SENTENZA N. 169
ANNO 1984
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LAPERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO,Giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legge 1 febbraio 1977 n. 13, recante "Proroga delle concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice", promosso con ricorso del Presidente della Giunta regionale della Valle d'Aosta, notificato il 2 marzo 1977, depositato in cancelleria il 10 marzo successivo ed iscritto al n. 8 del registro ricorsi 1977.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1983 il Giudice relatore Antonino De Stefano;
udito l'avv. Gustavo Romanelli per la Regione ricorrente.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 2 marzo 1977 al Presidente del Consiglio dei ministri, la Regione autonoma Valle d'Aosta ha impugnato davanti a questa Corte il decreto legge 1 febbraio 1977, n. 13, recante "proroga delle concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice", assumendo che il provvedimento legislativo, per quanto concerne il regime delle acque pubbliche esistenti nella Regione, é in contrasto con i principi stabiliti al riguardo dall'art. 7 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4); e perciò ha chiesto che ne sia dichiarata l'illegittimità costituzionale, con ogni conseguenza di legge.
L'art. 1, primo comma, del decreto legge impugnato - si premette nel ricorso - dispone che le concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice assentite agli enti locali, in corso al 31 gennaio 1977 e scadenti in data anteriore al 31 gennaio 1980, sono prorogate fino alla definizione dei rapporti di concessione di esercizio delle attività elettriche previste dall'art. 4, n. 5, della legge istitutiva dell'Ente nazionale per l'energia elettrica, 6 dicembre 1962, n. 1643, e comunque fino al 31 gennaio 1980. Con il secondo comma dello stesso articolo vengono prorogate sino a tale data anche le concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice, aventi analoga scadenza, assentite alle imprese a partecipazione statale, nonché ad altre imprese autoproduttrici di energia elettrica, di cui all'art. 4, n. 6, della stessa legge n. 1643 del 1962.
La Regione sostiene che, con le suindicate disposizioni, il decreto legge opera una gravissima violazione dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta. In proposito nel ricorso si ricorda come, data la "rilevanza tutta particolare" che ha per la Valle, il patrimonio idrico, nello Statuto speciale sia prevista (agli artt. 5, secondo comma, e 2, lett. m), riguardo alle "acque pubbliche destinate ad irrigazione ed a uso domestico", l'appartenenza esclusiva al demanio regionale e, ad un tempo, la potestà legislativa della Regione; mentre per le altre "acque pubbliche esistenti nella Regione" si é, invece, stabilito (art. 7, primo comma) che esse "sono date in concessione gratuita per novantanove anni alla Regione". In tal modo é stato riconosciuto alla Regione - con un solo limite nell'ipotesi in cui lo Stato intenda fare le acque pubbliche suddette oggetto di piani di interesse nazionale - un diritto che si configura come una speciale forma di contitolarità, fra Regione e Stato, dei diritti demaniali sulle acque pubbliche.
Inoltre nella regolamentazione transitoria dettata al riguardo (art. 7, commi secondo e terzo, dello stesso Statuto) in relazione alla situazione esistente al momento in cui, con il d.l.l. 7 settembre 1945, n. 545, fu adottato l'ordinamento amministrativo della Valle d'Aosta, dalla concessione gratuita, generale ed automatica attribuita alla Regione furono temporaneamente escluse "le acque che alla data del 7 settembre 1945 abbiano già formato oggetto di riconoscimento di uso o di concessione" (art. 7, secondo comma), disponendosi, peraltro, che diventano di immediata spettanza della Regione le concessioni di acque che alla data del 7 settembre 1945 non siano state utilizzate (art. 8, primo comma). Il Presidente della Giunta regionale, ove ricorrano le condizioni di legge, ha facoltà di provocare dagli organi competenti la dichiarazione di decadenza della concessione (art. 8, secondo comma). Per le altre la Regione subentra nella concessione "alla cessazione dell'uso o della concessione di tali acque" (art. 7, terzo comma).
Per quanto riguarda le acque pubbliche oggetto di concessione alla data del 7 settembre 1945 (come quelle contemplate dal provvedimento legislativo in questione), il momento della cessazione della concessione assume dunque una importanza decisiva, perché segna l'inizio dei diritti della Regione. Cosicché, spostando, con la denunciata proroga, la data di questo inizio - così come risulta fissata dal precetto statutario - l'impugnato decreto legge si pone con esso in netto contrasto.
2. - Costituitosi in giudizio, con atto depositato il 22 marzo 1977, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto che il ricorso della Regione sia riconosciuto infondato e perciò respinto.
Secondo l'Avvocatura il termine, allo scadere del quale la Regione Valle d'Aosta, a norma del terzo comma dell'art. 7 dello Statuto speciale, subentra nelle preesistenti concessioni delle acque pubbliche in questione, non sarebbe quello originariamente fissato nell'atto di riconoscimento di uso o di concessione - come si sostiene nel ricorso - ma quello che lo Stato abbia eventualmente, nell'ambito dei suoi poteri, ritenuto di dovere, anche successivamente, stabilire.
A parte ciò va comunque considerato che le concessioni prorogate con il d.l. 1 febbraio 1977, n. 13, sono quelle assentite ad enti ed imprese autorizzate ad esercitare, congiuntamente all'ENEL, ed in regime di monopolio con questo, l'attività di produzione di energia elettrica, e rientrano quindi in quel piano di interesse nazionale, alla cui attuazione da parte dello Stato, ai sensi del quarto comma dello stesso art. 7 dello Statuto, é subordinata la concessione per novantanove anni alla Regione. Sotto questo aspetto la situazione in oggetto sarebbe dunque del tutto analoga a quella esaminata e decisa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 13 del 1964, con la quale furono dichiarate prive di fondamento le questioni di legittimità costituzionale, già allora sollevate dalle Regioni della Valle d'Aosta e del Trentino Alto Adige, nei confronti dei decreti presidenziali che disponevano il trasferimento di alcune imprese elettriche all'ENEL.
É vero poi - ricorda ancora l'Avvocatura - che nella stessa sentenza n. 13 del 1964, la Corte costituzionale espresse l'auspicio che si provvedesse al necessario contemperamento dei principi della nazionalizzazione dell'industria elettrica con i poteri e diritti delle Regioni a statuto speciale. É da escludere però che la questione possa ora ritenersi risolta in base alle norme contenute nell'art. 1 della legge (emanata in ossequio a quell'auspicio) 5 luglio 1975, n. 304 (Norme per l'utilizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico nella Regione Valle d'Aosta). Tale articolo prevede infatti che "per l'utilizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico nel territorio della Regione Valle d'Aosta si osserva il piano di utilizzazione redatto dal Comitato misto previsto dal terzo comma dell'art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, debitamente aggiornato"; che "la Regione Valle d'Aosta subconcede le acque di cui al precedente comma all'Ente nazionale per l'energia elettrica e agli altri enti previsti dalla legge 6 dicembre 1962, n. 1643, in conformità delle disposizioni della predetta legge e successive modificazioni e della legge regionale 8 novembre 1956, n. 4". Ma perché la concessione alla Regione possa divenire attuale e la Regione possa subconcedere, é necessario che il Comitato misto decida prima a chi la subconcessione debba essere effettuata: se all'ENEL o agli altri enti previsti dalla legge n. 1643. E il Comitato misto, per le concessioni prorogate con il decreto legge impugnato, non ha deciso e non poteva evidentemente decidere, non essendo stati ancora regolati i rapporti tra l'ENEL e gli altri enti ed imprese suddetti. Peraltro, il termine, di tre anni al massimo, fissato per provvedere alla definizione di tali rapporti, dovrebbe ritenersi ragionevole. Una volta che tale definizione sia avvenuta, lo Stato potrà provvedere ad attuare la concessione delle acque alla Regione, la quale potrà quindi subconcedere a chi spetti.
3. - Fissata per la discussione del ricorso l'udienza del 5 maggio 1982, la difesa della Regione Valle d'Aosta ha presentato una memoria nella quale, dopo aver contestato gli argomenti addotti dal resistente Presidente del Consiglio, ha ricordato che nella successiva legge di conversione dell'impugnato decreto
(legge 31 marzo 1977, n. 92) é stato aggiunto all'art. 1 un quarto comma, con il quale "sono fatti salvi i diritti delle Regioni a statuto speciale". Tale formula dovrebbe interpretarsi, per quanto riguarda la Regione Valle d'Aosta, nel senso di escludere l'applicabilità, nel suo territorio, della contestata proroga. Di conseguenza la lesione originaria dovrebbe ritenersi venuta meno; ma sussisterebbe egualmente l'interesse della Regione alla declaratoria di illegittimità costituzionale del decreto legge impugnato, per gli effetti da esso spiegati sino al momento della sua conversione. Se poi non si ritenesse di accedere a tale interpretazione - suffragata da una pronuncia di questa Corte per le Province autonome di Trento e Bolzano, n. 169 del 1976 - le impugnate norme dovrebbero egualmente essere dichiarate costituzionalmente illegittime.
L'Avvocatura dello Stato ha presentato anch'essa una memoria nella quale - ribaditi gli argomenti esposti a sostegno dell'infondatezza nell'atto di costituzione - afferma, a proposito della formula di "salvezza" aggiunta all'impugnata norma, che essa non può considerarsi idonea a far sorgere diritti che non preesistevano.
4. - All'udienza del 5 maggio 1982 le parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni.
Questa Corte, considerato che, successivamente all'udienza di discussione, erano entrate in vigore la legge 29 maggio 1982, n. 308 (Norme sul contenimento dei consumi energetici, lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e l'esercizio di centrali idroelettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi), e la legge 7 agosto 1982, n. 529
(Regolamentazione dei rapporti tra l'ENEL, le imprese elettriche degli enti locali e le imprese autoproduttrici di energia elettrica, in materia di concessioni di grandi derivazioni idroelettriche), le quali, rispettivamente agli artt. 20 e 8, contengono norme, circa la competenza della Regione Valle d'Aosta in materia di acque e concessioni idroelettriche "che non é da escludere possano essere ritenute rilevanti nella controversia in oggetto"; che perciò occorreva nuovamente sentire a questo proposito Regione ricorrente e Presidente del Consiglio; ha rinviato, con ordinanza n. 246 del 1982, la causa a nuovo ruolo.
5. - Fissata per la discussione l'udienza del 7 giugno 1983, la difesa della Regione ha depositato una memoria, nella quale afferma che le sopravvenute norme presentano una indubbia rilevanza ai fini della decisione. Esse, infatti, valgono a confermare l'indirizzo seguito dal legislatore, nella legge di conversione dell'impugnato decreto legge e nei successivi provvedimenti, di fare espressamente "salvi" i diritti e le attribuzioni spettanti alle Regioni a statuto speciale, ed in particolare alla Regione Valle d'Aosta. Ribadite le argomentazioni svolte a sostegno del proprio assunto, la Regione conclude affermando che, peraltro, sussiste tuttora l'interesse della ricorrente a sentir dichiarare la illegittimità costituzionale del decreto legge, nel testo originario, da essa impugnato.
6. - All'udienza pubblica del 7 giugno 1983, non comparsa l'Avvocatura dello Stato per il resistente Presidente del Consiglio, dopo la relazione svolta dal Giudice Antonino De Stefano, l'avv. Gustavo Romanelli, per la ricorrente Regione, ha insistito per la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'impugnato decreto legge.
Considerato in diritto
1. - Con il ricorso di cui in narrativa la Regione autonoma Valle d'Aosta chiede sia dichiarata la illegittimità costituzionale del decreto legge 1 febbraio 1977, n. 13 (Proroga delle concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice), per violazione dell'art. 7 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), che disciplina il regime delle acque pubbliche esistenti nella Regione.
Il decreto legge impugnato dispone, con il primo comma dell'art. 1, che le concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice assentite agli enti locali, in corso al 31 gennaio 1977 e scadenti in data anteriore al 31 gennaio 1980, sono prorogate fino alla definizione dei rapporti di concessione di esercizio delle attività elettriche previste dall'art. 4, n. 5, della legge istitutiva dell'Ente nazionale per l'energia elettrica 6 dicembre 1962, n. 1643, e comunque fino al 31 gennaio 1980. Per effetto del secondo comma dello stesso art. 1, sono altresì prorogate sino a tale data le concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice, in corso al 31 gennaio 1977 e scadenti in data anteriore al 31 gennaio 1980, assentite alle imprese a partecipazione statale, nonché ad altre imprese autoproduttrici di energia elettrica, di cui all'art. 4, n. 6, della stessa legge n. 1643 del 1962.
Nel ricorso, sottolineata l'importanza, tutta particolare, del patrimonio idrico della Valle, per i suoi caratteri naturali e geografici, si osserva che lo Statuto speciale, per le "acque pubbliche in uso di irrigazione e potabile", prevede, all'art. 5, la loro appartenenza esclusiva al demanio regionale; mentre, per le altre acque pubbliche, stabilisce, all'art. 7, che esse "sono date in concessione gratuita per novantanove anni alla Regione", salvo che lo Stato non intenda farle oggetto di un piano d'interesse nazionale. Sono escluse dalla concessione le acque che alla data del 7 settembre 1945 abbiano già formato oggetto di riconoscimento di uso o di concessione; per esse la Regione subentra nella concessione alla cessazione dell'uso o della preesistente concessione. Il momento della cessazione assume perciò per queste ultime una importanza decisiva, perché segna l'inizio del concreto esercizio dei diritti della Regione. In proposito la ricorrente si richiama alla giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione, secondo cui, quando l'art. 7 dello Statuto parla di cessazione della concessione, deve intendersi si sia riferito alla data di scadenza originaria della stessa; sì che a quel momento la Regione diviene ex lege concessionaria, con esclusione perciò della possibilità per lo Stato di prorogare o rinnovare la concessione precedente. Cosicché, spostando, con la menzionata proroga, la data di cessazione originariamente prevista, l'impugnato decreto legge si porrebbe in contrasto con l'art. 7 dello Statuto.
2. - Successivamente alla presentazione del ricorso, la legge di conversione del decreto legge impugnato, 31 marzo 1977, n. 92, ha inserito nell'art. 1 un quarto comma, in virtù del quale "sono fatti salvi i diritti delle regioni a statuto speciale".
Va tenuto, inoltre, presente che la stessa formula di "salvezza" é stata poi ripetuta anche nel successivo d.l. 31 gennaio 1981, n. 13 (convertito con modificazioni in legge 1 aprile 1981, n. 106), con il quale il termine di scadenza delle concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice, già prorogato al 31 gennaio 1981 dalla legge di conversione del d.l. n. 13 del 1977, é stato prorogato fino al 31 luglio 1981 (e fino al 31 ottobre 1981, in sede di conversione), anche per le concessioni scadenti entro tale data. Si legge, infatti, nel secondo comma dell'art. 1 di tale decreto legge, che "sono fatti salvi i diritti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome". E sono specificamente "fatti salvi i diritti della Regione Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano" nel successivo d.l. 31 ottobre 1981, n. 619 (convertito in legge 22 dicembre 1981, n. 765), con il quale il termine di scadenza suddetto é stato ulteriormente differito al 31 ottobre 1982. Anche la legge 29 maggio 1982, n. 308, nel dettare norme sul contenimento dei consumi energetici, lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e l'esercizio di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagl'idrocarburi, ha disposto, all'art. 20, comma primo, che "resta ferma la competenza della Regione Valle d'Aosta in materia di acque e concessioni idroelettriche ai sensi della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, della legge 5 luglio 1975, n. 304, e della legge regionale 8 novembre 1956, n. 4". Infine la legge 7 agosto 1982, n. 529, con la quale sono stati disciplinati i rapporti tra l'ENEL, le imprese elettriche degli enti locali e le imprese autoproduttrici di energia elettrica, in materia di concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, prevede, all'art. 8, primo comma, che "nelle regioni autonome della Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige sono fatti salvi i diritti e le attribuzioni derivanti dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione".
3. - Dai lavori parlamentari relativi alla conversione in legge dell'impugnato decreto legge n. 13 del 1977, si evince chiaramente che la clausola della "salvezza" dei diritti delle regioni a statuto speciale trae specifica origine da un emendamento con il quale, "richiamata la particolare disciplina nella utilizzazione delle risorse idriche prevista dallo Statuto della Regione Valle d'Aosta", si é inteso "escludere dall'applicazione del decreto legge le concessioni relative alla predetta regione". Anche se, in prosieguo della discussione, la "salvezza" é stata generalizzata, per "escludere l'applicabilità" del provvedimento anche per le altre Regioni a statuto speciale, e così far "pienamente salve tutte le prerogative e tutti i diritti, anche di natura economica", spettanti alle regioni medesime, onde "eliminare dubbi di illegittimità costituzionale per quanto concerne la tutela dell'autonomia delle Regioni a statuto speciale", in sede di approvazione non si é mancato di ribadire che con l'emendamento medesimo si intendeva soprattutto "salvaguardare in modo completo e senza possibilità di dubbi i diritti particolari della Valle d'Aosta".
4. - L'Avvocatura dello Stato obietta che il quarto comma inserito dalla legge di conversione nell'art. 1 dell'impugnato decreto legge n. 13 del 1977, va considerato "pleonastico", sulla base della tesi da essa sostenuta: e cioé, che la proroga di cui si discute, riguarda concessioni comprese nel piano d'interesse nazionale relativo alla nazionalizzazione delle imprese elettriche, per cui opera l'ultimo comma dell'art. 7 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, secondo il quale la concessione gratuita per novantanove anni alla regione "é subordinata, in ogni caso, alla condizione che lo Stato non intenda far oggetto le acque di un piano di interesse nazionale". Non sarebbe, pertanto, ipotizzabile una lesione di diritti della Regione che non esistevano, né può certo "la salvezza di diritti valere a far sorgere diritti non esistenti".
Siffatta conclusione non può essere condivisa. Non v'ha dubbio che la Corte, con la sentenza n. 13 del 1964, alla quale si richiama l'Avvocatura dello Stato, abbia affermato che la nazionalizzazione delle imprese elettriche comporta un piano d'interesse nazionale, essendo stata concepita come strumento di un sistema unitario di produzione e di distribuzione dell'energia elettrica: sì che la previsione dell'ultimo comma dell'art. 7 dello Statuto per la Valle d'Aosta si é realizzata appunto con la legge di nazionalizzazione. In conseguenza, essendo le derivazioni a scopo idroelettrico uno degli essenziali strumenti per la produzione dell'energia elettrica, la concessione dell'uso dell'acqua per tale scopo non può nascere e non può vivere "se non nell'ambito della riserva stabilita con la legge di nazionalizzazione". Finché le acque siano destinate o debbano essere destinate ad uso di produzione elettrica e nei limiti di tale uso, la Regione Valle d'Aosta - si legge ancora nella sentenza" - non può esercitare alcun diritto o alcun potere incompatibile con la riserva" a favore dell'ENEL; ed é incompatibile con tale riserva "la pretesa di subentrare nella concessione delle acque al momento della cessazione dell'uso o della concessione ai sensi del terzo comma dell'art. 7 dello Statuto, quando le acque servano o debbano servire ad uso idroelettrico".
Ma va egualmente ricordato che la stessa sentenza concludeva richiamando un'affermazione contenuta in una precedente sentenza (n. 4 del 1964), e cioé che lo Stato può legittimamente avvalersi dei poteri che gli statuti regionali gli hanno riservato, ma la competenza statale non può essere "così assorbente da limitare ogni altra competenza regionale fino ad eliminarla affatto". Pertanto la Corte auspicava che il legislatore provvedesse ad un "contemperamento" tra le esigenze nazionali e quelle regionali "tenendo presenti i poteri e i diritti delle Regioni a statuto speciale, che sono stati compressi per effetto della nazionalizzazione, ma che non devono essere sacrificati oltre i limiti richiesti dall'attuazione e dal pieno funzionamento della riforma"; e invitava il legislatore medesimo, perciò, ad assicurare alle Regioni anzidette il "massimo di autonomia, nascente dagli stessi statuti, compatibile con la nuova disciplina unitaria".
5. - Con la legge 5 luglio 1975, n. 304, venivano a tal fine dettate le "norme per la utilizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico nella Regione Valle d'Aosta". Dai relativi lavori parlamentari risulta, infatti, che tale legge é stata emanata, in accoglimento della raccomandazione rivolta da questa Corte nella richiamata sentenza n. 13 del 1964, per apprestare "equa soluzione al problema concernente i diritti statutari della Valle d'Aosta in materia di acque pubbliche ad uso idroelettrico", ed ovviare così alle ripercussioni sfavorevoli, a danno della Regione medesima, derivanti dalle modalità di applicazione della legge di nazionalizzazione n. 1643 del 1962. In quella sede é stato altresì ricordato che la concessione gratuita per novantanove anni alla Regione non va equiparata alle concessioni contemplate nel testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775, delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, ma deve essere considerata - secondo quanto ritenuto da questa Corte nella sentenza n. 8 del 1958 - "come attribuzione alla Regione di un complesso di poteri, che essa deve esercitare, in luogo degli organi statali, per fini di decentramento": esercizio che viene appunto esplicato, di norma, mediante il ricorso all'istituto della sub-concessione, espressamente indicato nello stesso Statuto.
In siffatta prospettiva é stato previsto, dal comma secondo dell'art. 1 della legge n. 304 del 1975, che la Regione Valle d'Aosta "subconcede" le acque pubbliche ad uso idroelettrico all'ENEL e "agli altri enti previsti dalla legge 6 dicembre 1962, n. 1643", in conformità delle disposizioni contenute in quest'ultima legge, nonché nella legge regionale 8 novembre 1956, n. 4, che ha stabilito le norme procedurali per la utilizzazione delle acque pubbliche in Valle d'Aosta. La sub-concessione da parte della Regione é stata prevista, dal successivo comma terzo dello stesso articolo, anche per le grandi derivazioni idroelettriche assentite dallo Stato prima del 7 settembre 1945, nel caso in cui l'ENEL intenda continuare l'esercizio delle derivazioni. Il comma secondo dell'art. 20 della citata legge 29 maggio 1982, n. 308, ha in seguito demandato alla Regione Valle d'Aosta in deroga al menzionato disposto del comma secondo dell'art. 1 della legge n. 304 del 1975 - la potestà di subconcedere le acque relative a derivazioni idroelettriche aventi potenza non superiore a 30.000 KW, oltre che all'ENEL ed agli altri soggetti diversi dall'ENEL previsti dalla legge n. 1643 del 1962, anche ad altri enti locali o consorzi di enti locali. Ed infine, la citata legge 7 agosto 1982, n. 529, dopo aver, come già detto, fatti salvi, con il primo comma dell'art. 8, i diritti e le attribuzioni della Regione Valle d'Aosta, ha previsto, nel successivo comma, che "anche per le derivazioni idroelettriche di cui al terzo comma dell'art. 1 della legge 5 luglio 1975, n. 304" (e cioé per quelle assentite dallo Stato prima del 7 settembre 1945), la regione medesima provveda a rilasciare le sub-concessioni all'ENEL o agli altri soggetti di cui alla legge n. 1643 del 1962, e successive modificazioni, secondo quanto previsto dai precedenti articoli della medesima legge n. 529 del 1982, nonché dall'art. 13 della legge 2 agosto 1975, n. 393.
In tal modo, essendo stata resa "compatibile" secondo quanto raccomandato da questa Corte nella richiamata sentenza n. 13 del 1964 la "concessione novantanovennale" alla Regione con la legge di nazionalizzazione delle imprese elettriche, il "subentro" della regione medesima nelle concessioni anteriori al 7 settembre 1945, alla loro scadenza, opera pur se esse rientrino nel piano d'interesse nazionale.
Ne consegue che la "proroga" delle concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice, disposta dall'impugnato decreto legge, veniva effettivamente a precludere il "subentro" della Regione Valle d'Aosta nelle concessioni anzidette alla loro scadenza originaria, rinviandolo al successivo termine della proroga. Men che rivelarsi pleonastica, pertanto, la "salvezza" dei diritti della Regione, introdotta dalla legge di conversione, escludendo l'applicabilità della proroga alle concessioni assentite nel territorio della Valle d'Aosta, é valsa, appunto, a rimuovere l'ostacolo posto al "subentro", ripristinando così la preesistente situazione.
6. -Né maggior pregio riveste l'assunto dell'Avvocatura dello Stato, secondo la quale, perché la concessione novantanovennale possa diventare attuale, e la regione possa a sua volta sub-concedere, é necessario che prima venga redatto il "piano di utilizzazione" delle acque pubbliche ad uso idroelettrico nel territorio della Regione, previsto dal primo comma dell'art. 1 della stessa legge n. 304 del 1975. La mancanza di tale piano - come giustamente si obietta ex adverso - non può impedire che la Regione subentri ex lege nelle concessioni assentite dallo Stato prima del 7 settembre 1945, alla loro originaria scadenza, e proceda quindi alle conseguenti sub- concessioni, secondo quanto a tal fine previsto dal terzo comma dell'art. 1 della legge n. 304 del 1975, ed espressamente poi riaffermato dal secondo comma dell'art. 8 della legge n. 529 del 1982. Come sopra si é detto, infatti, la sola condizione per l'esercizio di tale potere da parte della Regione, é da ravvisarsi nel rispetto del piano d'interesse nazionale, relativo alla nazionalizzazione delle imprese elettriche, e dei limiti che direttamente ne derivano.
7. - La Corte, per quanto sopra esposto, ritiene che la dedotta violazione dell'art. 7 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta sia venuta meno in sede di conversione dell'impugnato decreto legge. Ritiene, altresì, che la norma di salvaguardia dei diritti delle regioni a statuto speciale, e dunque della Regione Valle d'Aosta, all'uopo inserita (come quarto comma dell'art. 1) dalla legge di conversione nel testo del decreto legge, operi fin dall'entrata in vigore del decreto medesimo. Con che resta eliminato ogni effetto che possa ricollegarsi, nell'ambito del territorio della Regione Valle d'Aosta, alla proroga delle concessioni di grandi derivazioni di acqua per uso di forza motrice, disposta dall'art. 1 del provvedimento suddetto: proroga che, per quanto concerne le concessioni assentite dallo Stato prima del 7 settembre 1945 ed ancora in corso al 31 gennaio 1977, nelle quali la Regione Valle d'Aosta ha diritto di subentrare alla loro scadenza originaria, deve appunto intendersi come non avvenuta. A suffragare tale interpretazione vale la considerazione, emergente dai ricordati lavori parlamentari, che l'emendamento in parola é stato ispirato da un intento chiaramente restaurativo di diritti costituzionalmente garantiti alle regioni a statuto speciale: manifesta appare, dunque, la volontà del legislatore, pur non estrinsecata con apposita espressione, di far retroagire la disposizione che ha modificato in parte qua il decreto legge soggetto a conversione, alla data di entrata in vigore di quest'ultimo.
Venute così meno le ragioni della censura mossa dalla ricorrente Regione - per effetto della modifica apportata, successivamente alla presentazione del ricorso, all'impugnata norma - va dichiarata, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, la cessazione della materia del contendere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità costituzionale del decreto legge 1 febbraio 1977, n. 13 (Proroga delle concessioni di grandi derivazioni di acque per uso di forza motrice), convertito con modificazioni in legge 31 marzo 1977, n. 92, promossa dalla Regione autonoma Valle d'Aosta - in riferimento all'art. 7 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4) - con ricorso notificato il 2 marzo 1977 (n. 8 registro ricorsi 1977).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 1984.
Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO
Depositata in cancelleria l'8 giugno 1984.