Sentenza n.33 del 1981
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SENTENZA N.33

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 del d.l. 5 novembre 1973, n. 660, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973, n. 823 (Norme per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), promosso con ordinanza emessa il 9 novembre 1977 dalla Commissione tributaria di 2° grado di Milano, sul ricorso proposto dall'Ufficio del Registro atti pubblici di Milano contro la s.a.s. Fasana la, iscritta al n. 560 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 31 gennaio 1979.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1980 il Giudice relatore Leopoldo Elia;

udito l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

l. - Malgrado la formulazione piuttosto riduttiva, adottata nel dispositivo dell'ordinanza dalla Commissione tributaria di 2° grado di Milano (l'art. 6 viene denunziato < in quanto non prevede il diritto a rimborso di tributi pagati in pendenza di opposizione, successivamente estinta per condono fiscale >) la questione di legittimità costituzionale riguarda più propria mente la conformità o meno agli artt. 3 e 53 della Costituzione della esclusione dalla applicabilità del decreto-legge n. 660 del 1973 dei contribuenti, i quali abbiano provveduto al pagamento del tributo richiesto in pendenza della controversia < sotto l'impulso di atti coattivi >; in altre parole, sotto la minaccia di riscossione coattiva mediante esecuzione sui beni del contribuente stesso.

Come ha esattamente visto l'Avvocatura dello Stato (e come risulta dagli atti di causa), la formulazione del dispositivo (e di alcune parti motive) dell'ordinanza anticipa dunque lo svolgimento di un profilo di carattere conseguenziale (diritto a rimborso) rispetto al tema di carattere preliminare (possibilità o meno per il contribuente di chiedere l'applicazione dell'art. 6). t ovvio che, solo se si accertasse la illegittimità costituzionale della inapplicabilità della norma a questa categoria di contribuenti, verrebbero in discussione sia le conseguenze a proposito della ripetibilità delle quote eccedenti l'imposta già pagate, sia la possibilità di utilizzare, nella parte motiva della pronuncia, altre disposizioni del decreto-legge n. 660 del 1973.

2. - Per giurisprudenza di Cassazione e di giudici di merito (anche se con dissensi tra questi ultimi) deve senz'altro ammettersi che come < diritto vivente > sul tema proposto al giudizio di questa Corte si è affermata la inapplicabilità del l'art. 6 ai contribuenti che abbiano già pagato l'imposta sia o pure < sotto l'impulso di atti coattivi >. Non è tuttavia privo di significato che la formulazione dell'art. 6 (nel testo vigente dopo le modifiche apportate dalla legge di conversione) conforti pienamente l'interpretazione prevalsa: nel comma primo si prevede che le controversie pendenti < sono definite ... mediante il pagamento del 50% dell'imposta richiesta >; nel comma terzo la disapplicazione delle sanzioni pecuniarie è subordinata al < versamento > dei tributi dovuti; e, infine, nel comma quarto, la prova dell'< avvenuto versamento >, da allegare alla domanda, allude chiaramente ad un versamento ad hoc, effettuato dopo l'entrata in vigore del decreto-legge. t evidente che tutte le proposizioni normative ora richiamate prospettano in modo univoco pagamenti e versamenti che si situano in un periodo successivo rispetto alla data di entrata in vigore dell'atto avente forza di legge. Ciò spiega anche come sarebbe stato del tutto superfluo, se non contraddittorio, ogni divieto di ripetizione di imposte già pagate.

Infine, nelle pronunce di questa Corte (n. 2 e 3 del < considerato in diritto > rispettivamente delle sentt. nn. 96 e 119 del 1980) viene in evidenza la duplice condizione cui è subordinata l'applicabilità del provvedimento: la mancata definizione di una controversia da una parte, e dall'altra la certezza di acquisire all'erario un introito anche ridotto, che si qualifica in ogni caso come < ulteriore >, se riguardato dal punto di vista delle entrate acquisite al momento della emanazione del decreto- legge. Ciò corrisponde, tra l'altro, al carattere innovativo del provvedimento, per il quale, a differenza dei precedenti, si ricollegano sicuri benefici conseguenziali (condono di sanzioni pecuniarie) ad una definizione della controversia che, includendo pagamenti o versamenti di somme rigidamente prefissate in base a criteri ex lege, può non sempre riuscire vantaggiosa per il contribuente. Di qui il carattere non assolutamente < universale > della applicazione del decreto, che intende sì eliminare il maggior numero possibile di controversie, ma non in modo indiscriminato; e non si può dubitare che tra le < qualificazioni > della pendenza vi sia anche quella della produttività necessaria di un introito ulteriore.

3. - La questione sottoposta in via primaria al giudizio di questa Corte consiste pertanto nel quesito circa la legittimità costituzionale della esclusione dalla sfera di applicabilità dell'art. 6 dei contribuenti che hanno già pagato le imposte suppletive quando gli uffici tributari si siano avvalsi della facoltà di procedere a riscossione coattiva, nonostante la pendenza di opposizione.

La questione non è fondata. Non si può negare, in primo luogo, che diversa sia la situazione di chi ha già pagato e di chi può definire la controversia pagando. Né la diversità di trattamento tra queste due categorie di contribuenti è irragionevole, nel senso che la differenza presupposta come criterio di distinzione corrisponde alle finalità assunte dal legislatore e caratterizzanti il provvedimento. A loro volta, tali finalità, ponendosi come strumentali rispetto ad una migliore attuazione dell'art. 53 della Costituzione (avvio della riforma tributaria), sono congruenti con tale obiettivo costituzionalmente rilevante; inoltre il legislatore ha adottato con coerenza congegni operativi di carattere automatico e, in certa misura, astratto: sicché e esclusa, per la fattispecie normativa che qui interessa, ogni possibilità di valutare, ai fini dell'applicazione del decreto- legge n. 660 del 1973, se gli uffici tributari si siano avvalsi in modo pienamente legittimo dei poteri ad essi spettanti in tema di riscossione coattiva. Di fronte a pagamenti effettuati anteriormente in condizioni di regolarità formale, il legislatore ha preferito rinunciare anche ai vantaggi che potevano derivare da una soluzione definitiva della controversia in sede di applicazione dell'art. 6 e dalla conseguenziale definitività dell'introito in quella sede conseguito. Nè si può trascurare che le disparità di trattamento suscettibili di prodursi tra contribuenti in situazioni in apparenza analoghe non differiscono sostanzialmente da quelle che, per effetto dell'automatismo caratterizzante il provvedimento, questa Corte ha riconosciuto non contrastanti con i precetti dell'art. 3 della Costituzione (sentt. nn. 96 e ll9 del 1980).

Quanto all'art. 53 della Costituzione, esso non è evocato a proposito in ordine alla sussistenza della capacità contributiva ed al suo accertamento, mentre, per ciò che concerne la parità nel trattamento tributario, valgono le considerazioni svolte in tema di art. 3 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del decreto-legge 5 novembre 1973, n. 660, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973, n. 823, sollevata con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Milano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/02/81.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 26/02/81.