SENTENZA N. 121
ANNO 1982
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. l8, comma quarto, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili) promosso con ordinanza emessa il 6 giugno 1977 dalla Commissione tributaria di primo grado di Torino, sul ricorso proposto da Barone Roberto, iscritta al n. 513 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4 del 4 gennaio 1978.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 14 aprile 1982 il Giudice relatore Oronzo Reale;
udito l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Il notaio Roberto Barone aveva presentato ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Torino onde ottenere la revoca della decisione dell'Ufficio Atti Pubblici di Torino con cui era stata liquidata una imposta INVIM relativa ad un atto di trasferimento di immobile di lire 2.773.900; a sostegno della richiesta, il Barone aveva addotto che l'Ufficio non aveva tenuto conto delle spese incrementative denunciate tempestivamente ma non documentate nei termini fissati nell'art. 18, quarto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643.
Il detto notaio aveva stipulato l'atto di trasferimento di un immobile e pagato l'imposta INVIM dovuta dalla venditrice Società Claviere: tale imposta era stata liquidata senza tenere conto delle spese incrementative denunciate, ma non documentate, nel termine previsto per la registrazione.
La Commissione tributaria aveva osservato sul punto che l'operato dell'Ufficio doveva essere considerato corretto a norma della disposizione citata, in quanto la tempestiva documentazione delle spese é ivi prescritta a pena di decadenza. Tanto premesso, la Commissione, previo compiuto esame della rilevanza della questione stessa, sollevava questione di legittimità costituzionale in via incidentale della norma citata, appunto nella parte in cui prescrive l'obbligo della documentazione tempestiva delle spese incrementative a pena di decadenza.
La disposizione impugnata, ad avviso del collegio a quo, colliderebbe con il disposto dell'art. 53 della Costituzione, in quanto prescinderebbe "del tutto dal principio della capacità contributiva", anche in relazione all'art. 3 della Costituzione; e ciò in quanto "la sanzione di decadenza", ex art. 18 citato, può determinare, nei casi in cui la documentazione sia stata, come nella specie, presentata successivamente, un pregiudizio al contribuente, anche in quanto a questi verrebbe ad essere applicata una sanzione tributaria più grave di quella prevista per l'omessa denuncia di trasferimento del bene.
Quest'ultima considerazione é strettamente pertinente al caso di specie, in cui il contribuente avrebbe pagato a titolo di sanzione una somma complessiva minore ove avesse presentato fuori termine la denuncia di trasferimento, corredata però della documentazione relativa alle spese, di quella in effetti applicatagli per aver presentato una tempestiva denuncia peraltro non accompagnata dalla documentazione relativa.
Non si aveva costituzione di parti; spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la proposta questione fosse dichiarata infondata.
Con riferimento alla prospettata violazione dell'art. 3 della Costituzione si osservava che l'omessa denuncia e la mancata documentazione delle spese incrementative attengono la prima ad un obbligo del contribuente (la cui inosservanza é sanzionata a norma di legge) e la seconda ad un onere, cui non consegue alcuna sanzione, ma solo l'impossibilità di conseguire l'effetto utile in ragione del quale tale onere é previsto: si tratterebbe pertanto di due situazioni completamente diverse, non paragonabili tra loro.
Né potrebbe avere rilievo alcuno che, in casi di specie, come quello sottoposto al giudizio della Commissione di primo grado di Torino, il pregiudizio pecuniario per il contribuente sia in ipotesi meno grave nel caso di omessa denuncia.
Con riguardo all'art. 53 della Costituzione si rilevava che l'art. 18 non disciplina i presupposti sostanziali della tassazione, ma il procedimento per l'applicazione dell'imposta. "La rilevanza sostanziale delle spese incrementative é giustamente stabilita dall'art. 11 del decreto n. 643, il quale é indubbiamente ispirato al principio della capacità contributiva"; i presupposti sostanziali della tassazione sono quelli previsti dagli artt. da 1 a 14 dello stesso decreto e il contenuto della norma impugnata, attinente alla regolarità del procedimento di accertamento dell'imposta, non può ledere il principio di cui all'art. 53 della Costituzione.
Considerato in diritto
1. - Il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, istitutivo dell'imposta comunale sull'incremento del valore degli immobili (INVIM), all'art. 11 stabilisce che "ai fini del calcolo dell'incremento imponibile il valore iniziale del bene é maggiorato dalle spese di acquisto, di costruzione e incrementative riferibili al periodo considerato per la determinazione dell'incremento stesso"; e all'art. 18 (il cui testo, nella parte che interessa la questione sottoposta alla Corte, non é stato modificato dal d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 688) dispone che i cedenti di beni soggetti all'imposta debbono produrre fra l'altro una dichiarazione del valore iniziale del bene con l'indicazione delle spese incrementative di cui al citato art. 11. Tali spese, se non già esposte nella dichiarazione, "debbono, a pena di decadenza, essere denunciate all'Ufficio al momento della registrazione dell'atto", quando si tratta di beni ceduti per atto tra vivi. il comma quarto dello stesso art. 18 stabilisce che "per le spese effettuate dopo l'entrata in vigore del presente decreto la dichiarazione deve essere corredata dalla documentazione relativa".
Interpretando questo onere di documentazione nel termine detto come prescritto a pena di decadenza (e ciò in conformità all'avviso più volte espresso in risoluzioni del Ministero delle Finanze e all'opinione, peraltro non univoca, della Commissione tributaria centrale), la Commissione tributaria di primo grado di Torino denuncia la sospetta incostituzionalità della norma (comma quarto dell'art. 18 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643), la quale si porrebbe in contrasto con l'art. 53 della Costituzione in quanto prescinderebbe dal principio della capacità contributiva, e con l'art. 3 della Costituzione perché il mancato calcolo delle spese incrementative, conseguente alla mancata tempestiva documentazione di esse, potrebbe costituire una sanzione tributaria più pesante di quella che conseguirebbe alla ritardata denuncia del trasferimento.
2. - La questione non é fondata.
Come osserva l'Avvocatura dello Stato, la denunciata norma dell'art. 18 del d.P.R. n. 643 del 1972 si riferisce al procedimento per l'applicazione dell'imposta, non ai presupposti sostanziali di essa, che sono fissati nelle altre disposizioni del citato decreto e, per quanto riguarda in ispecie la determinazione del valore iniziale del bene, ai fini del calcolo dell'incremento di valore tassabile, nell'art. 11.
Sono queste ultime norme, non l'art. 18, che determinano l'obbligo contributivo e la sua misura, i quali debbono essere e sono in armonia col principio del concorso alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva proclamato dall'art. 53 della Costituzione.
Né si può, per denunciare una pretesa violazione dell'art. 3 della Costituzione, porre a confronto le conseguenze, eventualmente più gravi, che la mancata tempestiva documentazione delle spese incrementative avrebbe rispetto alla tardiva denunzia del trasferimento accompagnata dalla documentazione.
A parte che quest'ultima ipotesi non si realizzerebbe senza il mancato rispetto dei termini per la registrazione dell'atto da parte del notaio rogante, con le conseguenti ulteriori sanzioni, il diverso pregiudizio che in fatto potrebbe derivare al contribuente nelle due ipotizzabili situazioni non assumerebbe rilievo costituzionale. E ciò anche a prescindere dalla considerazione che nel caso della mancata tempestiva dichiarazione si tratterebbe di sanzioni conseguenti alla violazione di obblighi del contribuente e del notaio, mentre nel caso di dichiarazione non accompagnata dalla prescritta documentazione delle spese incrementative del valore iniziale del bene, si tratterebbe del mancato conseguimento di un utile derivante dall'adempimento di un onere che ne costituiva la condizione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma quarto, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili) sollevata, in riferimento agli artt. 53 e 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Torino con l'ordinanza 6 giugno 1977 di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1982.
Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria l'8 luglio 1982.