SENTENZA N.35
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica), promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1974 dalla Corte d'appello di Palermo, nel procedimento civile vertente tra Lombardo Carmela e il Comune di Canicatti, iscritta al n. 270 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 221 del 20 agosto 1975.
Udito nell'udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore Guido Astuti;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - L'ordinanza di rimessione solleva, in riferimento all'art. 42, e di riflesso agli artt. 24 e 113 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, < in tanto in quanto, secondo l'interpretazione dominante, esso non consente l'esercizio dell'azione di risarcimento nei confronti della pubblica amministrazione che abbia illegittimamente negato, sospeso o revocato una licenza edilizia, quando attraverso atti positivi o negativi si sia con ciò attuata una compressione del diritto di proprietà sul terreno da edificare, tale da produrre uno svuotamento di rilevante entità ed incisività del suo contenuto >.
Nel giudizio a quo la proprietaria di un suolo edificatorio sito in comune di Canicatti, le cui reiterate domande di licenza edilizia erano state durante oltre quindici anni respinte con provvedimenti due volte annullati dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, e disattese anche dopo un giudizio di ottemperanza e la inutile nomina di un commissario ad acta, aveva convenuto davanti al tribunale di Agrigento la civica amministrazione e i sindaci succedutisi nel governo del comune, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni: ma il tribunale, ravvisando nella fattispecie una lesione di interessi legittimi e non di diritti soggettivi, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria a conoscere della proposta domanda.
La Corte di appello di Palermo, ritenuto che la decisione della causa, in ordine ai diversi profili della pretesa risarcitoria, si poneva < in diretta dipendenza della configurabilità di una responsabilità della pubblica amministrazione per l'illegittimo diniego della licenza edilizia >, osservava che nella consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione la facoltà di edificare, pur inerendo al diritto di proprietà di cui costituisce peculiare e concreta manifestazione, si atteggia nei confronti della pubblica amministrazione, alla quale spetta, in forza di norme di azione, il potere discrezionale di concedere la licenza all'uopo necessaria, non come diritto soggettivo ma come semplice interesse legittimo: e che conseguentemente l'illegittimo diniego di licenza edilizia, pur quando il giudice amministrativo abbia dichiarato l'obbligo dell'amministrazione di rilasciare la licenza stessa, non può tuttavia dar luogo ad azione civile di risarcimento dei danni subiti dal proprietario, Pertanto, < precluse così le già tentate vie di una interpretazione dell'art. 2043 cod. civ. che includa nel concetto di danno ingiusto, cui la norma fa riferimento, anche le lesioni di interessi legittimi, o della valorizzazione del rapporto tra interessi legittimi e sottostanti situazioni soggettive tutelate in via di retta e generale >, l'ordinanza di rimessione osservava che la proprietà è un diritto garantito dalla Costituzione, i cui con tenuti essenziali debbono trovare nella disciplina legislativa piena tutela anche contro le lesioni che comunque possano derivargli dall'esercizio illegittimo delle pubbliche potestà.
Svolgeva quindi diffuse considerazioni,-con riferimenti alla giurisprudenza di questa Corte e della Corte di cassazione-, sulla inerenza della facoltà di edificare alla proprietà fondiaria urbana, anche nella più recente legislazione urbanistica, e concludeva che i divieti opposti dalle autorità amministrative alla edificazione mediante provvedimenti, positivi o negativi, illegittimi, senza tuttavia incorrere in responsabilità patrimoniale, comporterebbero < un effetto di ablazione senza ristoro > della proprietà privata, con violazione non solo della garanzia sancita dall'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, ma anche del disposto degli artt. 24 e 113, < in cui è sancita, in generale e nei confronti della pubblica amministrazione, l'inviolabilità del diritto alla difesa per la tutela dei propri diritti >.
2. - Sono ben comprensibili le considerazioni che hanno condotto la Corte di merito, di fronte al deplorevole comportamento tenuto da una amministrazione comunale, responsabile di una serie di atti illegittimi reiterati in spregio alle decisioni del giudice amministrativo, con grave pregiudizio d'un privato proprietario, a sollevare l'arduo problema, tanto discusso in dottrina come nella giurisprudenza, della responsabilità civile delle pubbliche amministrazioni per il risarcimento dei danni derivati ai soggetti privati dalla emanazione di atti o provvedimenti amministrativi illegittimi, lesivi di situazioni di interesse legittimo. Problema di indubbia gravita, e di particolare attualità in relazione alle restrizioni connesse alla moderna disciplina urbanistico-edilizia, che, anche a giudizio di questa Corte, si impone ormai all'attenzione del legislatore. Ma trattasi di un problema complesso, che richiede prudenti soluzioni normative, non solo nella disciplina sostanziale ma anche nel regolamento delle competenze giurisdizionali: problema di ordine generale, che non può ovviamente essere risolto da questa Corte in un giudizio sulla legittimità costituzionale dell'art. 31 della legge urbanistica, in relazione alla ipotesi di illegittimo diniego di licenza edilizia.
La disposizione dell'art. 31, primo comma (rimasta sostanzialmente intatta dopo le integrazioni introdotte dall'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765, e modificata dall'art. 21 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, con la sostituzione dell'espressione < concessione > alle parole < licenza edilizia >), in quanto richiede per l'esercizio della facoltà di edificare, un provvedimento dell'autorità comunale, appare perfettamente legittima, e non rileva, di per se, in ordine al problema della risarcibilità dei danni eventualmente derivati da un illegittimo provvedimento di diniego, essendo evidente, secondo la pacifica interpretazione della Corte di cassazione, che essa non mira a tutelare direttamente il privato in un interesse che consideri suo particolare imponendo un correlativo obbligo generale a carico di ogni altro soggetto, ma configura un precetto rivolto in via diretta a regolare la materia edilizia nell'aspetto e nelle implicazioni di portata pubblicistica, precetto che solo indirettamente il privato può invocare dinanzi agli organi della giustizia amministrativa.
E' dunque evidente che il giudice a quo non è chiamato, per decidere la controversia di merito, a fare applicazione del disposto dell'art. 31 della legge urbanistica, il quale non rappresenta comunque la sedes materiae idonea a dar luogo ad una pronuncia di questa Corte sulla questione di costituzionalità prospettata, nei termini sopra riferiti, dall'ordinanza di rimessione; questione che pertanto risulta, allo stato, inammissibile per difetto di rilevanza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, sollevata con l'ordinanza di cui in epigrafe in riferimento agli artt. 42, 24 e 113 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/03/80.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI – Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA – Guglielmo ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI – Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE – Antonio LA PERGOLA – Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 25/03/80.