SENTENZA N. 56
ANNO 1983
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata il 26 marzo 1975 e riapprovata il 30 aprile 1976 dal Consiglio regionale del Lazio, recante "Soppressione dei patronati scolastici e dei consorzi provinciali di patronati scolastici" promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 28 maggio 1976, depositato in cancelleria il 7 giugno 1976 ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 1976 e del quale é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 23 giugno 1976.
Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio;
udito nell'udienza pubblica del 25 gennaio 1983 il Giudice relatore Oronzo Reale;
uditi l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri, e l'avv. Giuseppe Lagonegro, per la Regione Lazio.
Ritenuto in fatto
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio regionale del Lazio il 26 marzo 1975 e riapprovata il 30 aprile 1976 recante "Soppressione dei patronati scolastici e dei consorzi provinciali dei patronati scolastici".
Detta legge, ad avviso del ricorrente Presidente del Consiglio, contrasterebbe con gli artt. 117 e 128 della Costituzione; in particolare, si osserva che i patronati esercitano compiti che esulano in parte dalla competenza regionale, in quanto l'art. 2 della legge 4 marzo 1958, n. 261, ad essi demanda funzioni integrative dell'azione educatrice della scuola. Pertanto non può la Regione sopprimere i patronati, ma soltanto definire una propria struttura organizzativa, limitata peraltro all'erogazione dell'assistenza scolastica. In particolare, il compito di istituire e gestire i doposcuola (previsto dall'art. 2 della citata legge n. 261 del 1958) non può dirsi compreso nella materia della "assistenza scolastica", trasferita alle regioni in forza del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 3. Esso, sempre ad avviso del ricorrente, rientrerebbe piuttosto tra le attività scolastiche integrative, rimaste nella competenza dello Stato, come é dimostrato anche dal fatto che nel bilancio statale é stato mantenuto l'apposito capitolo di spesa. La disposta soppressione dei patronati farebbe "venir meno gli enti periferici attraverso i quali vengono amministrati i contributi statali per il funzionamento dei doposcuola".
Si evidenzia altresì che il provvedimento normativo di acquisizione dei beni degli enti in questione al patrimonio delle province e dei comuni costituirebbe una indebita interferenza nella autonomia degli enti oltre che una violazione della riserva statale in materia di ordinamento comunale e provinciale, "in cui sono ricomprese le disposizioni relative al patrimonio ed alla finanza".
Si denuncia infine che l'art. 6, secondo comma, del d.P.R. n. 3 del 1972 sopracitato, attribuisce agli insegnanti in servizio presso i patronati il diritto ad essere trasferiti alle regioni. Ma l'art. 4 della legge impugnata si limita a prevedere una nuova legge sul trasferimento del personale, "senza preannunciarne in alcun modo il contenuto". Sulla base di tali vizi, che comporterebbero violazione degli artt. 117 e 128 della Costituzione, si chiede che la legge regionale impugnata sia dichiarata costituzionalmente illegittima.
Si costituiva la Regione Laziocontrodeducendo che tutte le regioni che (all'epoca del ricorso) avevano legiferato nella materia dell'assistenza scolastica avevano soppresso i patronati scolastici ed i consorzi provinciali dei patronati scolastici in quanto enti inutili, senza che gli organi statali avessero impugnato le relative leggi.
A parte tale rilievo, si sottolinea che mediante le leggi delegate del 1974 ed in particolare di quelle recanti i nn. 416, 417 e 419, sono stati istituiti gli organi collegiali di circolo didattico, di istituto scolastico, di distretto, di provincia, nonché organismi regionali di sperimentazione e ricerca educativa, con i quali é stata "totalmente riordinata la struttura locale dei servizi della pubblica istruzione". E si evidenzia anche che la Regione Lazio, con la legge regionale 6 settembre 1975, n. 77, ha provveduto a regolare organicamente l'assistenza scolastica nonché il diritto allo studio, istituendo fra l'altro collegamenti precisi con gli organi collegiali di cui si é detto e delegando le attività di assistenza scolastica ai comuni ed alle province; alla regione rimangono attribuzioni di indirizzo, coordinamento e la facoltà di intervenire in casi straordinari o integrativamente.
Secondo la difesa della Regione, il quadro normativo testé descritto dimostra che i patronati scolastici erano enti senza funzioni e che anche quelli che nel ricorso erano stati definiti come compiti integrativi dell'azione educatrice della scuola non sono più dei patronati, ma dei consigli di istituto e di distretto, mentre le attribuzioni di assistenza scolastica sono passate ai comuni ed alle province; una tale constatazione farebbe venir meno le censure rivolte all'art. 2 della legge impugnata.
Analoga la situazione normativa per quanto attiene al trasferimento dei patrimoni dei patronati; se questi ultimi sono enti inutili, siccome privi di attribuzioni, e pertanto sono stati legittimamente soppressi, esattamente il patrimonio di questi enti é stato trasferito alle provincie ed ai comuni che, storicamente erano stati i conferenti della parte maggiore dei compendi patrimoniali cessati enti".
Con riferimento infine allo stato giuridico del personale si assume che la legge regionale non poteva che rinviare la decisione, atteso che, quanto meno nella Regione Lazio, il personale addetto ai patronati era di estrazione eterogenea, composto in parte da personale distaccato, in altra parte da personale in incerta posizione giuridica e in altra parte da personale proprio. Tale situazione di fatto comportava che per regolare tale intreccio di rapporti fosse necessaria una preventiva intesa con l'amministrazione statale e le associazioni sindacali. Si chiede quindi che venga riconosciuta la costituzionalità della legge regionale impugnata.
All'udienza del 25 gennaio 1983 tanto l'avvocato dello Stato in rappresentanza del Governo ricorrente quanto la difesa della Regione hanno concluso chiedendo che la Corte dichiarasse cessata la materia del contendere.
Considerato in diritto
Il Presidente del Consiglio dei ministri, col ricorso di cui in epigrafe, chiede alla Corte di dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio regionale del Lazio il 26 marzo 1975 e riapprovata il 30 aprile 1976, avente per oggetto la soppressione dei patronati scolastici e dei loro consorzi provinciali.
Questa legge violerebbe gli artt. 117 e 128 della Costituzione sotto i vari profili descritti in narrativa.
La censura viene respinta dalla Regione Lazio, la quale nega, per le ragioni pure riassunte in narrativa, la sussistenza della dedotta violazione degli artt. 117 e 128 della Costituzione.
Successivamente alla proposizione del ricorso e alla costituzione in giudizio della Regione Lazio é stato emanato il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il quale - definito nell'art. 42 l'ambito delle funzioni amministrative relative alla materia "assistenza scolastica" - dispone all'art. 45 l'attribuzione ai comuni delle funzioni amministrative indicate nell'art. 42, da svolgersi secondo le modalità previste dalla legge regionale; la soppressione dei patronati scolastici e dei relativi consorzi provinciali e l'attribuzione ai comuni delle funzioni, dei servizi e dei beni, demandando alle regioni di stabilire con proprie leggi entro il 30 giugno 1978 modalità e criteri per il passaggio dei beni e del personale ai comuni.
Conseguentemente la Regione Lazio, con legge 6 novembre 1978, n. 32, ha adottato le "disposizioni per il passaggio ai comuni dei beni e del personale dei soppressi patronati scolastici e consorzi provinciali dei patronati scolastici".
Pertanto, come le parti hanno concordemente riconosciuto all'udienza di trattazione della causa, é cessata la materia del contendere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale della legge riapprovata dal Consiglio regionale del Lazio il 30 aprile 1976 recante "Soppressione dei patronati scolastici e dei consorzi provinciali dei patronati scolastici", sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri col ricorso 28 maggio 1976 (n. 20 del registro ricorsi 1976) di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1983.
Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALUGINI - Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO.
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 16 marzo 1983.