Sentenza n. 230 del 1983

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SENTENZA N. 230

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 27 febbraio 1963, n. 260 (Estensione dell'assistenza sanitaria agli artigiani titolari di pensione) promosso con ordinanza emessa il 18 dicembre 1975 dal Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Caldato Ivana e 1'INPS e la Cassa mutua provinciale malattia per gli artigiani di Milano, iscritta al n. 128 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 del 1976.

Udito nella camera di consiglio del 22 giugno 1983 il Giudice relatore Virgilio Andrioli.

Ritenuto in fatto

1.1. - Con ricorso, depositato nella cancelleria della Pretura di Milano il 5 marzo 1975, Caldato Ivana, figlia di Caldato Vincenzo, deceduto il 24 dicembre 1969, premesso in fatto a) che le era pervenuta lettera di addebito da parte del Comune di Vigevano in relazione alle spedalità fruite da Caldato Vincenzo presso l'Ospedale di Monza dal 12 maggio al 14 giugno 1969, dal 31 luglio al 3 ottobre 1969 e dall'8 ottobre al 16 ottobre 1969 e presso l'Ospedale Maggiore Cà Granda dal 23 ottobre al 19 novembre 1969 e dal 12 dicembre al 24 dicembre 1969 (data del decesso), b) che la Cassa Mutua Provinciale di malattia per gli artigiani di Milano aveva declinato l'assunzione dell'onere della degenza di cui sopra in quanto la domanda di iscrizione del Caldato in qualità di pensionato sarebbe stata presentata solo il 15 dicembre 1969, c) che il ritardo nell'iscrizione del Caldato alla Cassa era da ascriversi a ciò che solo a quell'epoca aveva il Caldato ricevuto la lettera dell'INPS datata 27 novembre 1969 a comprova del riconoscimento del diritto alla pensione di invalidità a decorrere dal 1 settembre 1968, e, pertanto, l'iscrizione era avvenuta durante il decorso dell'ultima degenza, l'interessato aveva notiziato all'amministrazione ospedaliera, in occasione di vari ricoveri, la sua posizione di potenziale mutuato (il che aveva consentito la tempestiva segnalazione alla Cassa Mutua), d) che in ogni caso non era applicabile l'art. 5 l. 27 febbraio 1963 n. 260, per il quale "per quanto non previsto dalla presente legge, valgono le disposizioni in quanto applicabili della l. 29 dicembre 1956 n. 1533 e del d.P.R. 18 marzo 1957 n. 266, nonché del regolamento delle prestazioni della Federazione Casse mutue e malattie degli Artigiani approvato dal ministero del lavoro e della previdenza sociale", e) che per l'art. 6 comma primo l. 260/1963 "La erogazione dell'assistenza di malattia di cui all'art. 11 avrà inizio dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale e quindi diventa automatica l'ammissione delle prestazioni", e in diritto f) che il diritto all'assistenza coincide con quello della decorrenza della pensione soprattutto nei casi in cui la pensione é anteriore alla data del ricovero mentre l'iscrizione dell'Istituto mutualistico costituisce un aspetto puramente formale avente efficacia dichiarativa e non costitutiva del diritto alle assistenze, chiese dichiarare la Cassa Mutua Provinciale di malattia per gli artigiani di Milano tenuta alla assunzione degli oneri dei ricoveri stante la retroattività della decisione per cui il diritto alla pensione decorreva dal 1 settembre 1968, o in via alternativa condannare l'INPS tenuto al risarcimento dei danni e quindi a tenere sollevata e indenne la ricorrente per i titoli di cui in narrativa, con vittoria di spese ed onorari.

A seguito di decreto di fissazione dell'udienza del 7 maggio 1975 per la discussione, emanato il 10 marzo 1975 dall'adito Pretore di Milano in funzione di giudice del lavoro, e di notifica di copia del ricorso e del provvedimento pretorile, si costituirono la Cassa con memoria depositata il 26 aprile 1975, con la quale chiese respingersi la domanda attrice sul riflesso che dagli artt. 25 comma terzo l. 1533/1956, 4 u.c. d.P.R. 266/1957 e 5 l. 260/1963 risultava che il diritto all'assistenza sanitaria per i pensionati artigiani era condizionato, oltre che dalla titolarità della pensione, dall'onere di presentazione della domanda di iscrizione negli elenchi degli assistibili e decorreva dal novantesimo giorno successivo all'adempimento di detto onere, e l'INPS con memoria depositata il 26 aprile 1975, con la quale chiese in via pregiudiziale la separazione della causa in cui era convenuto e la rimessione della stessa al giudice ordinario ex art. 427 c.p.c., e in via subordinata l'assoluzione dell'Istituto sul riflesso che l'azione risarcitoria sperimentata dalla ricorrente sfuggiva alla competenza del giudice del lavoro e che, comunque, non ne sussistevano le condizioni di fondatezza.

1.2. - Con sentenza 7 maggio-13 giugno 1975 l'adito Pretore rigettò le domande tutte della Caldato con totale compensazione delle spese.

2. - Su appello della Caldato, il Tribunale di Milano - sezione 10.a del lavoro - con ordinanza emessa il 18 dicembre 1975 (comunicata il successivo 20 dicembre e notificata il 15 gennaio 1976, pubblicata nella G. U. n. 78 del 24 marzo 1976 e iscritta al n. 128 R.O. 1976) - ha giudicato non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., la questione d'illegittimità costituzionale dell'art. 5 l. 27 febbraio 1963, n. 260 (in quanto richiama gli artt. 25 comma terzo l. 29 dicembre 1956, n. 1533, e 4 u.c. d.P.R. 18 marzo 1957, n. 266) motivando che A) l'art. 38 comma secondo si estende anche ai lavoratori autonomi compresi gli artigiani a nulla rilevando l'accentuazione, nella categoria artigianale, degli elementi dell'impresa, operata dalla novellazione dell'art. 2083 c.c. compiuta dalla l. 25 luglio 1956, n. 860, B) la subordinazione del diritto di assistenza malattia al decorso di 90 giorni dalla iscrizione alle liste degli assistiti, che non può non essere successiva al riconoscimento del diritto alla pensione (necessariamente spostato nel tempo rispetto alla relativa domanda di pensione), finirebbe col privare l'artigiano invalido per un lungo arco di tempo di un elementare diritto relativo alle sue esigenze di vita proprio quando non può svolgere alcuna attività redditizia, C) mentre la situazione dell'artigiano invalido non si differenzia da quella del lavoratore subordinato invalido né v'é ragione di discriminare la disciplina dell'assistenza sanitaria su questo punto, "il diritto del lavoratore subordinato in forza del d.P.R. 325/1961 consegue automaticamente dalla titolarità del diritto a pensione senza altre formalità" laddove per l'artigiano invalido sussisterebbero le restrizioni e limitazioni passate in rassegna.

3.1. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

3.2. - Nell'adunanza del 22 giugno 1983 in camera di consiglio il giudice Andrioli ha svolto la relazione.

Considerato in diritto

4.1 - La oscillante interpretazione delle disposizioni impugnate, di cui ha dato e dà prova il Consiglio di Stato, e la carenza di pronunce del Giudice, cui compete la nomofilachia, impongono alla Corte di procedere in guisa autonoma alla individuazione del significato da assegnarsi alle disposizioni medesime. La ragione fondamentale che induce a disattendere la premessa in diritto, dalla quale han preso le mosse il Pretore per respingere la domanda attrice e il Tribunale per sollevare l'incidente d'incostituzionalità, é da ravvisare in ciò che, come l'iscrizione richiesta dalla l. 25 luglio 1956, n. 860, non ha carattere costitutivo della qualità di artigiano in situazioni cui sia estraneo il momento della sicurezza sociale, così esula dalla iscrizione negli elenchi delle Casse mutue di malattia degli artigiani qualsiasi carattere costitutivo.

4.2. - Tale essendo l'interpretazione, ad avviso della Corte corretta, delle disposizioni impugnate, non sussiste la violazione degli artt. 3 e 38 Cost. che il Tribunale ha sospettato sol perché non ha posto tale interpretazione a base del sollevato incidente.

Né vanno dimenticate l'attribuzione, ai crediti dell'impresa artigiana, di privilegio generale mobiliare e la inserzione, sia pure in collocazione deteriore, di questo nel gruppo composto dei crediti dei prestatori di lavoro subordinato, dei professionisti e degli agenti, e sulla stessa linea dei crediti dei coltivatori diretti cui é addivenuta la l. 29 luglio 1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla l. 30 aprile 1969, n. 153): novellazione nella quale non può non ravvisarsi la tendenza a porre in sempre maggior rilievo l'energia di lavoro rispetto all'impegno della natura e dei capitali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione d'illegittimità costituzionale dell'art. 5 l. 27 febbraio 1963, n. 260 (Estensione dell'assistenza sanitaria agli artigiani titolari di pensione) - in quanto richiama gli artt. 25 comma terzo l. 29 dicembre 1956, n. 1533 e 4 u.c. d.P.R. 18 marzo 1957, n. 266 -, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost. con ordinanza (n. 128 R.O. 1976) emessa il 18 dicembre 1975 dal Tribunale di Milano.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1983.

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 15 luglio 1983.