SENTENZA N.48
ANNO 1981
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI, Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio sull'ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, comma primo, legge cost. 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del decreto legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito nella legge 6 febbraio 1980, n. 15 (< Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 15 dicembre 1979, n. 625, concernente misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica >), come modificato, nell'art. 6, dall'articolo unico della legge 13 febbraio 1981, n. 18 (< Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 12 dicembre 1980, n. 851, recante proroga della durata dell'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 6 del decreto legge 15 dicembre 1979, 2 Sentenza n. 48 - Anno 1981 n. 625, convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 1980, n. 15 >).
Viste le ordinanze 5 e 14 marzo 1981 con le quali l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la suddetta richiesta;
udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1981 il Giudice relatore Antonino De Stefano.
Considerato in diritto
Con la precedente sentenza n. 22 dell'anno in corso questa Corte ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del d.l. 15 dicembre 1979, n. 625 (misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica), convertito con modificazioni nella legge 6 febbraio 1980, n. 15, escludendo, pero, dall'esame e dalla conseguente pronuncia l'art. 6 di tale provvedimento. Ha osservato, infatti, la Corte che l'applicazione del menzionato articolo (che disciplina l'istituto del c.d. < fermo di pubblica sicurezza >) era limitata, per effetto del suo ultimo comma al periodo di un anno dall'entrata in vigore del decreto legge, e cioè con decorrenza dal 18 dicembre 1979. Non essendo ancora decorso l'anno, le disposizioni dell'art. 6 erano tuttora applicabili allorché l'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, aveva, con ordinanza del 2 dicembre 1980, dichiarato legittima la richiesta anzidetta, relativa all'intero testo del provvedimento. Successivamente, per effetto dell'art. 1 del d.l. 12 dicembre 1980, n. 851, la durata dell'applicazione delle disposizioni dell'art. 6 era stata prorogata di sessanta giorni, a decorrere dalla scadenza del termine fissato nell'ultimo comma dell'articolo medesimo. La nuova norma aveva dunque modificato, sotto il profilo della durata, la precedente. La Corte, , pertanto, in base a quanto affermato nella sentenza n. 68 del 1978, ha ritenuto di spettanza dell'Ufficio centrale < valutare se la richiesta referendaria debba estendersi alla nuova disciplina, sopravvenuta, dopo la sua ordinanza, nel corso del procedimento >, soggiungendo che < in caso positivo, solo dopo la delibera in tal senso adottata dall'Ufficio centrale la Corte potrà verificare se il nuovo disposto, risultante dal concorso delle due norme, debba venir ammesso alla consultazione referendaria >.
Con la legge 13 febbraio 1981, n. 18, che ha convertito in legge, con modificazioni, il citato d.l. n. 851 del 1980, il periodo di applicabilità delle disposizioni dell'art. 6 in parola, è stato ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 1981.
L'Ufficio centrale, con ordinanza emessa il 5 marzo 1981 (il cui dispositivo, inficiato da errore materiale, è stato corretto con successiva ordinanza del 14 marzo 1981), ha ritenuto che la modifica operata dalle norme sopravvenute, limitata, com'é, alla sola proroga della durata delle disposizioni dettate dall'art. 6, senza toccare altrimenti i contenuti dell'atto normativo sottoposto a referendum, < è indubbiamente riconducibile ai principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente >, della quale < la norma considerata si presenta quale componente fondamentale e caratterizzante >. Ha disposto, pertanto, che le operazioni referendarie si estendano alla nuova disposizione, ed in conseguenza ha riformulato il quesito referendario nei seguenti termini: < Volete voi l'abrogazione del decreto legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito nella legge 6 febbraio 1980, n. 15 (< Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 15 dicembre 1979, n. 625, concernente misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica >), come modificato, nell'art. 6, dall'articolo unico della legge 13 febbraio 1981, n. 18 (< Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 12 dicembre 1980, n. 851, recante proroga della durata dell'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 6 del decreto legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 1980, n. 15 >) ? >.
Compete ora a questa Corte, come già innanzi detto, verificare se sussistano eventuali ragioni di inammissibilità in ordine al quesito referendario così modificato. In proposito va ricordato che con la richiamata sentenza n. 22 del 1981 si è già affermato che < le altre disposizioni del d.l. n. 625 del 1979, come modificato dalla legge di conversione n. 15 del 1980, appaiono informate, pur nella varietà dei loro contenuti, ad un principio comune, che conferisce alla materia disciplinata un connotato di sostanziale unitarietà >, e che il quesito, < pur con la esclusione, allo stato, dell'art. 6 >, risulta omogeneo ed univoco, alla luce dei principi enunciati nella sentenza n. 16 del 1978.
Le stesse conclusioni la Corte ritiene di dover confermare, una volta che nel contesto normativo del quale si propone la totale abrogazione, viene reinserito, per effetto della sua prorogata applicabilità, quell'art. 6, che appare preordinato, al pari delle altre disposizioni, al medesimo intento perseguito dal legislatore, di apportare, cioè, in una fase di emergenza, < modifiche all'intero sistema di prevenzione e repressione nell'ambito penale, in funzione preminente, appunto, della lotta al terrorismo ed alla delinquenza comune >.
Persiste, pertanto, nella richiesta referendaria in esame, pur dopo l'apportata modifica, il già riscontrato requisito di omogeneità.
Né si riscontra, per effetto della modifica stessa, alcun'altra ragione d'inammissibilità. La richiesta va dunque dichiarata ammissibile nei nuovi termini indicati dall'Ufficio centrale con le citate ordinanze.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare, come modificata per effetto delle ordinanze del 5 e 14 marzo 1981 dell'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, per l'abrogazione del d.l. 15 dicembre 1979, n. 625, recante < Misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica > (convertito con modificazioni nella legge 6 febbraio 1980, n. 15), come modificato, nell'art. 6, dall'art. 1 del dl. 12 dicembre 1980, n. 851, nel testo modificato dalla legge di conversione 13 febbraio 1981, n. 18.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/03/1981.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.
Giovanni VITALE – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 23/03/1981.