinque. Premesso che il richiamo contenuto nell'art. 384, n. 2 c.p.p. alle sole circostanze aggravanti può essere inteso solo nel senso che il G.I. non può tener conto delle attenuanti, la Sezione affermava - nella concisa motivazione dell'ordinanza - che la impossibilità di far valere queste ultime "incide sul diritto di difesa" e si traduce "in una intollerabile disparità di trattamento rispetto a chi con il medesimo carico di reati e con la medesima situazione processuale, può beneficiare della valutazione di esse con la sentenza di assoluzione a conclusione della fase dibattimentale".

 

4. - Le tre predette ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, venivano pubblicate, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale nn. 297 del 28 ottobre 1981, 213 del 4 agosto 1982, 149 dell'1 giugno 1983.

 

5. - L'Avvocatura dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri nel giudizio instaurato con la prima delle suddette ordinanze, rilevava che tanto il G.I. che il giudice del dibattimento, nell'emettere sentenza di proscioglimento (o di assoluzione) per totale infermità psichica, devono, ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza, far riferimento alla pena edittale, per l'espresso disposto dell'art. 222 c.p.. Se poi la censura fosse implicitamente rivolta contro la presunzione legale di pericolosità posta da quest'ultima norma, é da ricordare - osservava l'Avvocatura - che già dalla sentenza n. 68/67 la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità di un regolamento preventivo e generale delle situazioni ivi previste.

 

Replicando, poi, all'ordinanza 28 ottobre 1982 della Sezione istruttoria di Catania, l'Avvocatura contestava innanzitutto la rilevanza della questione sollevata, osservando che nel giudizio a quo non risultava effettuato il previo accertamento "della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità... al tempo dell'applicazione della misura" cui deve essere subordinato il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell'imputato prosciolto per infermità psichica in base alla sentenza della Corte n. 139 dell'8 luglio 1982. Inoltre, il porre in questione la durata minima (maggiore o minore) della misura in discorso sarebbe privo di concreta rilevanza nel sistema instaurato a seguito della sentenza della Corte n. 110 del 1974, giacché l'attribuzione al giudice del potere di revoca della misura di sicurezza anche prima del termine minimo "ove sia accertata la cessazione della stato di pericolosità" comporta che l'assoggettamento minimo ex lege é del tutto sostituito da assoggettamento in cui la durata é in relazione alla accertata sussistenza e persistenza della pericolosità sociale.

 

Nel merito, poi, l'Avvocatura contestava che in sede dibattimentale possa farsi riferimento alla pena in concreto, tenuto conto delle attenuanti; e ricordava che, comunque, la legittimità del criterio della pena in astratto é stata a chiare lettere affermata nella citata sentenza n. 139 del 1982. Quanto, infine, alla pretesa violazione dell'art. 24 Cost., l'Avvocatura osservava che "il punto fondamentale della difesa del prosciolto non sta, tanto, nell'accertamento se il fatto sia, o non, assistito da circostanze attenuanti, quanto, piuttosto, nell'accertamento se la pericolosità sociale sussista e persista".

 

Considerato in diritto

 

1. - Le tre ordinanze di rimessione propongono analoghe questioni di legittimità costituzionale. I relativi giudizi possono perciò venire riuniti e decisi con unica sentenza.

 

2. - Salve le specificazioni che si faranno in seguito, tutti i giudici a quibus dubitano che l'art. 384 n. 2 c.p.p. contrasti con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, Cost.. Ciò perché la norma prevede che la sentenza di proscioglimento del giudice istruttore debba contenere l'enunciazione delle (sole) circostanze aggravanti, con ciò escludendosi - secondo l'interpretazione della Corte di Cassazione - che il G. I, nel pronunziarla, possa tener conto delle circostanze attenuanti ed effettuare il giudizio di comparazione ex art. 69 c.p., al fine di determinare la misura della pena alla quale, in caso di proscioglimento per totale infermità psichica, l'art. 222 c.p. ricollega l'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario. Ne deriverebbe - secondo i giudici rimettenti - una ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli imputati assolti per infermità psichica con sentenza dibattimentale, poiché il giudice del dibattimento - secondo una giurisprudenza consolidata - può tener conto al suddetto fine anche delle circostanze attenuanti ed effettuare il giudizio di comparazione con le aggravanti.

 

Oltre alla citata norma (art. 384 n. 2 c.p.p.) il G.I. di Trapani impugna anche l'art. 378 c.p.p."in relazione agli artt. 88 e 222, prima parte c.p."; la Sezione istruttoria di Catania, a sua volta, impugna anche gli artt. 378 e 381, secondo comma, ult. parte, c.p.p. "in relazione agli artt. 199 e segg. c.p.". Detta Sezione, inoltre, dubita che il citato art. 384 n. 2 c.p.p. contrasti, per i medesimi motivi, con l'art. 24, primo e secondo comma, Cost., in quanto l'impossibilità di far valere le circostanze attenuanti "incide sul diritto di difesa".

 

3. - L'Avvocatura dello Stato, per negare fondamento alla questione come sopra prospettata, richiama tra l'altro la sentenza di questa Corte n. 139 del 1982, assumendo che con essa é stata già chiaramente affermata la legittimità costituzionale del ricorso al criterio della pena considerata in astratto. Tale rilievo, pur se (formalmente) esatto, non é pertinente per la risoluzione della questione in esame. In quella decisione, infatti, la Corte era chiamata a vagliare la fondatezza dell'assunto di taluni dei giudici a quibus (v. par. 15 e 18 della motivazione in fatto) secondo cui, ai fini dell'applicazione o meno della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, ovvero della determinazione della sua durata, dovrebbe farsi ricorso al criterio della pena quale "in concreto" determinata dal giudice ritenuto l'unico in condizione di misurare l'effettiva gravità del fatto-reato e, conseguentemente l'effettivo grado di pericolosità del soggetto. La censura era quindi, in quel caso, rivolta essenzialmente contro il ricorso al criterio della pena edittale, da sostituire - ad avviso dei giudici a quibus - con quello della pena dal giudice ritenuta congrua nei singoli casi, avvalendosi dei poteri discrezionali all'uopo conferitigli dalla legge.

 

Ed é esclusivamente su tale prospettazione che la Corte ebbe a pronunciarsi con la citata sentenza: nella quale conformemente del resto a sue precedenti decisioni (cfr. sent. 68/67) - essa rilevò che "il riferimento al massimo della pena edittale, assunto quale indice della gravità del reato e non invece alla pena irrogabile in concreto, tenendo conto di eventuali attenuanti, oltre a discendere in modo coerente dal presupposto della misura rappresentato da una sentenza di proscioglimento (e non di condanna) dell'imputato incapace, garantisce la applicazione della misura stessa in tutte le situazioni normativamente descritte con pieno rispetto del principio di uguaglianza".

 

Sulla base di tale orientamento - dal quale la Corte non ritiene di discostarsi, non essendo stati addotti argomenti nuovi - deve essere dichiarata la manifesta infondatezza della questione sollevata dal G.I. di Trapani: la rilevanza della quale, come lo stesso G.I. ha riconosciuto, presuppone che "ai fini della determinazione della pena ai sensi dell'art. 222 c.p. si faccia riferimento a quella in concreto irrogabile".

 

Del tutto diverse sono invece le conclusioni cui deve pervenirsi in relazione alle altre due ordinanze qui in esame: nelle quali si deduce che, fermo restando il riferimento alla pena edittale prevista per i reati contestati nei relativi giudizi, il riconoscimento di attenuanti generiche valutate in astratto e l'effettuazione del giudizio di comparazione tra queste e le aggravanti contestate consentirebbe nell'un caso (ord. del G.I. di Catania) di evitare l'automatica applicazione della predetta misura di sicurezza e nell'altro (ord. della Sezione istruttoria di Catania) di determinarne la durata minima in due anni anziché cinque.

 

4. - Tanto premesso, é d'uopo precisare che secondo l'orientamento della Corte di Cassazione, assunto dalle predette ordinanze a presupposto della questione sollevata, la valutazione dell'illecito sul piano sanzionatorio da effettuarsi in sede dibattimentale ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario va fatta tenendo presente "non già la pena che andrebbe in concreto individuata, bensì quella applicabile in astratto alla previsione criminosa, considerate le sue effettive componenti, vale a dire la misura massima della pena prevista per la ipotesi base, aumentata nel limite massimo per ogni circostanza aggravante o diminuita nel minimo per ciascuna circostanza attenuante (salvo l'eventuale giudizio comparativo)".

 

A tale criterio, ad avviso della stessa Corte di Cassazione, non potrebbe però farsi ricorso qualora il proscioglimento per infermità psichica sia effettuato in fase istruttoria, ostandovi il tassativo disposto dell'art. 384, n. 2 c.p.p.. Si assume, infatti, che detta norma - alla quale corrisponde esattamente quella di cui all'art. 374, secondo comma, stesso codice disciplinante le ordinanze di rinvio a giudizio - comporta che il "fatto commesso" di cui all'art. 222 c.p. non possa essere valutato se non nei limiti della contestazione: e poiché questa comprende solo il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, resta esclusa la valutazione delle circostanze attenuanti e, conseguentemente, il giudizio di comparazione tra queste e le aggravanti.

 

Non spetta a questa Corte verificare se tale conclusione contrastata da parte della dottrina e della giurisprudenza di merito - sia rigorosamente deducibile, sul piano interpretativo, dalla lettera e dalla ratio dell'art. 384 c.p.p.; pur se non va sottaciuto che, sul punto, la relazione al progetto preliminare del vigente codice di procedura penale (vol. VIII, p. 71) motiva la scelta di escludere la valutabilità delle circostanze diminuenti da parte del giudice istruttore esclusivamente con riferimento alla sentenza (ora ordinanza) di rinvio a giudizio.

 

5. - Tali essendo i termini della questione sollevata, deve ricordarsi che la violazione del principio di eguaglianza per il diverso trattamento riservato al prosciolto per infermità psichica in fase istruttoria ed al prosciolto per lo stesso motivo in fase dibattimentale, in ragione della valutabilità solo nel secondo caso, e non nel primo, delle eventuali circostanze attenuanti; fu già altra volta prospettata a questa Corte, impugnandosi, all'uopo, il disposto di cui all'art. 378 c.p.p.. In tale occasione, peraltro, la Corte non poté pervenire ad una pronuncia di merito, avendo dovuto rilevare "che la questione, oltre a non essere stata formalmente proposta col dispositivo dell'ordinanza, (essa) comunque riguarderebbe l'art. 384, n. 2 del codice di procedura penale" (sent. n. 174 del 1976).

 

Sotto un diverso profilo, deve ancora ricordarsi che l'applicazione di misure di sicurezza con la sentenza istruttoria di proscioglimento é stata già altra volta contestata in riferimento alla salvaguardia del diritto di difesa: assumendosi al riguardo che, avendo il giudice istruttore il solo compito di acquisire le prove, e non anche quello di valutarle definitivamente e di accertare così l'esistenza del reato, tale fondamentale diritto verrebbe ad essere compresso e la misura di sicurezza verrebbe ad essere applicata in base ad elementi di prova che, se relativi ad un soggetto imputabile, sarebbero idonei solo a giustificarne il rinvio a giudizio. A tale prospettazione, peraltro, la Corte - con la sentenza n. 127 del 1979 - ha replicato precisando che la sentenza di proscioglimento istruttorio, al pari di quella pronunciata in dibattimento, contiene un'espressa pronuncia sul fondamento dell'accusa; che la difesa é garantita nella fase istruttoria mediante il deposito degli atti e la facoltà dei difensori di presentare istanze e memorie, quindi anche di chiedere l'espletamento di altri mezzi di prova e la rinnovazione di quelli già espletati; che infine, il G.I. non può "ignorare le istanze della difesa, sulle quali é obbligato a provvedere con ordinanza o con sentenza al fine di garantire ogni ulteriore rimedio giuridico".

 

6. - Tale essendo l'ampiezza del giudizio demandato al giudice istruttore - così come al giudice del dibattimento deve ancora precisarsi che, poiché l'art. 222 c.p. riconnette la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario alla pena stabilita dalla legge "per il fatto commesso", occorre in tale giudizio - come precisato nella citata sentenza n. 139/82 - accertare "la riferibilità di un fatto di reato ad un soggetto che al momento della commissione era incapace d'intendere o di volere per infermità psichica". Essendo la suddetta misura fondata su una presunzione di pericolosità, l'indagine non può ovviamente vertere sul se sia stato commesso un reato, bensì se sia stato commesso un fatto che, ledendo l'ordine sociale e costituendo reato se fosse stato commesso da persona sana di mente, sia indice della pericolosità del soggetto. Attesa, perciò, la funzione sintomatica che il fatto del non imputabile deve avere, il rinvio del medesimo art. 222 c.p. alla pena astrattamente prevista dalla legge per tale fatto se da un lato tende - come sopra precisato - a garantire "l'applicazione della misura in tutte le situazioni normativamente descritte nel pieno rispetto del principio d'uguaglianza", dall'altro sottende la esigenza che nel "fatto commesso" sia colto con la maggiore esattezza il valore sintomatico che esso presenta rispetto alla personalità e quindi alla pericolosità del soggetto.

 

Nella citata sentenza n. 139/82 questa Corte ha appunto affermato che "l'esigenza di una determinazione legale sufficientemente precisa dei presupposti delle misure di sicurezza deriva" dal "principio di legalità"; e che rientra "in via di principio nella responsabilità del legislatore anche determinare se e quali spazi e criteri di orientamento sia opportuno lasciare alla discrezionalità o all'apprezzamento tecnico del giudice, in vista dell'adeguamento finalistico della misura alle situazioni individuali".

 

Ora, in sede di specificazione dei margini di valutazione che l'art. 222 c.p. consente al giudice, la giurisprudenza ordinaria, in riferimento al proscioglimento in fase dibattimentale, ha interpretato tale norma, come si é visto, nel senso che la pena in astratto applicabile al fatto commesso vada considerata in tutte le sue effettive componenti, tenendo conto cioé non solo dell'ipotesi base, ma anche delle circostanze aggravanti (valutate nel massimo) e di quelle attenuanti (considerate nel minimo); e poiché, in base all'art. 69 c.p., e principio generale che attenuanti ed aggravanti vadano comparate e che ne vada stabilita - per misurare l'effettiva, entità del "fatto commesso" - l'equivalenza o la prevalenza delle une sulle altre, la giurisprudenza ha ritenuto che anche tale valutazione fosse consentita al giudice del dibattimento ai fini dell'applicazione o meno, ovvero della determinazione della durata minima della misura di sicurezza in questione.

 

Tale essendo, dunque, il criterio da applicarsi in fase dibattimentale, la Corte ritiene che l'applicazione di un criterio diverso e più restrittivo nella fase istruttoria sia del tutto priva di razionale giustificazione e lesiva ad un tempo delle garanzie costituzionali di uguaglianza e di inviolabilità "in ogni stato e grado del procedimento" del diritto di difesa.

 

Con riferimento a quest'ultimo, é di tutta evidenza che la pienezza del diritto di difesa che - secondo la citata sentenza n. 127 del 1979 - é garantita nella fase istruttoria, in termini sia di allegazione di circostanze a discarico che di acquisizione al processo del corrispondente materiale probatorio, sarebbe meramente teorica se poi al giudice non fosse consentito di utilizzare gli elementi di giudizio così acquisiti per trarne le conseguenze sul piano della valutazione della gravità del fatto del non imputabile, ad es. in termini di riconoscimento della sussistenza di determinate circostanze attenuanti (si pensi, in particolare, a quelle del danno di particolare tenuità, ovvero a quella della provocazione, che ha evidentemente uno specifico rilievo per la valutazione sintomatica della pericolosità del soggetto).

 

Quanto al principio d'uguaglianza, é con pari evidenza priva di ogni fondamento razionale una previsione normativa che riconnetta un diverso trattamento (addirittura in termini di applicazione o meno della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario) alla circostanza, meramente casuale, che la sussistenza dell'incapacità d'intendere o di volere per infermità psichica al momento del fatto emerga già dalla fase istruttoria, ovvero sia accertata solo nella fase dibattimentale.

 

Pertanto, poiché secondo la Corte di Cassazione l'art. 384 n. 2 c.p.p. va interpretato in termini tali da comportare siffatta conseguenza, deve dichiararsene la illegittimità costituzionale, nella parte in cui preclude al giudice istruttore in caso di proscioglimento per infermità psichica, di tener conto delle circostanze attenuanti eventualmente ricorrenti e di effettuare il giudizio di comparazione tra queste e le circostanze aggravanti, ai fini dell'applicazione o meno della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario ovvero della determinazione della sua durata minima ai sensi dell'art. 222 c.p..

 

7. - Nessuna censura può essere invece mossa alle altre due norme processuali impugnate dalla Sezione istruttoria della Corte d'Appello di Catania.

 

L'art. 381, secondo comma, ultima parte c.p.p. limitandosi a prevedere che "in ogni caso di proscioglimento... sono applicate le misure di sicurezza a norma del codice penale", non fa che operare - per la parte che qui interessa - un rinvio alla disposizione (art. 222 c.p.) che disciplina i casi di applicazione della misura del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e fissa, in relazione ad essi, la durata minima di questa. La norma in esame non contiene perciò alcun enunciazione in merito alle circostanze di cui il giudice istruttore deve, o meno, tener conto nell'emettere la sentenza di proscioglimento e che possono influire sull'applicabilità o la durata minima di detta misura.

 

Tanto meno, poi, merita censura l'art. 378 c.p.p., dal momento che tale disposizione non concerne in alcun modo l'applicazione di misure di sicurezza.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

- dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 384 n. 2 c.p.p., nella parte in cui tale norma, in caso di sentenza di proscioglimento per infermità psichica, preclude al Giudice istruttore di tener conto delle circostanze attenuanti e di effettuare il giudizio di comparazione di cui all'art. 69 c.p. tra queste e le circostanze aggravanti, ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o della determinazione della sua durata minima ai sensi dell'art. 222 c.p.;

 

- dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 378 e 381, secondo comma, ultima parte, c.p.p. sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma e 24, primo e secondo comma, Cost. dalla Sezione istruttoria della Corte d'appello di Catania con l'ordinanza indicata in epigrafe;

 

- dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 378 e 384 c.p.p. sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dal giudice istruttore presso il Tribunale di Trapani con la ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 30 luglio 1984.