SENTENZA N.44
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma secondo, della legge 23 maggio 1950, n. 253 (disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani), come modificato dall'art. 1 quinquies della legge 31 luglio 1975, n. 363, promosso con ordinanza emessa il 23 gennaio 1976 dal pretore di Torino, nel procedimento civile vertente tra Rebuffo Bartolomeo ed altro e Peluffi Margherita, iscritta al n. 462 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 239 dell'8 settembre 1976.
Udito nell'udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore Michele Rossano.
Considerato in diritto
Il pretore di Torino premesso che gli attori avevano affermato di avere urgente ed improrogabile necessità di disporre dell'appartamento per adibirlo ad abitazione di un figlio e di avere diritto al termine ridotto di sei mesi dalla data dell'acquisto, previsto per la proposizione della domanda di cessazione della proroga legale, in quanto il loro reddito era costituito esclusivamente da pensioni di importo modesto ritiene che l'art. 7, comma secondo, legge 23 maggio 1950, n. 253, nel testo di cui all'art. 1 quinquies legge 31 luglio 1975, n. 363, sia in contrasto con il principio di eguaglianza perchè prevede la riduzione a sei mesi del termine per proporre la domanda di cessazione della proroga del contratto di locazione per i pensionati, sfrattati, sinistrati, profughi, emigranti, dando così rilievo a qualificazioni tipiche, come tali formali, senza considerare le stesse come situazioni sostanziali di per se tutelabili in sede giurisdizionale. In tal modo situazioni di fatto identiche (esigenze dei figli, ristrettezza dell'alloggio, malattia che richiede altra sistemazione) sarebbero sottoposte a diversa disciplina, per quanto attiene al decorso del termine per la proposizione della domanda ex art. 4, n. 1, legge n. 253 del 1950 sulla base di un dato ad esse estraneo, costituito dalla qualifica soggettiva di chi agisce in giudizio.
La questione non è fondata.
La situazione delle categorie sopra indicate che hanno diritto alla riduzione a sei mesi del termine per la proposizione della domanda di cessazione della proroga legale ed agiscono per soddisfare, come nella specie, esigenze non proprie, ma dei figli è nettamente diversa da quella degli altri proprietari, che devono attendere il decorso del termine di tre anni per dedurre la necessità di disporre dell'immobile locato per destinarlo ad abitazione dei figli.
Invero, la suddetta riduzione a sei mesi trova razionale giustificazione nell'intento del legislatore di tutelare determinate categorie o perchè economicamente più deboli (pensionati con redditi modesti) o perchè si trovano nella condizione di dover disporre dell'immobile a causa di particolari avvenimenti (sfrattati, sinistrati, profughi, emigrati rientrati in Patria).
E queste stesse ragioni di tutela giustificano la previsione del termine ridotto a sei mesi anche per l'azione giudiziaria diretta ad ottenere la disponibilità dell'immobile locato per soddisfare le esigenze dei figli, proprio perchè questi ultimi si trovano anch'essi in particolari situazioni, come appartenenti a famiglie di soggetti meritevoli di speciale considerazione per le condizioni in cui si sono venuti a trovare.
La norma denunciata, quindi, non è priva di razionale giustificazione e non crea discriminazioni arbitrarie perchè risponde all'intento di salvaguardare cittadini, che vanno maggiormente tutelati dal punto di vista sociale, ed opera nell'ambito di precise categorie con situazioni obiettive ben differenti da quelle degli altri proprietari.
Conseguentemente non sussiste il denunciato contrasto della norma impugnata con l'art. 3 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma secondo, legge 23 maggio 1950, n. 253 (disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani) nel testo in cui all'art. 1 quinquies legge 31 luglio 1975, n. 363, proposta dal pretore di Torino, con ordinanza 23 gennaio 1976, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/04/80.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI – Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA – Guglielmo ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI – Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE – Antonio LA PERGOLA – Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 14/04/80.