SENTENZA N.63
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 431, comma terzo, cod. proc. civ., promosso con ordinanza emessa il 20 aprile 1978 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra la Società ITET e Baltaro Gianna, iscritta al n. 351 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 278 del 4 ottobre 1978.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 13 febbraio 1980 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;
udito l'avvocato dello Stato Vito Cavalli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale non trae motivo di sospetto di violazione dell'art. 3 da ciò che l'art. 431 prenda in considerazione i crediti del lavoratore e non anche i crediti del datore di lavoro, che pur possono trarre occasione dal rapporto di lavoro, e, ancor meno, dal raffronto tra la disposizione impugnata e il regime dell'inibitoria delle sentenze appellabili rese a conclusione di processo celebrato con il rito ordinario, ma, pur ammettendo che il terzo comma dell'art. 431 possa essere diversamente interpretato alla luce dei principi diretti a garantire la difesa sostanziale delle parti nel processo ordinario e in particolare della parte soccombente nel giudizio di primo grado, che s'identifica di solito nel datore di lavoro, lamenta, in buona sostanza, che la lettera dell'art. 431, comma terzo, facendo parola del gravissimo danno sofferto dal soccombente in primo grado, che insta per la sospensione della esecuzione, sembra fare unico riferimento alla situazione del datore di lavoro, in ciò e solamente in ciò ravvisando violazione del principio di parità, sancito nell'art. 3 Cost.
Nei termini in cui è sottoposta all'esame della Corte la questione non è fondata.
Giova premettere che il legislatore del 1973, collocandosi nella direttiva, ad un tempo dottrinale e pragmatistica, intesa ad anticipare nella sentenza e, in genere, nei provvedimenti del giudice civile il momento dell'autorità rispetto all'attributo della definitività, ha modellato l'autorità della sentenza, con cui il giudice di primo grado pronuncia condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all'articolo 409, sulla disciplina della sospensione dell'esecuzione della sentenza, pronunciata in grado di appello o in unico grado, che lo stesso giudice che ebbe a pronunciarla dispone qualora dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno.
Il raffronto tra l'art. 373, interpretato nel senso che l'esecuzione di sentenza di condanna pecuniaria non determina, se non sia ulteriormente qualificata da caratteristiche in concreto proprie della condizione del soccombente, danno ad un tempo grave e irreparabile, e l'art. 431, comma terzo, che non esige la irreparabilità del danno ma ne sottolinea con l'uso del superlativo la gravita, induce a concludere che la valutazione della estrema gravità del danno implica problemi applicativi di norme, il cui scioglimento non è valutabile alla stregua dell'art. 3 Cost.
2. - Né diverso giudizio deve darsi della questione, scrutinata alla stregua dell'art . 24 , la cui prospettazione, a chi ben guardi, si risolve non tanto nel denunciare la violazione del diritto di difesa del datore di lavoro soccombente, quanto nel contestare la opportunità dell'estremo del gravissimo danno per il soccombente quale condizione della sospensione prevista nell'art. 431.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità dell'articolo 431, comma terzo, c.p.c. sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., con la ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/04/80.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI – Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA – Guglielmo ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE – Antonio LA PERGOLA – Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 22/04/80.