ORDINANZA N. 104
ANNO 1979
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Avv. Leonetto AMADEI , Presidente
Prof. Edoardo VOLTERRA
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e dell'art. 9 del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636 (limite di età pensionabile per le lavoratrici), promosso con ordinanza emessa il 14 marzo 1977 dal pretore di Pavia nel procedimento civile vertente tra Zanardi Landi Gemma, Perotti Carla, la s.p.a. Necchi e il Banco Ambrosiano, iscritta al n. 179 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 148 del 1 giugno 1977.
Visti gli atti di costituzione del Banco Ambrosiano, della società Necchi e di Perotti Carla, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1979 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;
uditi l'avv. Gustavo Romanelli per la società Necchi ed il Banco Ambrosiano, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che al Pretore di Pavia proposero separati ricorsi, poi riuniti, Zanardi Landi Gemma e Perotti Carla, dipendenti l'una della s.p.a. Necchi e l'altra del Banco Ambrosiano (imprese che - asserisce il Pretore all'inizio della ordinanza di rimessione - occupavano più di trentacinque dipendenti), e chiesero annullarsi i licenziamenti intimati dai datori di lavoro per aver esse raggiunto il limite di età pensionabile (la Zanardi spiegò anche domanda di reintegrazione ex artt. 7 e 18 legge 300/1970) prospettando questione di illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 11 legge 604/1966 e 9 r.d. 636/1939 in riferimento agli artt. 3 e 37 Cost. Nel corso del giudizio ambo le ricorrenti hanno chiesto di essere reintegrate nel posto di lavoro con provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c.
Malgrado le obiezioni dei datori di lavoro, il Pretore ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di costituzionalità del combinato disposto delle due norme in riferimento agli artt. 3,37,2,4 e 35 Cost., con ordinanza 14 marzo 1977 (regolarmente notificata e comunicata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 1 giugno 1977; n. 179 reg. ord. 1977), con la quale ha per contro respinto le istanze di reintegrazione ex art. 700 c.p.c. per difetto di fumus boni iuris.
Nel provvedimento di rimessione si osserva, sul postulato conflitto del combinato disposto delle due norme con gli articoli 3 e 37 Cost., che il trattamento complessivamente riservato alla lavoratrice é discriminatorio poiché, se la donna può godere anticipatamente del trattamento pensionistico, il non avere a sua disposizione cinque anni di attività si riflette non solo sul quantum percepito o percipiendo nel quinquennio, ma anche sulle possibilità di carriera, che si consumano per le lavoratrici in tempo sensibilmente più ridotto di quello riservato ai lavoratori.
Il giudice a quo, poi, giustifica il contrasto ipotizzato tra il combinato disposto delle norme impugnate e gli artt. 4 e 35 Cost. con la considerazione che il lavoro é funzionalizzato non solo al percepimento di un compenso, ma anche alla realizzazione della personalità umana. Nessuna spiegazione é, invece, offerta dell'ipotizzato contrasto della ripetuta normativa con l'art. 2 Cost.
Avanti la Corte si sono costituiti il Banco Ambrosiano con deduzioni 21 giugno 1977, in cui ha chiesto dichiararsi inammissibile e, comunque, manifestamente infondata e, in linea subordinata, infondata la questione di costituzionalità, e la Necchi con memoria 20 giugno 1977, in cui ha instato per la declaratoria d'infondatezza della questione.
Il Banco eccepisce la inammissibilità di questioni d'illegittimità di combinati disposti sul riflesso che il controllo di costituzionalità non potrebbe coinvolgere se non singole disposizioni; ravvisa poi la ratio dell'art. 11 in ciò che il potere organizzativo del datore di lavoro riprende vigore allorquando i lavoratori - quale che ne sia il sesso - attingono la soglia del pensionamento; l'art. 37 si occuperebbe del lavoro "in essere" e non al tempo della sua cessazione; gli artt. 2 e 35 Cost., infine, non sarebbero pertinenti perché non offrono indicazioni della età pensionabile e delle modalità di cessazione del rapporto lavorativo.
La Necchi sostiene che la denuncia del solo art. 11 legge 604/1966 é irrilevante perché "il riferimento all'età pensionistica contenuto nella norma in discorso é fatto solo agli effetti di determinare il campo di applicazione dell'art. 1, onde, finché l'età pensionabile rimane quella che attualmente é, il diritto di licenziamento ad nutum é e rimane un diritto ineccepibile"; "la pronuncia di incostituzionalità dell'art. 9 non toccherebbe la legittimità dell'art. 11" perché "simile pronuncia non inciderebbe sulla materia del contendere in quanto nel momento in cui venisse sanzionata, il rapporto sarebbe, come é, estinto", dato che la pronuncia d'incostituzionalità non incide sui rapporti già esauriti. Infine la Necchi pone in guardia contro i rischi che il ritardo dell'età pensionistica delle donne rappresenterebbe per l'occupazione giovanile. Tali argomenti sono riassunti nella memoria 5 giugno 1979.
Delle attrici si é costituita la sola Perotti con memoria 27 ottobre 1978 (peraltro presentata fuori termine) in cui ha aderito alla motivazione del Pretore.
Ha spiegato intervento la Presidenza del Consiglio dei ministri con atto 16 giugno 1977, in cui ha ribadito la proposizione che la differenza fisica tra uomini e donne e la particolare funzione familiare della donna giustificano il principio discrezionalmente fissato dal legislatore, che consente al datore di lavoro di licenziare i lavoratori sessantenni e le lavoratrici cinquantacinquenni.
Alla pubblica udienza del 27 giugno 1979, nel corso della quale ha svolto la relazione il giudice Andrioli, sono comparse le difese dei datori di lavoro, che hanno rapidamente illustrato le già svolte deduzioni e conclusioni, e i 'Avvocatura generale dello Stato, la quale, richiamato l'atto d'intervento, ha accennato alla opportunità di verificare l'incidenza, sulla questione, della sopravvenuta legge 903/1977.
Considerato che il Pretore di Pavia, a differenza degli altri giudici, le cui ordinanze han dato vita agli altri procedimenti assegnati per la trattazione alla stessa udienza del 27 giugno 1979, ha avvertito l'esigenza, imposta dall'art. 11 legge 604/1966, di verificare se i datori di lavoro resistenti occupino più di trentacinque dipendenti, ma tutto si riduce a mera asserzione priva di quella motivazione, che pur si richiede per il giudizio di rilevanza della prospettata questione. Questione, rispetto alla quale, nel chiaro contesto dell'art. 11, la sussistenza di più di trentacinque dipendenti si colloca come preliminare rispetto ad ogni e qualsiasi indagine giudiziale in cui sia contestato, a livello costituzionale e no, l'altro elemento costitutivo della fattispecie descritta nell'art. 11: il diritto - si vuol dire - alla pensione di vecchiaia (e, prima della sent. n. 174/1971 di questa Corte, il compimento, da parte di chi pur non avesse conseguito tale diritto, del 75 anno di età).
Né al fine di rendere superflua la restituzione degli atti potrebbe questa Corte ipotizzare che la sussistenza di più di trentacinque dipendenti, in complessi delle dimensioni del Banco Ambrosiano e della s.p.a. Necchi, rappresenti una di quelle nozioni di fatto, che, per rientrare nella comune esperienza, non egent probatione (art. 115, comma secondo, c.p.c.) perché, anche a mandar per buona l'ipotesi, questa Corte non potrebbe sostituirsi al Pretore di Pavia nello svolgere quel giudizio di rilevanza nel quale può essere senza uopo di prova utilizzato il fatto, in ipotesi corroborato dalla comune esperienza.
Né questa Corte, sempre al fine di evitare ulteriore restituzione di atti al giudice a quo, può esimersi dal segnalare il dubbio sul se la disputa insorta sui rapporti tra gli artt. 11 legge 604/1966 e 35 legge 300/1970 non si dispieghi anche sulla consistenza quantitativa dei dipendenti, quale presupposto della stabilità del rapporto (oltreché della distinzione tra reintegrazione obbligatoria e reintegrazione reale).
Ma altra ragione di rimessione degli atti al Pretore sorge dalla ultima, in ordine di tempo, allegazione della Presidenza del Consiglio dei ministri sulla incidenza della sopravvenuta legge 9 dicembre 1977, n. 903, il cui art. 4 non si limita ad offrire alle lavoratrici, che pur siano in possesso dei requisiti per avere diritto alla pensione di vecchiaia, la opzione di continuare a prestare la loro opera fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini, previa comunicazione al datore di lavoro da effettuarsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia (comma primo), ma soggiunge che per le lavoratrici, che alla data di entrata in vigore della legge (18 dicembre 1977) prestino ancora attività lavorativa pur avendo maturato i requisiti per avere diritto alla pensione di vecchiaia, si prescinde dall'onere della comunicazione al datore di lavoro (comma secondo).
Orbene, le ricorrenti, al 18 dicembre 1977, più non prestavano attività lavorativa, ma non va lasciato in ombra che al recesso ad nutum dei datori di lavoro, consecutivo all'acquisizione del diritto delle lavoratrici alla pensione, hanno la Zanardi e la Perotti reagito facendo valere in giudizio il diritto al lavoro sino alla scadenza del 60 anno talché potrebbero, al fine di sussumere la loro condizione nella ipotesi descritta nel secondo comma dell'art. 4, addursi il ius superveniens e la natura dichiarativa della sentenza di accertamento della nullità dei licenziamenti, che ne implica la eliminazione senza residuo.
Non rientra nelle funzioni istituzionali di questa Corte scrutinare se la ipotizzata equiparazione delle due situazioni, la cui postulazione nulla ha da vedere con la individuazione della efficacia nel tempo del primo Comma dell'art. 4, sia conforme all'ordinamento inteso nel pregnante senso reso palese dall'art. 12 disp. prel. C.C.; la quale equiparazione, se constatata dal giudice a quo nel rispetto delle direttive impartite all'interprete dall'art. 12 disp. prel. c.c., renderebbe irrilevante la denuncia di incostituzionalità. Tale operazione interpretativa - é appena il caso di rilevarlo - Compete ai giudici investiti delle singole controversie di lavoro.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Pretore di Pavia, che con l'ordinanza 14 marzo 1977 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 11 legge 604/1966 e 9 r.d.l. 633/1939 in riferimento agli artt. 3, 37, 2, 4 e 35 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1979.
Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 1° agosto 1979.