ORDINANZA N. 200
ANNO 1984
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv Albero MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LAPERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 43 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), promosso con ordinanza emessa il 18 marzo 1983 dal Tribunale di Rimini nel procedimento penale a carico di Bologna Silvio, iscritta al n. 406 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 260 dell'anno 1983.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 giugno 1984 il Giudice relatore Livio Paladin.
Ritenuto che il Tribunale di Rimini, con l'ordinanza in epigrafe, ha denunciato l'art. 43 del r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare), per la parte in cui "non prevede la possibilità di intervento del fallito nelle questioni tributarie dalle quali possono dipendere imputazioni di carattere penale" a suo carico, in riferimento agli artt. 13 e 24 della Costituzione;
e che, nel relativo giudizio, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la manifesta inammissibilità (o in subordine per l'infondatezza) della questione.
Considerato che, con la sentenza n. 88 del 1982, questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 60 e 21, terzo comma, della legge 7 gennaio 1929, n. 4, "nella parte in cui prevedono che l'accertamento dell'imposta e della relativa sovrimposta, divenuto definitivo in via amministrativa, faccia stato nei procedimenti penali per la cognizione dei reati preveduti dalle leggi tributarie in materia di imposte dirette": con la conseguenza che la norma denunziata, indipendentemente dalla richiesta pronuncia di annullamento, non si presta più a ricevere l'applicazione ipotizzata e censurata dal giudice a quo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 43 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, in riferimento agli artt. 13 e 24 della Costituzione, sollevata dal Tribunale di Rimini, con l'ordinanza indicata in epigrafe
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1984.
Leopoldo ELIA - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI
Depositata in cancelleria l'11 luglio 1984.