SENTENZA N. 24
ANNO 1978
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 17, primo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477 (Delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica), promosso con ordinanza emessa il 25 maggio 1976 dal TAR per la Campania sul ricorso di Guizzi Sacco Concetta contro il Provveditorato agli Studi di Napoli, iscritta al n. 11 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51 del 23 febbraio 1977.
Visti gli atti di costituzione di Guizzi Sacco Concetta, del Ministro della pubblica istruzione, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 18 gennaio 1978 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;
uditi l'avv. Ferdinando Cioffi per Guizzi Sacco, e il sostituto avvocato generale dello Stato Mario Cevaro per il Ministro della pubblica istruzione e per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso proposto il 13 novembre 1974 al Tribunale amministrativo regionale per la Campania la prof. Guizzi Sacco Concetta si doleva della sua mancata inclusione nell'elenco definitivo, predisposto dal Provveditorato agli Studi di Napoli, degli insegnanti aventi titolo ad essere immessi in ruolo ai sensi dell'art. 17 legge 30 luglio 1973, n. 477, il quale dispone che gli insegnanti incaricati a tempo indeterminato nelle scuole secondarie ed artistiche che abbiano già conseguito il titolo di abilitazione valido per l'insegnamento per il quale sono incaricati e nell'anno scolastico 1973/1974 occupino una cattedra o posto orario sono nominati in ruolo, con decorrenza 1 ottobre 1974.
La ricorrente esponeva di essere abilitata per l'insegnamento delle materie giuridiche ed economiche e di aver prestato servizio, nell'anno 1973/1974, presso l'Istituto professionale di Stato per l'industria e l'artigianato "G. L. Bernini" di Napoli, nelle classi 4a e 5a sperimentali per complessive 16 ore settimanali, in qualità di docente incaricato a tempo indeterminato per l'insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, e per altre 3 ore settimanali, quale incaricata per l'insegnamento delle materie di "cultura generale ed educazione civica", e quindi, in totale, per 19 ore settimanali.
Ciò premesso, la professoressa Guizzi-Sacco assumeva che il servizio prestato presso il predetto istituto presentava i requisiti di una "cattedra" o, quanto meno, di un "posto orario", sia perché "l'insegnamento di materie giuridiche ed economiche per complessive 16 ore settimanali... costituiva cattedra, non essendo il relativo orario inferiore a quello previsto per l'istituzione di una cattedra delle stesse discipline in altri tipi di istituti (istituti tecnici per geometri dove detta cattedra é di 15 ore settimanali)... e non essendo la cattedra legata ad un orario determinato - 18 ore - ma alle esigenze dell'insegnamento", sia perché, comunque "é da considerare posto orario" anche quello relativo al servizio prestato negli istituti professionali per complessive 19 ore settimanali, delle quali 16 per l'insegnamento di materie giuridiche e 3 di cultura generale ed educazione civica.
La ricorrente chiedeva pertanto che, previo annullamento del provvedimento con il quale il Provveditorato agli Studi di Napoli aveva approvato l'elenco degli insegnanti aventi titolo ad essere immessi in ruolo ai sensi dell'art. 17 della legge 1973, n. 477, fosse dichiarato il suo diritto ad essere inclusa nell'elenco suddetto.
2. - Tali doglianze non erano pur condivise dall'adito Tribunale il quale riteneva, al contrario, che il servizio prestato dalla ricorrente non presentava i requisiti né di una cattedra né di un posto orario e che, quindi, la stessa non aveva titolo per giovarsi dell'applicazione del già citato art. 17.
Infatti, secondo il tribunale, poiché sono necessarie diciotto ore settimanali per la istituzione di una cattedra negli istituti professionali, l'insegnamento per sole 16 ore settimanali di materie giuridiche ed economiche nei predetti istituti non può essere considerato "cattedra" (ancorché superiore, per durata, a quello richiesto per la istituzione di una cattedra in scuole di tipo diverso) e, d'altro canto, poiché i posti orario debbono essere costituiti con ore della medesima materia o, quanto meno, relative ad insegnamenti compresi nella stessa classe di concorso, non può essere considerato "posto orario", l'insegnamento prestato negli istituti professionali per complessive 19 ore ma con riferimento a materie attinenti, come nel caso di specie, a due distinte classi di concorso.
Il giudice a quo ha tuttavia prospettato il dubbio, con l'ordinanza in epigrafe, che l'art. 17, comma primo, legge n. 477 del 1973, prevedendo la nomina in ruolo dei soli insegnanti (abilitati e incaricati a tempo indeterminato) che nell'anno scolastico 1973/1974 hanno occupato una cattedra o un posto orario, abbia operato una arbitraria discriminazione lesiva del principio di uguaglianza, in danno degli insegnanti che, nel medesimo anno scolastico, hanno prestato servizio per un numero di ore non costituente "cattedra" o "posto orario" per istituti o scuole secondarie di altro tipo.
Si osserva, a tale proposito, nell'ordinanza che il numero di ore necessario per la costituzione di una cattedra o di un posto orario per la stessa materia o lo stesso gruppo di materie non é sempre uguale ma varia a seconda del tipo di istituto. E da ciò si deduce che "l'art. 17 L. 477/1973, nel richiedere fra i requisiti necessari all'immissione in ruolo la prestazione di servizio in una cattedra o in un posto orario, senza aver riguardo in ogni caso, e non solo nei casi specificati dalla circolare ministeriale n. 146 del 1974, alla prestazione di servizio per il numero di ore minimo previsto per la costituzione di una cattedra della stessa materia, si palesa al di fuori del principio fondamentale dettato dall'art. 3 della Costituzione che sancisce, nell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza distinzione, tra l'altro, di condizioni personali e sociali, il diritto alla parità di trattamento nell'egualità delle situazioni. E di chiara evidenza, infatti, che la cennata norma determina pregiudizievoli condizioni di diseguaglianza verso gli insegnanti che, in servizio per un numero di ore superiore o uguale a quello delle cattedre della medesima materia in altri istituti (pur senza fruire, per tali ore di servizio, del trattamento di cattedra), sono esclusi dal beneficio di cui al citato art. 17, rispetto a quelli che sono immessi in ruolo in virtù della sola assegnazione, in sede di conferimento di incarico, ad istituti con cattedre costituite con un numero di ore minore o pari". La risoluzione della prospettata questione di legittimità costituzionale assume, secondo il giudice a quo, carattere di pregiudizialità rispetto alla definizione del giudizio di merito.
3. - L'ordinanza é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 23 febbraio 1977. Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri e si sono costituiti la prof. Guizzi-Sacco Concetta e il Ministro della Pubblica Istruzione.
La difesa della prof. Guizzi-Sacco pone in dubbio, preliminarmente, la rilevanza della questione prospettata assumendo che, quando le materie sono incluse nella stessa classe di concorso, il numero minimo di ore richiesto per l'istituzione di una "cattedra" o di un "posto orario" é sempre lo stesso.
Se peraltro si ritenesse, accogliendo la tesi del giudice a quo, che invece il numero di ore necessario per la costituzione di una "cattedra" o di un "posto orario", rispetto alle stesse materie, non é sempre uguale ma varia a seconda del tipo di istituto, la questione non potrebbe non essere ritenuta, oltre che rilevante, fondata: in tal caso, infatti, la differente considerazione dell'insegnamento di una stessa materia (o di uno stesso gruppo di materie) nei diversi tipi di istituti operata dalla norma denunziata ai fini dell'immissione in ruolo si risolverebbe in una grave discriminazione in danno di alcune categorie di insegnanti, del tutto arbitraria, e quindi, lesiva del principio di uguaglianza.
Tali considerazioni sono state successivamente ribadite nella memoria depositata il 5 gennaio 1978.
4. - Secondo l'Avvocatura dello Stato, che rappresenta e difende il Ministero della Pubblica Istruzione e il Presidente del Consiglio dei Ministri, la questione andrebbe dichiarata non fondata poiché la prospettata disparità di trattamento é razionalmente giustificata.
Invero, le esigenze giuridiche e pratiche dell'Amministrazione statale impongono che, in via generale, non si dia luogo ad inquadramenti in ruolo se non per posti previsti nei relativi organici: l'art. 17 della legge n. 477 ha previsto l'inquadramento in ruolo di personale docente non di ruolo, in stretta connessione con la disponibilità di cattedre o posti orario, appunto per evitare soprannumeri.
In effetti - prosegue l'Avvocatura - la norma denunziata non intende rispondere soltanto alle aspettative di personale in posizione precaria, bensì anche all'interesse della Amministrazione di soddisfare l'esigenza di coprire sollecitamente i posti vacanti con personale di ruolo, interesse finalizzato al miglior funzionamento della scuola attraverso la normalizzazione dei rapporti di servizio.
E tale esigenza, sarebbe stata contraddetta se fosse stato adottato un assetto normativo degli inquadramenti che avesse consentito un'immissione in ruolo al di là del limite del numero di cattedre o posti orario esistenti, e avesse comportato una conseguente creazione di personale di ruolo in sovrannumero, con sottoutilizzazione del medesimo.
D'altronde - si aggiunge - la differente determinazione dell'orario di cattedra nei diversi tipi di istituto non é il risultato di scelte casuali, ma risponde alla diversa impostazione dei piani di studio propria di ogni tipo di scuola e alle particolari esigenze organizzative e didattiche che ciascuno di essi presenta.
Considerato in diritto
1. - La Corte é chiamata a decidere se l'art. 17, comma primo, della legge 30 luglio 1973, n. 477 (per il quale gli insegnanti incaricati a tempo indeterminato nelle scuole secondarie ed artistiche, che abbiano già conseguito il titolo di abilitazione valido per l'insegnamento per il quale sono incaricati e nell'anno scolastico 1973/1974 occupino una "cattedra" o un "posto orario" sono nominati in ruolo, con decorrenza dal 1 ottobre 1974) contrasti con l'art. 3, primo comma, Cost. nella parte in cui non prevede l'immissione degli insegnanti incaricati a tempo indeterminato, forniti di titolo di abilitazione valido per l'insegnamento per il quale sono incaricati, che abbiano prestato servizio per un numero di ore non sufficiente a costituire una cattedra o un posto orario in quel tipo di istituto ma superiore o uguale a quello richiesto per la istituzione di cattedre o posti-orario in istituti di altro genere.
2. - Nell'ordinanza si osserva che il numero di ore necessario per la istituzione di una "cattedra" o di un "posto orario", rispetto alle stesse materie, non é sempre uguale ma varia a seconda del tipo di istituto nel quale il servizio é prestato. Di qui il dubbio che la differente considerazione dell'insegnamento di una medesima disciplina nei diversi istituti, operata dalla norma denunziata ai fini dell'immissione in ruolo, determini una grave ed arbitraria discriminazione in danno dei docenti che insegnino nelle scuole nelle quali sia richiesto per l'istituzione di una cattedra o di un posto orario un numero di ore maggiore. L'assunto non é condiviso dalla parte privata, la quale sostiene anche in questa sede che al fine di identificare la cattedra o il posto orario, deve farsi riferimento al numero di ore sufficiente per la stessa disciplina in altri istituti anche di tipo diverso e deduce quindi la irrilevanza della questione d'illegittimità costituzionale.
La tesi non può essere condivisa; la interpretazione data alla norma denunziata dalla ordinanza di rimessione riflette l'orientamento ormai pacifico degli organi giurisdizionali istituzionalmente chiamati ad applicarla. Pertanto questa Corte non può non prenderne atto ed esaminare, muovendo da tale presupposto, il dubbio di legittimità costituzionale sollevato con l'ordinanza in epigrafe.
3. - La questione non appare fondata.
La disposizione denunziata, infatti, non risponde soltanto alle aspettative del personale in posizione precaria ma anche all'interesse dell'amministrazione di coprire con personale di ruolo i posti vacanti. Appunto per questo si é previsto l'inquadramento in ruolo del personale docente in stretta connessione con la disponibilità di cattedre o posti orario nei singoli tipi di istituto, disponendosi espressamente che i docenti immessi in ruolo conservano la cattedra o il posto ricoperti.
Se tale collegamento fosse mancato si sarebbe creato del personale di ruolo in sovrannumero in contrasto con i principi che debbono presiedere al retto funzionamento della pubblica amministrazione, i quali impongono che, in via generale, non si dia luogo ad inquadramenti in ruolo se non per posti previsti nei relativi organici.
D'altro canto, la differente determinazione dell'orario di cattedra nei diversi tipi di istituto non é il risultato di scelte casuali ma risponde, nell'intenzione del legislatore, alla diversa impostazione dei piani di studio propria di ogni tipo di scuola e alle particolari esigenze organizzative e didattiche che ciascuno di essi presenta.
Da ciò deriva la necessità del riferimento, nell'applicazione della norma denunziata, alla regolamentazione propria dell'istituto ove il docente presti la sua opera, con la conseguente irrilevanza di quanto si é disposto per istituti di altro tipo, stante la diversità delle rispettive situazioni, che legittima il trattamento differenziato.
La questione va pertanto dichiarata non fondata, é peraltro auspicabile una più precisa disciplina della materia che dia adeguate garanzie anche nella concreta applicazione di essa.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, primo comma, legge 30 luglio 1973, n. 477 (Delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica) sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1978.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 20 marzo 1978.