Sentenza n.202 del 1981
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 202

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 21, primo, secondo e terzo comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 5 marzo 1976 dal Tribunale di Pinerolo nel procedimento civile vertente tra Piccato Antonio e la Società "Reale Mutua di Assicurazioni", iscritta al n. 387 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 23 giugno 1976;

2) ordinanza emessa il 13 aprile 1976 dal Giudice istruttore del Tribunale di Lucera nel procedimento civile vertente tra Di Benedetto Michele e "L'Assicuratrice italiana S.p.a.", iscritta al n. 463 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 239 dell'8 settembre 1976;

3) ordinanza emessa il 30 settembre 1976 dal Tribunale di Pesaro nel procedimento civile vertente tra Oliva Amos e "L'Assicuratrice italiana S.p.a.", iscritta al n. 752 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 2 febbraio 1977;

4) ordinanza emessa il 20 ottobre 1976 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Guidi Vincenzo e la S.p.a. "Le Assicurazioni d'Italia", iscritta al n 171 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 134 del 18 maggio 1977;

5) ordinanza emessa il 15 marzo 1977 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Iannella Angiolina (anche quale legale rappresentante del figlio minore Catania Giancarlo), Catania Rosanna (anche quale legale rappresentante della figlia minore Barbara) e la "Toro Assicurazioni" S.p.a., iscritta al n. 291 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 244 del 7 settembre 1977.

Visti gli atti di costituzione della Società "Reale Mutua di Assicurazioni" de "L'Assicuratrice Italiana S.p.a." e della S.p.a. "Le Assicurazioni d'Italia" e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 ottobre 1981 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

uditi gli avvocati Emilio Pasanisi, per la S.p.a. "Le Assicurazioni d'Italia", Ranieri Vassallo di Castiglione per la Soc. "Reale Mutua di Assicurazioni", Antonio Bernardini, per "l'Assicuratrice italiana S.p.a." e l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Il Tribunale di Pinerolo con ordinanza del 5 marzo 1976 (n. 387 r.o. 1976) ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 21, primo, secondo e terzo comma della legge 24 dicembre 1969, n. 990 nella parte in cui esclude o riduce il risarcimento del danno qualora questo sia stato cagionato da veicolo o natante non identificato.

Assume il giudice a quo che la norma impugnata realizza una disuguaglianza di trattamento fra chi è danneggiato dalla circolazione di veicolo identificato, sia esso assicurato o meno, il quale riceve o un risarcimento pieno (nell'ipotesi di veicolo assicurato) o comunque un risarcimento assoggettato al trattamento di cui all'art. 21, ultimo comma, della stessa legge n. 990/1969 (ove il veicolo non fosse assicurato), e chi, invece, è danneggiato dalla circolazione di veicolo non identificato, il quale riceve il risarcimento:

a) soltanto in caso di morte o di inabilità temporanea superiore a novanta giorni o di invalidità permanente superiore al 20 per cento;

b) soltanto nei limiti di un massimo di L. 15.000.000 per persona sinistrata;

c) soltanto nei limiti di determinazione di un reddito del danneggiato (ai fini del calcolo dell'indennizzo) che non superi il reddito lordo di lavoro denunciato o accertato nell'anno precedente il sinistro oppure, in difetto, il minimo imponibile.

Tale disciplina - argomenta l'ordinanza di rinvio - determina una incomprensibile "diversità di trattamento di persone che versano nella medesima situazione di vittime della strada e di danneggiati in relazione a circostanze estrinseche di cui non sono affatto colpevoli".

La stessa questione viene sollevata nei medesimi termini anche dal Tribunale di Pesaro con ordinanza del 30 settembre 1976 (n. 752 r.o. 1976), nella quale si lamenta che la norma impugnata ponga limiti sostanziali e probatori alla domanda di risarcimento avanzata nei confronti del "Fondo di garanzia per le vittime della strada" da persona danneggiata da veicolo non identificato, mentre tali limiti non valgono (art. 21, quarto comma) per l'analoga azione esperita da chi sia stato danneggiato da veicolo non assicurato ovvero assicurato con impresa insolvente.

Il Tribunale rileva inoltre come i limiti di prova del reddito accollino al danneggiato da veicolo ignoto gli oneri di eventuali infedeltà fiscali che invece sono del tutto ignorate nei confronti degli altri. danneggiati risarciti dal Fondo e di tutti gli altri cittadini che chiedano in giudizio qualsiasi altro risarcimento del danno.

Anche il Tribunale di Genova, con l'ordinanza del 15 marzo 1977 (n. 291 r.o. 1977) solleva la medesima questione, ma solo per quella parte del citato art. 21 che limita il risarcimento, nei caso di danno cagionato da veicolo ignoto, ad un massimo di lire 15.000.000 per persona sinistrata (v. sopra sub b). Aggiunge l'ordinanza di rimessione che tale disposizione è rimasta immutata anche dopo le sostanziali modifiche apportate all'art. 21 dal d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito con legge 26 febbraio 1977, n.39.

2. - Con ordinanza del 13 aprile 1976 (n. 463 r.o. 1976) il Giudice istruttore del tribunale di Lucera sollevava questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 21 della legge n. 990/1969, in riferimento agli artt. 32 e 3 Cost., nella parte in cui limita la risarcibilità del danno causato da veicolo ignoto: a) in riferimento al reddito lordo di lavoro; b) in riferimento a minimi di invalidità permanente (20 per cento).

Ritiene il giudice a quo che la limitazione sub a) violi l'art. 32 Cost., in quanto non considera l'integrità fisica del danneggiato come un bene giuridico in sè, meritevole di tutela e di risarcimento, in caso di lesione, a prescindere dalla capacità di reddito del soggetto; nonchè l'art. 3 Cost. in quanto a fronte di una medesima lesione dell'integrità fisica introduce criteri differenziati di risarcimento sulla base del reddito, determinando così un "peggior trattamento risarcitorio" per chi non ha ancora raggiunto l'età lavorativa (minori) e per chi non gode di un reddito reale di lavoro (casalinghe, pensionati, disoccupati, ecc.) e una "superliquidazione" per coloro che godono di alti redditi.

Anche la limitazione sub b) - secondo il giudice istruttore del tribunale di Lucera - violerebbe gli artt. 32 e 3 della Costituzione, essendo priva di giustificazione una normativa in forza della quale "il soggetto che abbia subito lesioni ad opera di un veicolo non identificato debba sopportare le conseguenze della .... non gravità del danno, della lieve invalidità temporanea o permanente subita".

3. - Il Tribunale di Roma con ordinanza del 20 ottobre 1976 (n. 171 r.o. 1977) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 21 della legge n. 990 del 1969, limitando la censura al solo terzo comma (determinazione del reddito del danneggiato sulla base delle risultanze fiscali), ma denunciando la violazione sia dell'art. 3 che dell'art. 24 Cost.

Quanto al contrasto con il principio di uguaglianza, i profili prospettati sono sostanzialmente analoghi a quelli illustrati nelle ordinanze richiamate ai nn. 1 e 2.

Circa la violazione del diritto di difesa il tribunale assume che la norma impugnata, "sancendo un sistema di prova legale che non consente di dare dimostrazione diversa da quella emergente dalle dichiarazioni fiscali o, in mancanza, dal riferimento al minimo imponibile, in sostanza viene a trasferire l'accertamento fiscale in un procedimento avente caratteristiche e finalità assai differenti, laddove esso dovrebbe avere soltanto valore dimostrativo e, come tale, soggetto all'apprezzamento del giudice". L'ordinanza richiama in proposito la sentenza n. 132/1972 di questa Corte, secondo la quale la tutela giurisdizionale del diritto controverso deve essere garantita con tutti i mezzi essenziali per la ricerca della verità e per l'attuazione della giustizia.

4. - É intervenuto nei cinque giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle questioni sollevate.

A difesa della norma impugnata l'Avvocatura ha richiamato la relazione alla Camera del Ministro dell'industria in sede di lavori preparatori della legge n. 990 del 1969, ove si afferma che per il caso di sinistri causati da veicolo che rimanga sconosciuto, si è ritenuto opportuno prendere alcune cautele, per il giustificato timore "che la garanzia possa prestarsi a frodi, sia nel senso che si assumano come causati da responsabile sconosciuto sinistri accaduti per altre cause accidentali, sia nel senso che sinistri causati da automobilisti ben identificati vengano fatti passare come causati da sconosciuti, allo scopo, per l'assicurato, di sottrarsi alle conseguenze penali e, eventualmente, a un inasprimento del premio e, per il danneggiato, di avvantaggiarsi di una posizione processuale più favorevole". V Non sussisterebbe, pertanto - secondo l'Avvocatura - alcun contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto nell'ambito di una scelta discrezionale del legislatore, peraltro giustamente ispirata a tutela di coloro che danneggiati da sconosciuti o da non assicurati, sarebbero rimasti senza risarcimento veruno, la normativa impugnata ha introdotto limiti nella misura dell'indennizzo che trovano una loro razionale giustificazione in quell'intervento della "solidarietà sociale" che certamente non puo sottostare alle norme comuni in materia di risarcimento del danno.

5. - Nel giudizio introdotto dall'ordinanza del tribunale di Pinerolo si è costituita con alto 9 luglio 1976 la Società Reale Mutua di Assicurazioni, rappresentata e difesa degli avvocati Giuseppe Fanelli di Roma e Ranieri Vassallo di Castiglione di Torino, negando che la disciplina impugnata determini irragionevoli disparità di trattamento in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

Secondo la difesa della società torinese, la diversità di disciplina lamentata dal giudice a quo troverebbe la sua giustificazione nella oggettiva diversità di situazioni che, rispetto a quella ordinaria, si verificano nell'ipotesi di sinistro cagionato da veicolo rimasto sconosciuto. Innanzitutto - si osserva - la mancata identificazione del veicolo pone in essere una fattispecie del tutto singolare ed anomala, in quanto, mancando anche ovviamente l'identificazione del responsabile e del proprietario, "non è dato addivenire ad un normale accertamento di responsabilità nel contraddittorio delle parti direttamente interessate".

L'intervento del Fondo di garanzia in questo caso non poteva essere assimilato alle ipotesi ordinarie e neppure a quelle disciplinate negli altri due casi di intervento del Fondo (veicolo non assicurato o assicurai o con impresa insolvente), poiché anche in questi ultimi l'identificazione del responsabile e la sua obbligatoria chiamata nell'eventuale giudizio (art. 23 legge n. 990/69) non pregiudicano in alcun modo né l'accertamento della responsabilità, né la possibilità che, una volta accertati la responsabilità e il danno, il Fondo recuperi l'indennizzo pagato esercitando l'azione di regresso consentita contro il responsabile dall'art. 29 della legge predetta.

La ratio ispiratrice del sistema posto in essere con l'art. 21 - aggiunge la Società assicuratrice - non consentiva senza gravi inconvenienti (tra i quali la facilità delle frodi) l'adozione anche nel caso di sinistro causato da veicolo ignoto degli ordinari criteri di risarcimento del danno, ma imponeva criteri particolari e più restrittivi, tali cioè da trasformare la corresponsione di un ordinario e unico risarcimento in un equo "indennizzo" da corrispondere soltanto nei casi di più rilevante danno alla persona e dentro limiti oggettivamente ed agevolmente determinabili.

La Reale Mutua ha concluso per l'infondatezza delle questioni sollevate con l'ordinanza del Tribunale di Pinerolo.

6. - Costituendosi con atto del 1 febbraio 1977 nel Giudizio introdotto con l'ordinanza del Tribunale di Pesaro, anche la S.p.a. "L'Assicuratrice Italiana", rappresentata e difesa dall'avv. Antonio Bernardini, ha contestato la fondatezza della questione sollevata, in quanto il Fondo di garanzia non può essere considerato un assicuratore né pubblico né privato, essendo carente di tutti i requisiti e le caratteristiche relative. Il suo intervento, comunque, avrebbe natura previdenziale pubblicistica e la sua prestazione, nel caso di sinistro provocato da veicolo sconosciuto, sarebbe squisitamente indennitaria.

Sul piano soggettivo, infine, il principio d'uguaglianza va applicato a situazioni identiche, ma per identità di situazioni si deve intendere, nella specie, non quella dei danneggiati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, come tali, bensì quella dei medesimi nei confronti sia del Fondo che del mezzo danneggiato.

7. - "L'Assicuratrice Italiana", rappresentata e difesa dallo stesso avv. Bernardini, è intervenuta con atto dell'8 giugno 1977 anche nel procedimento introdotto dall'ordinanza del giudice istruttore del tribunale di Lucera, assumendo in particolare l'infondatezza della questione di legittimità proposta in riferimento all'art. 32 Cost., in quanto il giudice a quo non avrebbe considerato che il precetto costituzionale sancisce la tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, garantendo cure gratuite agli indigenti, ma non considera oggetto di tutela l'integrità fisica in quanto tale, cosicché è priva di ogni fondamento la pretesa di risarcibilità del cosiddetto "danno biologico".

8. - Nel giudizio introdotto con l'ordinanza del tribunale di Roma si è costituita la S.p.A. "Le Assicurazioni d'italia", rappresentata e difesa dall'avv. Emilio Pasanisi, con atto del 23 marzo 1977, concludendo per l'infondatezza della questione sia in riferimento all'art. 3 che all'art. 24 Cost.

Riguardo a quest'ultima censura in particolare la tesi del giudice a quo discenderebbe - secondo la fonte - dal duplice equivoco di considerare la disposizione dell'art. 21 impugnato come la limitazione di un diritto ad integrale risarcimento del danno che sarebbe sancita dalla legge nell'ipotesi di sinistro provocato da veicolo ignoto, mentre è proprio la disciplina della legge n. 990/69 che ha creato un diritto di azione verso il Fondo di garanzia che prima non esisteva (ponendo nel contempo dei limiti che hanno attinenza esclusivamente a diritti sostanziali) e di dimenticare che il riferimento al debito fiscale è basato sull'obbligo della veritiera dichiarazione del contribuente, cioè su un'attestazione proveniente dallo stesso interessato, e solo in subordine sul reddito accertato dall'ufficio fiscale, che non potrà essere che superiore alla stessa dichiarazione, con evidente vantaggio del danneggiato.

Considerato in diritto

1. - La prima questione, sollevata con le ordinanze nn. 387, 752/1976 e 291/1977, rispettivamente dal Tribunale di Pinerolo, dal Tribunale di Pesaro e dal Tribunale di Genova, riguarda l'art. 21, primo, secondo e terzo comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui limita il riconoscimento del danno alle persone, provocato da veicolo o natante rimasto sconosciuto, alle ipotesi di morte o di inabilità temporanea superiore a novanta giorni e di invalidità permanente superiore al 20% (comma primo); entro un massimo di L. 15.000.000 per persona sinistrata (comma secondo); alla determinazione del reddito del danneggiato in misura non superiore al reddito lordo di lavoro dichiarato o accertato in sede fiscale o, in difetto, al minimo imponibile (comma terzo).

Si dubita, infatti, nelle ordinanze di rimessione che tali disposizioni introducano una disparità di trattamento tra danneggiati a seconda che il danno sia stato provocato da veicolo o natante non identificato, o invece da veicolo o natante identificato e assicurato, nel qual caso il risarcimento non è soggetto ai limiti suddetti così come non soggiace a detti limiti allorquando, pur intervenendo il Fondo di garanzia, il danno viene provocato da veicolo identificato ma non assicurato o da veicolo identificato e assicurato con una impresa posta in stato di liquidazione con dichiarazione di insolvenza.

Né ha spostato i termini del problema la sopravvenuta modifica del terzo comma introdotto con d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, in quanto i fatti formanti oggetto delle ordinanze si sono verificati prima della predetta modifica.

La questione non è fondata.

La diversità di disciplina stabilita dalla norma impugnata tra i danneggiati da veicolo o natante rimasto sconosciuto e gli altri danneggiati non opera un'irrazionale diversità di trattamento di fronte a situazioni omogenee. Infatti, la situazione obbiettiva in cui si è verificato il danno alla persona danneggiata da veicolo o natante non identificato è ben diversa da quella riguardante la persona danneggiata da veicolo identificato e assicurato e la relativa diversa tutela apprestata non appare viziata da arbitrarietà o irrazionalità.

Per il danno cagionato da mezzi identificati il diritto al risarcimento discende infatti dai principi in tema di responsabilità aquiliana e di assicurazione del rischio, attraverso l'intervento dell'assicuratore a sostegno dell'assicurato, previo accertamento in contraddittorio della responsabilità civile di quest'ultimo.

Nel caso, invece, di danni causati da mezzi non identificati nessun ristoro essi avrebbero potuto trovare attraverso le norme che disciplinano la responsabilità civile e il rapporto di assicurazione, cosicché in quasi tutti i paesi avanzati sono stati adottati nuovi strumenti che rispondessero a principi di solidarietà.

Il nostro legislatore, onorando gli impegni assunti con la firma della Convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959, ha introdotto tale nuova disciplina con la legge n. 990 del 1969, istituendo il "Fondo di garanzia per le vittime della strada", allo scopo di indennizzare i danni causati da mezzi rimasti sconosciuti o non assicurati oppure assicurati con imprese poste in stato di liquidazione con dichiarazione di insolvenza (artt. 19, 20 e 21).

Nella prima ipotesi, che è quella che nella specie interessa, la mancata individuazione del responsabile esula dallo schema tipico della responsabilità aquiliana conferendo alla prestazione dei Fondo di garanzia la natura di un indennizzo, più rispondente ai principi di solidarietà, anziché i caratteri di un risarcimento nel senso proprio del termine.

La mancata identificazione del responsabile, infatti, fa sì che la prestazione dei Fondo, anziché rappresentare il corrispettivo di premi versati dall'assicurato riconosciuto responsabile, gravi in definitiva sulla generalità degli assicurati incolpevoli, cosicché appare ragionevole limitare l'intervento solidaristico ai casi più gravi di danno alla persona e porre altresì limiti all'ammontare dell'indennizzo, sia con la fissazione di un massimo, sia con l'imposizione di criteri particolarmente rigorosi nell'accertamento del reddito.

Né tale ipotesi può essere assimilata a quella del veicolo identificato ma non assicurato o di veicolo assicurato con impresa insolvente, dato che in questi casi è sempre possibile per il Fondo di garanzia esercitare l'azione di regresso sia nei confronti del conducente sia nei confronti del proprietario del veicolo.

Corrispondono, quindi, ad una obbiettiva diversità di situazioni le tre limitazioni previste dalla norma impugnata, cosicché non sussiste alcuna violazione del principio di eguaglianza.

Quanto al secondo comma dell'art. 21 nessuna motivazione è contenuta nelle ordinanze di rimessione che dia ragione della sua denuncia.

2. - Con la seconda questione sollevata con l'ordinanza del giudice istruttore del tribunale di Lucera (ord. 463 del 1976) la Corte è chiamata a decidere se il medesimo art. 21 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 contrasti con gli artt. 3 e 32 Cost., nella parte in cui limita la risarcibilità del danno causato da veicolo o natante non identificato in riferimento a minimi di invalidità permanente e al reddito lordo di lavoro dichiarato o accertato in sede fiscale. Il giudice a quo dubita, infatti, che tali limitazioni, oltre a determinare disparità di trattamento, violino il principio della tutela della salute, non risultando garantita l'integrità fisica del danneggiato, indipendentemente dalla sua capacità di reddito.

Anche tale questione non è fondata.

E pur vero, infatti, che l'art. 32 Cost. ha innanzi tutto come oggetto di tutela l'integrità fisica, ma detta tutela si realizza nella duplice direzione di apprestare misure di prevenzione e di assicurare cure gratuite agli indigenti.

Nel caso di specie la norma impugnata non contrasta con alcuna delle finalità perseguite dall'art. 32 Cost. in quanto da un lato non ha un rapporto diretto con gli obbiettivi di prevenzione, riguardando un momento successivo alla lesione del bene protetto, dall'altro, lungi dal lasciare senza protezione indigenti abbisognevoli di cure, introduce una forma di intervento solidaristico, che amplia la possibilità di ristoro del danno alla persona (in materia di responsabilità civile) a soggetti che altrimenti ne resterebbero privi.

Che tale intervento sia sottoposto ad alcune limitazioni - come quelle lamentate nella ordinanza di rimessione - risponde ad una valutazione discrezionale del legislatore che, nel prevedere una prestazione del Fondo di natura indennitaria, ha voluto condizionarla, tra l'altro, alla sussistenza di un certo grado di invalidità e ad un accertamento rigoroso del reddito del danneggiato.

3. - L'ultima questione, sollevata con l'ordinanza n. 171 r.o.1977 del tribunale di Roma, è se solo lo stesso art. 21 legge 24 dicembre 1969, n. 990 (nel testo originario) contrasti con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui limita il risarcimento del danno causato da veicolo o natante non identificato alla determinazione del reddito del danneggiato sulla base delle risultanze fiscali.

Il giudice a quo si chiede se tale disposizione, oltre a determinare la disparità di trattamento denunciata dalle altre ordinanze, non violi altresì il diritto di difesa della persona danneggiata, introducendo un sistema di prova legale che non consente di dare dimostrazione dei propri diritti diversa da quella emergente dalle risultanze fiscali.

Anche tale questione non è fondata.

Circa il conflitto con l'art. 3 Cost. va richiamato quanto sopra affermato sub 1. V Riguardo al denunciato contrasto con l'art. 24 Cost., occorre rilevare che l'impugnato art. 21 della legge n. 990/69 al terzo comma non pone alcun limite al diritto di difesa del danneggiato, il quale ha piena facoltà di dimostrare l'esistenza dei presupposti del suo diritto al risarcimento, ma è quest'ultimo che, per la particolare natura indennitaria della prestazione del Fondo, è soggetto, al momento della liquidazione del danno, al limite sostanziale di dover essere rapportato al reddito dichiarato dallo stesso danneggiato o accertato in sede fiscale.

E nessuna censura può essere mossa al legislatore del 1969 se ritenne di collegare l'intervento solidaristico del Fondo in favore del danneggiato a quel dovere primario di solidarietà che è il fedele adempimento dell'obbligo tributario nei confronti della collettività.

Non vi è, pertanto, alcuna violazione dell'art. 24 Cost.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del l'art. 21, primo, secondo e terzo comma, legge 24 dicembre 1969, n. 990 (assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 32 Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1981.

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI

 

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1981.