Sentenza n.25 del 1984

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SENTENZA N. 25

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

         Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 2758 e 2772 del codice civile, così come modificati dall'art. 5 della legge 29 luglio 1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla legge 30 aprile 1969, n. 153, in materia di privilegi); combinato disposto degli artt. 2751 bis, n. 2, 2758 e 2778, n. 7, del codice civile, promossi con le ordinanze 14 maggio 1980, 28 febbraio 1980, 16 ottobre 1980, 1 aprile 1981, 12 novembre 1981, 7 gennaio 1982 e 20 maggio 1982, rispettivamente dal Giudice delegato del Tribunale di Reggio Emilia, dai Tribunali di Milano (n. 4), di Reggio Emilia (n. 2), di Udine, iscritte ai nn. 521 e 732 del registro ordinanze 1980, ai nn. 72, 385 e 386, del registro ordinanze 1981, ai nn. 35, 325 e 672 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale nn. 270, 338 dell'anno 1980, nn. 105, 276 dell'anno 1981, nn. 129, 297 dell'anno 1982 e n. 60 dell'anno 1983. Visti gli atti di costituzione della s.p.a. SIPRA e dell'ENEL nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri:

udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1983 il Giudice relatore Dott. Arnaldo Maccarone;

uditi gli avvocati Carmine Punti per la s.p.a. SIPRA, Michele Giorgianni per l'ENEL e l'avvocato dello Stato Emilio Sernicola per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

L'Azienda Gas Acqua consorziale di Reggio Emilia, con istanza diretta al giudice delegato ai fallimenti presso il Tribunale di Reggio Emilia, chiedeva fra l'altro di essere ammessa al passivo del fallimento "La Nuova Pneus" s.r.l., per la somma di Lit. 52.412 in via privilegiata per credito di rivalsa I.V.A. per la cessione dei propri prodotti.

Il giudice, con ordinanza del 14 maggio 1980, osservava che, alla stregua della normativa vigente, il credito risultava assistito dal solo privilegio speciale sui mobili, ai sensi del secondo comma dell'art. 2758 cod. civ. come modificato dall'art. 5 della legge 29 luglio 1975 n. 426, e non più dal privilegio generale di cui all'art. 1 D.P.R. 23 dicembre 1974 n. 687, istituito allora allo scopo di ovviare alla non esercitabilità concreta del privilegio in relazione alla cessione di quei beni che non avrebbero potuto essere mai rintracciati nel patrimonio del debitore perché consumati o trasformati. Invero, proseguiva il Tribunale, la legge 29 luglio 1975 n. 426, aveva modificato l'art. 2758 cod. civ., istituendo una nuova disciplina dei privilegi dei crediti dello Stato relativi alle imposte indirette, nonché dei crediti di rivalsa verso il cessionario ed il committente previsti dalla norma relativa all'I.V.A. limitando il privilegio afferente questi ultimi ai soli "beni che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio", e tale disciplina era stata intesa dalla giurisprudenza come abrogativa di quella precedente, in quanto regolante in maniera compiuta l'intera materia dei privilegi che assistono i crediti I.V.A. compresi quelli dell'avente diritto a rivalsa, come nella specie, senza lasciare spazio ad altra normativa posta al di fuori del codice.

Ciò posto, il giudice con ordinanza 14 maggio 1980 ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità dell'art. 5 della legge n. 426 del 1975, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.

Sotto il primo profilo, osserva che il privilegio speciale sui soli mobili che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio non sarebbe idoneo a tutelare chi, come nella specie l'Azienda sopra indicata, ceda beni consumabili o energie, in quanto in tali casi non si rinviene mai nel patrimonio del debitore l'oggetto del privilegio. La tutela quindi si rivelerebbe solo nominale perché per definizione il bene su cui dovrebbe esercitarsi il privilegio cessa di esistere nel momento stesso in cui viene ceduto e tale circostanza di fatto si presenterebbe "costante ed indefenibile", onde non potrebbe assimilarsi agli inconvenienti di fatto che la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto idonei ad escludere la sindacabilità della norma in questa sede.

Con ciò si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento a danno dei creditori per rivalsa I.V.A. su cessione di beni mobili della detta natura rispetto ai creditori allo stesso titolo per cessione di beni inconsumabili.

Sotto il secondo profilo il giudice osserva che nell'imposta sul valore aggiunto, indice della capacità contributiva sarebbe il consumo, onde il soggetto tenuto al versamento dell'imposta nelle fasi precedenti il consumo salvo rivalsa deve essere garantito in ordine al recupero del relativo importo, giacché, in caso contrario, il tributo verrebbe a gravare in via definitiva su chi non é portatore della capacità contributiva giustificante il tributo stesso.

Con la stessa ordinanza il giudice ha altresì prospettato un ulteriore ordine di questioni di legittimità, attinenti al credito di rivalsa I.V.A. spettante al professionista che ricevendo il pagamento del corrispettivo della sua opera (nella specie il dott. Calzolari, ammesso al passivo in via privilegiata per la complessiva somma di Lit.7.025.217 per spese ed onorari, oltre l'I.V.A. di rivalsa) non vedrebbe assicurato il pagamento del suo credito pur essendo obbligato al versamento del tributo.

Si osserva in proposito nell'ordinanza che in caso di fallimento del debitore il privilegio generale sui mobili che assiste il credito per prestazione professionale, ex art. 2751 bis c.c., non può essere esteso al credito di rivalsa, che non potrebbe essere considerato un accessorio del credito per prestazione professionale e quindi collocabile in privilegio dello stesso grado.

La disparità di trattamento fra il credito di rivalsa del prestatore di servizi assistito da privilegio se i servizi si riferiscono a beni, e senza presidio alcuno se manca la possibilità di operare tale riferimento, apparirebbe priva di ogni razionale giustificazione e quindi in contrasto con l'art. 3 Cost.

Comunque, prosegue l'ordinanza, anche la eliminazione della detta disparità non varrebbe a rendere costituzionalmente legittimo il trattamento delineato.

Invero quando fosse ritenuto privilegiato anche il credito di rivalsa del prestatore di servizi non riferibile a beni risulterebbe pur sempre violato l'art. 53 Cost.. Se il credito di rivalsa non é soddisfatto nel fallimento, per incapienza, come nella specie, l'onere del tributo verrebbe a gravare invero in via definitiva su persona diversa dal soggetto cui va riconosciuta la relativa capacità contributiva, essendo in materia di I.V.A. il consumo l'indice di tale capacità, come del resto già affermato in occasione della censura più sopra riferita.

Pertanto, secondo il giudice, dovrebbe dichiararsi l'illegittimità costituzionale anche dell'art. 2758 c.c. come modificato dall'art. 5 predetto nella parte in cui non prevedendo privilegi a tutela del credito di rivalsa I.V.A. del prestatore di servizi non riferibili a beni, si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., e del combinato disposto degli artt. 2751 bis n. 2, secondo comma, 2758 e 2778 n. 7 (ordine del privilegio sui mobili dei crediti per tributi indiretti) nella parte in cui, prevedendo gradi diversi di privilegio per la retribuzione del professionista e per il credito di rivalsa I.V.A. su tale retribuzione non assicurano il recupero dell'imposta al professionista che, ricevuto il pagamento del suo credito, é obbligato al versamento del tributo, e si porrebbe così in contrasto con il principio della capacità contributiva sancita dall'art. 53 Cost..

É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato nei termini le proprie deduzioni difensive.

L'Avvocatura contesta la fondatezza delle censure osservando, anzitutto, in base all'esame dei lavori preparatori, che non dovrebbe condividersi l'interpretazione giurisprudenziale della norma censurata, secondo cui la legge del 1975 avrebbe ex novo regolato la materia dei privilegi, e che sarebbe stata del tutto estranea alle intenzioni del legislatore l'asserita abrogazione della normativa precedente, perseguendosi soltanto in quella sede l'intento di un coordinamento di alcune disposizioni del codice civile in materia di privilegi.

Secondo l'Avvocatura non potrebbe d'altra parte attribuirsi alla nuova legge efficacia abrogativa di una norma che poco tempo prima era stata emanata proprio per soddisfare l'esigenza perequativa indicata nell'ordinanza di rinvio.

Inoltre, infondato sarebbe il riferimento all'art. 53 Cost. giacché non sussisterebbe alcuna connessione od interdipendenza tra l'esigenza del riferimento dell'obbligazione tributaria al presupposto di una effettiva capacità contributiva dell'obbligato ed il problema del tutto diverso dell'adeguatezza delle garanzie apprestate per assicurare al creditore di rivalsa il recupero dell'imposta versata. Rientrerebbe comunque nella discrezionalità del legislatore la determinazione della intensità (ovvero del grado) della tutela.

Questione analoga a quella come sopra prospettata dal giudice delegato ai fallimenti del Tribunale di Reggio Emilia circa la pretesa violazione dell'art. 3 Cost. per effetto della previsione del solo privilegio speciale sui mobili a favore dei crediti di rivalsa I.V.A. derivanti da prestazione di servizi per il caso in cui essi non siano riferibili a beni determinati rinvenibili nel patrimonio del debitore é stata sollevata dal Tribunale di Milano nel procedimento civile tra l'Impresa generale di pubblicità ed il fallimento Paris con ordinanza 28 febbraio 1980, nonché dallo stesso Tribunale nel procedimento civile fra la SIPRA s.p.a. ed il fallimento Intergest con ordinanza emessa il 16 ottobre 1980, e dal Tribunale di Udine nel procedimento civile fra l'avvocato Gottardis Leopoldo ed il fallimento SIPRA s.p.a. con ordinanza emessa il 12 novembre 1981.

Il Tribunale di Reggio Emilia, con due ordinanze di identico tenore, emesse in data 1 aprile 1981 nei giudizi civili rispettivamente vertenti fra l'ENEL e il fallimento della soc. Rober Gomma e fra lo stesso ENEL e il fallimento della V.B. Confezioni s.r.l., ha poi sollevato questione analoga a quella prospettata con l'ordinanza dal giudice delegato dello stesso Tribunale sopra richiamata, concernente la pretesa illegittimità dell'art. 2758 cod. civ. nella parte in cui prevede il privilegio speciale sui mobili a favore del cedente di beni la cui natura consumabile rende sostanzialmente impossibile l'esercizio concreto di detto mezzo di tutela. E, con la stessa ordinanza, il Tribunale afferma che il privilegio generale sui mobili sarebbe il solo idoneo ad assicurare una tutela indifferenziata in tutte le ipotesi considerate.

Infine anche il Tribunale di Milano ha sollevato analoga questione nel giudizio fra l'ENEL ed il fallimento della Nuova Edilizia s.r.l. con ordinanza emessa il 7 gennaio 1982 e nel giudizio civile fra lo stesso ENEL ed il Fallimento Ferriere S. Anna S.p.A. con ordinanza emessa il 26 maggio 1982.

Nei giudizi provenienti dal Tribunale di Milano promossi con ordinanze 7 gennaio e 20 maggio 1982, si é costituito l'ENEL; rappresentato e difeso dall'avv. prof. Michele Giorgianni, che ha depositato nei termini le proprie deduzioni.

La difesa dell'ENEL condivide l'interpretazione della vigente normativa in materia di privilegi dei crediti per rivalsa I.V.A. secondo cui la legge n. 426 del 29 luglio 1975 ha interamente regolato tale materia con conseguente attribuzione del solo privilegio speciale sui mobili, e ribadisce la censura svolta nell'ordinanza ponendo in evidenza il contrasto dell'art. 2758, secondo comma, cod. civ. con gli artt. 3 e 53 Cost., insistendo in particolare nell'affermazione che nel caso di cessione di beni consumabili, come l'energia elettrica, il privilegio così attribuito non potrebbe trovare pratica applicazione, non essendo ovviamente rintracciabile nel patrimonio del debitore l'energia a suo tempo fornita e consumata.

Si presenterebbe così per i crediti afferenti a tali categorie di beni una situazione di sostanziale carenza di tutela.

La discriminazione creata tra categorie di creditori egualmente meritevoli di garanzia sarebbe palese, né sussisterebbero motivi validi per giustificarla, onde emergerebbe in modo inequivocabile la violazione del principio di eguaglianza.

E l'incostituzionalità della norma sarebbe evidente anche in relazione all'art. 53 Cost. perché in conseguenza della stessa il tributo verrebbe a gravare definitivamente su un soggetto che sarebbe tenuto a versarlo solo "a titolo di anticipazione" per conto del soggetto effettivamente gravato, cioè il consumatore finale del bene ceduto.

Nel giudizio proveniente dallo stesso Tribunale, promosso con ordinanza 16 ottobre 1980, si é costituita la SIPRA S.p.A. in persona dell'Amministratore delegato e direttore generale dott. Gianni Pasquarelli, rappresentato e difeso dagli avv.ti Franco Forni e Paolo De Rienzo che hanno tempestivamente depositato le loro deduzioni.

Anche la difesa della SIPRA insiste nell'affermare il contrasto con l'art. 3 Cost. della limitazione al solo privilegio speciale di cui all'art. 2758, secondo comma, codice civile della garanzia dei crediti di rivalsa I.V.A. afferenti beni consumabili adducendo argomentazioni analoghe a quelle contenute al riguardo nelle ordinanze di rinvio sopra indicate.

In particolare la difesa sottolinea il fatto che, nel caso di specie (fornitura di servizi pubblicitari), mancherebbe ab origine quel collegamento tra bene e diritto di prelazione che costituisce l'essenza del privilegio speciale e che risulta invece garantito per quelle categorie di cessioni di beni e prestazioni di servizi che hanno ad oggetto un bene specifico.

La difesa illustra altresì la pretesa violazione dell'art. 53 Cost. per effetto della disciplina impugnata osservando che, "per effetto della specialità del privilegio che assiste il credito di rivalsa I.V.A., il mancato pagamento del corrispondente debito d'imposta non comporta per il cessionario o committente la perdita del bene ricevuto quando questo non sia suscettibile di esecuzione forzata perché il privilegio speciale che assiste il corrispondente credito per I.V.A. in tal caso non può essere materialmente esercitato". Da ciò deriverebbe un ingiusto privilegio del cessionario di beni non individuati che li conserverebbe a differenza del cessionario di beni individuati: che, invece, in caso di inadempimento, può essere sottoposto ad esecuzione forzata per effetto del privilegio speciale che garantisce il corrispondente credito di rivalsa.

Sarebbe così evidente che due soggetti aventi eguale capacità contributiva finirebbero col rispondere in maniera differenziata dell'inadempimento della loro posizione debitoria, con conseguente violazione dell'art. 53 Cost. secondo cui invece ciascuno é chiamato a concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva.

Considerato in diritto

1. - Le questioni sollevate con le sopra richiamate ordinanze sono sostanzialmente identiche, ed i relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - La Corte é chiamata a stabilire se l'art. 2758. comma secondo, c.c., come modificato dall'art. 5 della legge 29 luglio 1975 n. 426, con l'escludere il privilegio generale sui mobili a garanzia del credito di rivalsa I.V.A. a favore del cedente di beni mobili o prestatore di servizi - per essere previsto soltanto il privilegio speciale sui beni che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio - si ponga in contrasto con l'art. 3 Cost., ove si consideri che talune categorie di beni sono per natura immediatamente consumabili e che, pertanto, la relativa garanzia sarebbe inoperante, determinandosi così una irrazionale disparità di trattamento rispetto alle altre categorie di creditori, che pur fruendo dello stesso privilegio hanno invece la possibilità di rinvenire nel patrimonio del debitore i beni sui quali può essere fatta valere la garanzia.

Una ulteriore violazione dell'art. 3 Cost. viene dedotta con riferimento al credito di rivalsa I.V.A. per prestazioni professionali non riferibili a beni rilevandosi che, anche in tale ipotesi, verrebbe a determinarsi una disparità di trattamento non giustificata rispetto alle prestazioni di servizi riferibili a beni, potendo nel secondo caso essere esercitata la garanzia di legge, inoperante, invece, per gli altri crediti raffrontati, per i quali non é previsto alcun privilegio.

3. - Giova premettere che in base al D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, che ha istituito e disciplinato l'I.V.A., l'imposta é dovuta (art. 17) dai soggetti che effettuano la cessione di beni e le prestazioni di servizi oggetto d'imposizione fiscale; i predetti hanno diritto di rivalsa per l'imposta pagata nei confronti del cessionario dei beni e del committente dei servizi. A favore di tali crediti di rivalsa era riconosciuto (art. 18) privilegio speciale sui beni che avevano formato oggetto della cessione o ai quali si riferiva il servizio.

Con D.P.R. 23 dicembre 1974 n. 687 venne modificata la normativa anzidetta (art. 1), stabilendosi che il credito di rivalsa I.V.A. era assistito da privilegio speciale sugli immobili oggetto della cessione o ai quali si riferisse il servizio mentre se riguardava la cessione di beni mobili, era assistito da privilegio sulla generalità dei mobili del debitore.

Intervenuta la legge 29 luglio 1975 n. 426, che ha dato un nuovo assetto alla normativa in materia di privilegi, é stato riconosciuto ai crediti di rivalsa un privilegio speciale sui beni oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio (art. 2758, comma secondo c.c., come modificato dall'art. 5 della legge anzidetta). Eguale privilegio speciale é assicurato sugli immobili che abbiano formato oggetto di cessione o ai quali si riferisca il servizio prestato (art. 2772, comma terzo c.c., come modificato dall'art. 8 della citata legge n. 426 del 1975).

4. - Dopo l'entrata in vigore ditale ultima legge, si é discusso se la nuova normativa abbia interamente regolato la materia con conseguente abrogazione di tutte le norme preesistenti oppure abbia lasciato in vita disposizioni dileggi speciali e, tra queste, l'art. 18 del D.P.R. n. 633 del 1972, nel testo modificato dall'art. 1 D.P.R. n. 687 del 1974, che prevedeva, per i crediti di rivalsa relativi alla cessione di beni mobili, un privilegio sulla generalità dei mobili del debitore.

La Corte di Cassazione ha ritenuto, in conformità della prevalente dottrina, che la legge 426 del 1975 ha interamente regolato la materia dei privilegi, compresi quelli che assistono i crediti I.V.A., riportando anche questi ultimi, con gli opportuni mutamenti e coordinamenti, nella disciplina del codice civile, sicché l'intera materia risulta regolata dalla legge sopravvenuta, con conseguente abrogazione della disciplina antecedente. É stato sul punto precisato che il concetto di "intera materia", quale assunto dall'art. 15 delle preleggi, va inteso non con riferimento a tutta la normativa che sia possibile dettare riguardo ad un determinato istituto ma con riferimento a quanto di omogeneo possa individuarsi nei testi legislativi raffrontati.

Tali persuasivi rilievi vanno condivisi e deve, pertanto, ritenersi che l'unica fonte normativa della materia controversa sia attualmente costituita dal codice civile, come modificato dalla legge n. 426 del 1975.

5. - Le ordinanze, a sostegno della dedotta violazione del principio di eguaglianza, pongono in evidenza il trattamento deteriore riservato ai creditori di rivalsa I.V.A. nelle ipotesi ricorrenti nelle fattispecie esaminate, in cui la cessione riguardi beni consumabili ed energie, che non si rinvengono poi nel patrimonio del debitore e non possono quindi essere assoggettati ad esecuzione forzata rispetto al favorevole trattamento normativo fatto ai creditori nell'ipotesi di cessione di beni suscettibili di esecuzione forzata, sui quali possa concretamente esercitare il privilegio speciale, del tutto inoperante negli altri casi.

Eguale disparità di trattamento, non giustificata, riscontrano alcune delle ordinanze qualora il credito di rivalsa riguardi prestazioni professionali non collegate a singoli beni, non essendo prevista a garanzia di tali crediti alcuna prelazione mentre per i crediti relativi a prestazioni riferibili a beni individuabili é previsto il privilegio speciale.

I lamentati inconvenienti indubbiamente sussistono e chiaramente derivano da uno squilibrio normativo in quanto vengono regolate in modo eguale situazioni sostanzialmente diverse. Ove la cessione riguardi beni che di norma si consumano nello stesso momento in cui vengono ceduti (come gas o elettricità) o si tratti di prestazioni di servizi relativi a tali beni o comunque non riferibili a singoli beni, il privilegio speciale non potrà mai essere esercitato in quanto non sarà dato rinvenire quei beni nel patrimonio del debitore per sottoporli ad esecuzione.

Per eliminare tali inconvenienti venne introdotto, con il D.P.R. n. 687 del 1974 il privilegio generale sui mobili del debitore ma con la riforma del 1975, per un probabile difetto di coordinamento normativo, si é ripristinato il privilegio speciale mobiliare, annullando così quella garanzia che lo stesso legislatore aveva concesso nel 1974, con l'evidente scopo di rafforzare la posizione del cedente nell'esercizio della rivalsa.

Le ordinanze prospettano sostanzialmente la necessità, per stabilire uniformità di trattamento, di ripristinare il privilegio generale introdotto con il D.P.R. n. 687 del 1974; esse ravvisano, infatti, nella riforma del 1975 la causa determinante dei lamentati inconvenienti.

6. - Ma se pure la situazione é quella innanzi delineata, solo il legislatore può porvi rimedio ed assicurare, con i mezzi che crederà più idonei, il necessario equilibrio normativo.

Appare evidente come a riguardo la Corte difetti di ogni potere di intervento. Per effetto della riforma del regime giuridico dei privilegi, si é determinata, come é stato già notato, una innovazione nel precedente sistema, ritenendosi garanzia sufficiente il privilegio speciale.

Pur se tale modifica legislativa comporta gli inconvenienti ravvisati, questi non possono essere eliminati che con l'adozione di rimedi diversi da quelli previsti dal sistema attuale che contempla per tutti i crediti di rivalsa I.V.A. il privilegio speciale. Ma tutto ciò costituirebbe innovazione normativa, di esclusiva competenza del legislatore; infatti la discrezionalità legislativa riguarda non solo l'innovazione al sistema normativo ma anche il tipo di rimedio che valga a realizzarla.

Conclusivamente: non si tratta nella specie di correggere una situazione normativa che impedisce l'applicazione di un determinato trattamento ad una categoria di situazioni omogenee a quelle oggetto del trattamento stesso e che ne risultino escluse per effetto del testo legislativo impugnato, il che, per costante giurisprudenza, rientra nella competenza di questa Corte. Si tratta invece di disporre nuovi e diversi mezzi di garanzia in relazione alle peculiari caratteristiche della situazione in esame. Si sollecita, cioè, una vera e propria innovazione normativa, che implica una scelta tra le varie soluzioni possibili.

Le stesse considerazioni valgono per l'ipotesi di prestazioni di servizi non riferibili a singoli beni per le quali manca ogni garanzia - perché anche in tal caso si tratta di innovazione legislativa, occorrendo introdurre nell'ordinamento nuove norme.

La proposta questione va, pertanto, dichiarata inammissibile.

7. - Alcune ordinanze dubitano della legittimità costituzionale dell'art. 2758, comma secondo c.c., anche per contrasto con l'art. 53 Cost., ritenendo che per la concreta impossibilità del creditore di rivalsa di recuperare l'imposta pagata, nelle situazione sopra delineate, l'imposta stessa finirebbe per gravare in via definitiva su di un soggetto, che non essendo consumatore dei beni ceduti o committente dei servizi, non avrebbe la capacità contributiva che giustifica l'imposta.

Tale assunto non può essere condiviso. Esso muove dalla premessa che effettivo debitore dell'imposta, nell'ipotesi di prestazioni di servizi sia il committente e nel caso di cessione dei beni il consumatore finale. Ma se questo é il risultato economico derivante dalla rivalsa, esso non può costituire il presupposto cui é collegata la prestazione tributaria e in base al quale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, va individuata la capacità contributiva ai sensi dell'art. 53 Cost., intesa come idoneità soggettiva all'obbligazione di imposta (cfr. sent. n. 91 del 1972 ed altre).

L'art. 17 del D.P.R. n. 633 del 1972 con lo stabilire che l'imposta é dovuta "dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizio imponibili", identifica il presupposto dell'imposta in ciascuna delle anzidette operazioni economiche. La capacità contributiva va pertanto riscontrata in tutti i soggetti che quelle operazioni pongono in essere.

8. - Relativamente alla prestazione di servizi consistenti in opera intellettuale, l'ordinanza n. 521/80 dubita della legittimità costituzionale del sistema di garanzie assicurate al professionista. Rileva, infatti, l'ordinanza che, essendo il credito del professionista assistito da un privilegio (artt. 2751 bis n. 2 e 2777 c.c.) poziore rispetto a quello che garantisce il credito di rivalsa (art. 2778 n. 7 c.c.) potrebbe accadere, in sede di ripartizione dell'attivo nelle procedure concorsuali, che il professionista stesso riesca a realizzare il suo credito per le prestazioni ma non quello di rivalsa I.V.A. In tale ipotesi, secondo l'ordinanza, l'imposta verrebbe a gravare in via definitiva "su di un soggetto che non é portatore della relativa capacità contributiva, essendo in materia di I.V.A. il consumo indice di tale capacità". L'ordinanza stessa ravvisa, pertanto, nel combinato disposto degli artt. 2751 bis n. 2, 2758 e 2778 n. 7 c.c., una violazione dell'art. 53 Cost.

Neppure tale questione é fondata. A confutazione dell'assunto che la sorregge, é, infatti, sufficiente richiamare quanto detto sopra in ordine alla identificazione del presupposto in relazione al quale va individuata la capacità contributiva in materia di I.V.A.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i procedimenti:

a) Dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2758 e 2772 codice civile, così come modificati dall'art. 5 della legge 29 luglio 1975 n. 426, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione con le ordinanze del Tribunale di Milano del 16 ottobre 1980 e del Tribunale di Udine del 12 novembre 1981, e del solo art. 2758 gia citato, sollevate sempre in riferimento all'art. 3 Cost., con le ordinanze del giudice delegato ai fallimenti presso il Tribunale di Reggio Emilia del 14 maggio 1980, del Tribunale di Milano del 28 febbraio 1980 e del 7 gennaio e 20 maggio 1982 e del Tribunale di Reggio Emilia 1 aprile 1981.

b) Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dei combinato disposto degli artt. 2751 bis n. 2, 2758 e 2778 n. 7 codice civile, sollevate in riferimento all'art. 53 Cost. con la ricordata ordinanza del giudice delegato ai fallimenti presso il Tribunale di Reggio Emilia e del solo art. 2758 del codice civile, sollevata sempre in riferimento all'art. 53 Cost. con la stessa ordinanza del giudice delegato nonché con le ordinanze del Tribunale di Reggio Emilia già menzionate e del Tribunale di Milano del 7 gennaio 1982.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE  -Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  -Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 15 febbraio 1984.