SENTENZA N. 73
ANNO 1981
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI, Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 168, n. 1, cod. pen., modificato dall'art. 13 del D.L. 11 aprile 1974, n. 99 (revoca della sospensione condizionale della pena) promosso con ordinanza emessa il 17 aprile 1975 dal Pretore di Vittorio Veneto nel procedimento penale a carico di Bottecchia Enzo, iscritta al n. 247 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 202 del 1975.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 gennaio 1981 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;
udito l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - A seguito di avviso di procedimento, notificato il 22 marzo 1975, per contravvenzione nella vendita di pane, a Bottecchia Enzo, sorpreso il 5 febbraio dello stesso anno a vendere a un cliente occasionale, nella pubblica via della frazione Anzano del Comune di Cappella Maggiore (e non già, com'è scritto nell'avviso di procedimento, in Cordignano), il pane a pezzatura anziché a peso, il Pretore di Vittorio Veneto, con ordinanza 17 aprile 1975, debitamente comunicata e notificata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 luglio 1975 - letti gli atti del procedimento a carico del Bottecchia, imputato di contravvenzioni, di cui agli artt. 17, ult. cpv., e 44, lett. B), legge 4 luglio 1967, n. 580 (omessa apposizione sul pane posto in vendita del prescritto cartellino con l'indicazione del tipo), 23 e 44, lett. C), della stessa legge (vendita di pane a pezzo anziché a peso), 26, primo comma, e 44, lett. B), della legge medesima (trasporto di pane in recipienti sprovvisti della prescritta copertura e chiusura), 26, ult. cpv. e 44, lett. B), della ripetuta legge (vendita di pane in forma ambulante) - ha rilevato che l'imputato aveva beneficiato il 18 marzo 1974 della sospensione condizionale della pena dell'ammenda inflittagli con decreto penale, e che con altro decreto gli si sarebbe dovuta contestare la recidiva specifica reiterata e infraquinquennale, e, di conseguenza, ha osservato che - secondo la "novellata" formulazione dell'art. 168 cod. pen., di cui al d.l. 11 aprile 1974, n. 99 - la sospensione condizionale della pena pecuniaria, di cui l'imputato aveva fruito prima della riforma legislativa, non si sarebbe potuta revocare con l'emanando decreto penale in quanto le contravvenzioni, delle quali era in atto imputato, non erano state commesse entro i due anni dal precedente decreto, né prevedevano pena detentiva. D'altro canto, non sembrava - sempre a giudizio del Pretore - equo concedere una seconda condizionale, pur avendovi l'imputato diritto a norma dell'art. 164, ult. cpv., cod. pen., in quanto, così statuendo, la pena da infliggere sarebbe ineseguibile in caso di nuova condanna, nei termini stabiliti, a pena pecuniaria per delitto posteriormente commesso.
Constatatane in tal guisa la rilevanza, il giudice a quo ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 168, n. 1, cod. pen. (modificato con l'art. 13 d.l. 11 aprile 1974, n. 99) nella parte in cui prevede che la sospensione condizionale della pena non sia revocabile nei confronti del condannato il quale, nei termini stabiliti, commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa natura, per cui venga inflitta una pena pecuniaria.
La violazione dell'art. 3, assunto a parametro di legittimità, è stata dal Pretore di Vittorio Veneto ravvisata vuoi in ciò che con la riforma si sarebbe istituita disparità evidente di trattamento tra coloro che commettono reati sanzionati con pena pecuniaria per non essere la sospensione fruita da questi ultimi soggetta a revoca in caso di successiva condanna a pena pecuniaria, vuoi in ciò che la disparità di trattamento non sarebbe giustificata dalla diversa intensità delle sanzioni, per non essere multa e ammenda qualificabili pene di secondaria importanza rispetto alle pene detentive.
2. - Avanti la Corte non si è costituito il Bottecchia; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto, depositato il 19 agosto 1975, in cui l'Avvocatura generale dello Stato ha concluso per la irrilevanza della questione resa palese dall'avere a torto concepito il Pretore la sospensione come oggetto di "diritto" dell'imputato, e, comunque, per l'infondatezza, non essendo ingiustificata una diversità di disciplina radicata su situazioni obiettivamente diverse, quali la condizione di chi ha subito pena pecuniaria e di colui al quale è stata inflitta pena detentiva.
Argomentazioni e conclusioni, nelle quali l'avvocato dello Stato Chiarotti ha insistito alla pubblica udienza dell'8 gennaio 1981, nella quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione.
Considerato in diritto
Il dispositivo dell'ordinanza di rimessione impugna l'articolo 168, primo comma n. 1, cod. pen., là dove non si prevede che la sospensione condizionale della pena "sia revocabile nei confronti del condannato il quale, nei termini stabiliti, commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena pecuniaria".
Poiché il primo comma dell'art. 168 configura tassativamente la ipotesi in cui la sospensione va revocata di diritto, ne segue che il giudice a quo chiede in sostanza che questa Corte introduca una nuova ipotesi di revoca obbligatoria mediante una sentenza di accoglimento. Sennonché il fondamentale principio di legalità dei reati e delle pene preclude comunque alla Corte la creazione di una norma penale siffatta, dalla quale verrebbero a discendere effetti sfavorevoli al reo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di costituzionalità dell'art. 168, n. 1, cod. pen. (modif. dall'art. 13 d.l. 11 aprile 1974, n. 99), sollevata dal Pretore di Vittorio Veneto con la ordinanza 17 aprile 1975 (reg. ord. n. 247/1975).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 aprile 1981.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.
Giovanni VITALE – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 26 maggio 1981.