ORDINANZA N. 2
ANNO 1984
REPUBBLICA ITALIA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 30 novembre 1973, n. 766 (Provvedimenti urgenti per l'Università), promosso con ordinanza emessa il 30 aprile 1979 dal Tribunale di Chieti, nel procedimento penale a carico di Tiberio Domenico, iscritta al n. 475 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 217 dell'8 agosto 1979.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 16 novembre 1983 il Giudice relatore Antonio La Pergola.
Ritenuto che la presente questione trae origine dal procedimento penale, pendente innanzi al Tribunale di Chieti, a carico di certo Tiberio Domenico, imputato del delitto di tentata truffa aggravata "per avere dichiarato, quale coltivatore diretto proprietario di terreni agricoli, nella domanda rivolta all'Opera Universitaria di Chieti per la concessione dell'assegno di studio al figlio, il reddito dei terreni nelle rendite domenicali ed agrarie, anziché il reddito effettivo, ricavato dalla coltivazione dei terreni stessi", ed accertato dalla Polizia giudiziaria in un'ammontare eccedente quello "fissato dall'Opera Universitaria per il caso di specie";
ritenuto che il giudice a quo assume come " applicabile nel caso concreto" la previsione dell'art. 7 della legge 30 novembre 1973, n. 766, che ha convertito in legge il D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, recante misure urgenti per l'Università; che tale disposizione prevede per l'ottenimento dell'assegno di studio, un certo reddito (familiare) imponibile il quale, a norma delle leggi tributarie, nel caso di coltivatore diretto proprietario di terreni é pari alle rendite domenicali e agrarie rivalutate; che la statuizione in parola é censurata avanti alla Corte in riferimento agli artt. 3 e 34 della Costituzione perché creerebbe una disparità di trattamento tra cittadini il cui reddito imponibile é ancorato a quello effettivo (lavoratori autonomi, dipendenti, ecc.) e coltivatori diretti proprietari di terreni agricoli, per i quali il sistema del calcolo del reddito imponibile comporterebbe vantaggi ingiustificati;
ritenuto che in giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato: la quale eccepisce l'irrilevanza della questione, in quanto gli artt. 25 della Costituzione e 2 del codice penale precludono alla Corte di pronunziare alcuna sentenza da cui possa nella specie scaturire la condanna del giudicabile, e deduce che la questione é comunque infondata nel merito, perché la norma censurata fa soltanto riferimento al reddito imponibile e nulla statuisce direttamente in ordine ai criteri per la determinazione del reddito, mentre di questi si occupano le norme fiscali, non dedotte in controversia;
considerato che alla Corte viene richiesto di pronunziare una sentenza, la quale dovrebbe introdurre, in relazione alla categoria di coltivatori diretti proprietari di terreni, un nuovo criterio per il calcolo del reddito imponibile, diverso da quello attualmente stabilito dalla legge;
che l'effetto di una simile pronunzia sarebbe, secondo la prospettazione dello stesso giudice a quo, quello di concretare l'insorgenza di una fattispecie delittuosa, laddove il fatto sottoposto all'esame del giudice penale risulta, nel momento della sua consumazione, conforme a legge;
che un simile risultato é precluso dal fondamentale ed inderogabile principio di legalità delle previsioni incriminatrici, consacrato, come osserva l'Avvocatura, nell'art. 25 della Costituzione e nel codice penale; che la questione, pertanto, é manifestamente. inammissibil
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 30 novembre 1973, n. 766, in riferimento agli artt. 3 e 34 Cost., sollevata dal Tribunale di Chieti con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 gennaio 1984.
Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI
Depositata in cancelleria il 25 gennaio 1984.