Sentenza n. 165 del 1983

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SENTENZA N. 165

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 504 del codice penale (coazione della pubblica autorità mediante serrata o sciopero), promosso con ordinanza emessa il 23 aprile 1979 dal Pretore di Enna nel procedimento penale a carico di Ardizzone Vittorio Emanuele ed altri, iscritta al n. 517 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 237 del 1979.

Udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1983 il Giudice relatore Francesco Saja;

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento penale a carico di Ardizzone Vittorio Emanuele ed altri, imputati del reato di coazione della pubblica autorità mediante sciopero (art. 504 cod. penale), essendosi astenuti dal loro lavoro di dipendenti della Banca d'Italia per protestare contro l'emissione di un mandato di cattura nei confronti del vice direttore generale e del governatore della Banca, il Pretore di Enna, con ordinanza del 23 aprile 1979 (in G.U. n. 237 del 29 agosto 1979; reg. ord. n. 517 del 1979) sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 504 cit., nella parte in cui punisce l'astensione collettiva dal lavoro per protesta contro la pubblica autorità, anche quando essa non sia idonea ad ostacolare diritti o poteri nei quali si esprime direttamente o indirettamente la sovranità popolare, per contrasto con gli artt. 3 e 40 della Costituzione. Il pretore motivava la sua ordinanza riportandosi alla sentenza di questa Corte n. 290 del 1974.

Le parti non si costituivano né interveniva la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

La questione sollevata dal Pretore di Enna é fondata.

Va ricordato che con sentenza 27 dicembre 1974 n. 290 questa Corte ha dichiarato parzialmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 e 40 Cost., l'art. 503 cod. penale, il quale puniva lo sciopero per fini non contrattuali, nella considerazione che rientra nella previsione dell'art. 40 della Costituzione anche lo sciopero non avente finalità economiche, a meno che non sia diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ad ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranità dello Stato.

La medesima ratio ricorre per il reato in esame, previsto dal successivo art. 504 cod. penale.

Infatti le due fattispecie si differenziano soltanto per un elemento il quale, sotto l'angolo visuale che qui interessa, non ha alcun rilievo, in quanto concerne la natura del movente del reo e consiste per l'art. 503 nel fine politico e per il cit. art. 504 nell'intento di costringere l'Autorità a dare od omettere un provvedimento ovvero di influire sulle deliberazioni di essa. Ma, sotto ogni altro profilo, le fattispecie suindicate coincidono, in quanto l'azione é la medesima e si realizza analogamente mediante lo sciopero dei lavoratori: sciopero che nelle due ipotesi veniva penalmente vietato nella logica dell'ordinamento economico-giuridico dello Stato fascista, ossia di un assetto costituzionale autoritario e repressivo di ogni libertà, nel quale non era consentita al lavoratore un'attiva partecipazione alla vita nazionale mediante il ricorso al suddetto strumento tipicamente democratico.

Rovesciati però i principi di fondo di quella logica mediante la Costituzione repubblicana, che ha espressamente riconosciuto a favore dei lavoratori il diritto di sciopero (art. 40), anche l'art. 504 cod. penale non può non rimanerne fortemente influenzato.

Intuitivamente, anche nell'ipotesi considerata, il diritto di sciopero non é ammesso senza limitazioni, ma il suo esercizio va coordinato con gli altri beni costituzionalmente protetti, sicché la previsione dell'art. 504 risulta illegittima solo parzialmente, come la ricordata sentenza ha ritenuto rispetto al cit. art. 503 cod. penale; rimane pertanto illecito lo sciopero diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire od ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranità popolare.

Ed é appena il caso di soggiungere che spetta al giudice ordinario accertare, nella multiforme varietà dei casi concreti, quando ricorrano tali limiti e pertanto la condotta dell'imputato continui a costituire illecito penale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 504 cod. penale nella parte in cui punisce lo sciopero il quale ha lo scopo di costringere l'autorità a dare o ad omettere un provvedimento o lo scopo di influire sulle deliberazioni di essa, a meno che non sia diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranità popolare.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 giugno 1983.

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto  Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 13 giugno 1983.