Sentenza n. 2 del 1978
 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 2

ANNO 1978

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 86, comma primo, e 272 del t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, promossi con le ordinanze emesse il 18 febbraio 1975 e il 15 ottobre 1976 dalla Corte dei conti - sezione III giurisdizionale -, sui ricorsi di Pezzulo Maria Teresa e Bellinazzo Ero, iscritte ai nn. 687 e 688 del registro ordinanze 1976 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 346 del 29 dicembre 1976.

 

Visto l'atto di costituzione di Bellinazzo Ero, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 9 novembre 1977 il Giudice relatore Michele Rossano;

 

uditi l'avv. Maria Luisa Zavattaro Ardizzi, per la Bellinazzo, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con istanza 12 gennaio 1972 Maria Teresa Pezzulo chiese la concessione della pensione di riversibilità già goduta dalla madre, Elvira Ricciardi, deceduta il 13 novembre 1971, vedova di Michele Pezzulo, macchinista delle ferrovie dello Stato.

L'Amministrazione delle ferrovie dello Stato rigettò l'istanza perché la Pezzulo era stata giudicata dalla Commissione medica collegiale inabile al lavoro per infermità insorta dopo il 1 gennaio 1958 e, quindi, non ricorreva una delle condizioni previste dall'art. 12 legge 15 febbraio 1958, n. 46.

Avverso il provvedimento di rigetto 3 aprile 1973 la Pezzulo propose, con atto 7 aprile 1973, ricorso alla Corte dei conti.

Con ordinanza 18 febbraio 1975 la Corte dei conti - sezione III giurisdizionale - ha sollevato, di ufficio, ritenendola rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 272 testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, e, per attrazione, dell'art. 86, comma primo, stesso testo unico, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 346 del 29 dicembre 1976.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si é costituita la parte privata, Maria Teresa Pezzulo. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 18 gennaio 1977, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

Con istanza 12 gennaio 1967 Ero Bellinazzo chiese la concessione della pensione di riversibilità già goduta dalla madre, Maria Bellinazzo Ramponi, deceduta il 12 novembre 1966, vedova dell'archivista Filippo Bellinazzo.

L'Amministrazione della difesa rigettò l'istanza perché il medico provinciale di Bologna aveva espresso il parere che l'inabilità della Bellinazzo al lavoro non sussisteva alla data del 1 gennaio 1958, cui si riferiva l'art. 12 legge 15 febbraio 1958, n. 46.

Avverso il provvedimento di rigetto 6 giugno 1968 la Bellinazzo propose ricorso alla Corte dei conti.

Con ordinanza 15 ottobre 1976 la Corte dei conti, sezione III giurisdizionale, ha ritenuto rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata la questione proposta dalla Bellinazzo e concernente la legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 272, comma primo, testo unico approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 "nella parte in cui dispone che il diritto a pensione é riconosciuto agli orfani maggiorenni del dipendente o pensionato dello Stato che siano inabili al lavoro e nullatenenti alla data del 1 gennaio 1958". Ha, inoltre, fatto presente l'opportunità di estendere la eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale all'art. 86, comma primo, stesso testo unico.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 346 del 29 dicembre 1976.

Nel giudizio davanti a questa Corte si é costituita la parte privata, Ero Bellinazzo, con memoria depositata il 24 luglio 1976, ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 18 gennaio 1977.

La parte privata ha affermato che sussiste contrasto tra l'art. 3 della Costituzione e l'art. 272, comma primo, testo unico approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.

L'Avvocato generale dello Stato ha chiesto che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con le ordinanze 18 febbraio 1975 e 15 ottobre 1976 la Corte dei conti, sezione III giurisdizionale, ha proposto la medesima questione di legittimità costituzionale dell'art. 272 testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Nella prima ordinanza, inoltre, la denuncia di incostituzionalità viene estesa "per naturale attrazione" all'art. 86, primo comma, del medesimo testo unico.

I due giudizi vanno, quindi, riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - Secondo la Corte dei conti l'art. 272 D.P.R. n. 1092 del 1973 - che riconosce diritto a pensione agli orfani maggiorenni del dipendente o del pensionato deceduto anteriormente al 1 gennaio 1958, che siano stati conviventi a carico dello stesso all'atto del suo decesso e, alla data suddetta, fossero inabili al lavoro proficuo e nullatenenti, anche se le condizioni di inabilità al lavoro e nullatenenza non sussistevano alla data di morte del dipendente o del pensionato - sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, in quanto determinerebbe una non giustificata disparità di trattamento tra orfani inabili alla data del 1 gennaio 1958 e orfani divenuti inabili dopo la stessa data.

La questione non é fondata.

L'art. 272 D.P.R. n. 1092 del 1973 concerne i diritti che la legge 15 febbraio 1958, n. 46, aveva conferito, con gli artt. 12 e 18, agli orfani maggiorenni.

Ora va considerato che l'art. 12 legge n. 46 del 1958 attribuì per la prima volta il diritto a pensione "anche agli orfani maggiorenni e alle orfane nubili maggiorenni, inabili a proficuo lavoro, conviventi a carico del dipendente civile di ruolo o del pensionato e nullatenenti". Il seguente art. 18 stabilì che "é concesso diritto a pensione alle figlie nubili maggiorenni dell'impiegato o del pensionato deceduto prima dell'entrata in vigore della presente legge, che siano state conviventi a carico dello stesso all'atto del decesso e che alla data del 1 gennaio 1958 siano inabili al lavoro proficuo e siano nullatenenti, anche se le condizioni della inabilità al lavoro e di nullatenenza non sussistevano alla data di morte dell'impiegato o del pensionato".

Il successivo art. 20 prescrisse che la legge "ha effetto dal 1 gennaio 1958".

L'impugnato art. 272 D.P.R. n. 1092 del 1973 riproduce il contenuto dell'art. 18 citata legge n. 46 del 1958, apportandovi le sole modifiche necessarie conseguenti alla sentenza n. 135 del 1971 di questa Corte, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dello stesso art. 18 nella parte in cui, nel concorso di tutte le altre condizioni, esclude dal diritto a pensione i figli maschi celibi che alla data del 1 gennaio 1958 siano inabili al lavoro proficuo e siano nullatenenti.

Dallo stesso contenuto dei menzionati artt. 18 legge n. 46 del 1958 e 272 D.P.R. n. 1092 del 1973 emerge che essi hanno carattere di norma transitoria.

In vero le disposizioni su indicate concernono singoli rapporti, ai quali non si sarebbe potuta applicare la nuova legge per difetto di condizioni previste dalla normativa generale, sì che il legislatore, in deroga a siffatta normativa, ne ha disposto la disciplina retroattiva per soddisfare le esigenze degli orfani inabili al lavoro proficuo e nullatenenti alla data del 1 gennaio 1958.

Per tale scopo oggettivo gli artt. 18 legge n. 46 del 1958 e 272 D.P.R. n. 1092 del 1973 intendono attuare una prudente transizione dalla vecchia legge alla nuova. E se la disposizione dell'art. 18 - che riconobbe alle nubili maggiorenni il diritto alla pensione di riversibilità anche se le condizioni di inabilità al lavoro e di nullatenenza sussistevano alla data del 1 gennaio 1958 e non a quella del decesso dell'impiegato o del pensionato - può apparire motivata da ragioni di equità (come lo sono in genere le norme transitorie), é pur sempre lo scopo oggettivo su indicato che giustifica razionalmente l'applicazione retroattiva della norma.

La stessa giustificazione razionale ha l'impugnato art. 272 D.P.R. n. 1092 del 1973, che ha il medesimo contenuto dell'art. 18 legge n. 46 del 1958 con le modifiche sopra precisate.

Ne consegue che non é da considerare irragionevole la dedotta disparità di trattamento tra gli orfani, che risultano inabili a proficuo lavoro alla data del 1 gennaio 1958, e gli orfani, che diventino inabili dopo tale data.

Non sussiste, quindi, la denunciata violazione del principio di eguaglianza, che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tanto può ravvisarsi in quanto siano regolate diversamente situazioni omogenee e non vi sia razionale giustificazione di tale diversità (sentenze nn. 107, 112, 113 del 1977).

Va, infine, aggiunto che non appare conferente il richiamo all'art. 86, comma primo, dello stesso testo unico, operato, come si é detto, in una delle due ordinanze. Il principio enunciato da detta norma, secondo cui "le condizioni soggettive previste per il conseguimento del diritto al trattamento di riversibilità devono sussistere al momento della morte del dipendente o del pensionato", é derogato, per le ragioni sopra esposte, dalla impugnata norma transitoria, della quale appunto viene fatta applicazione nel giudizio a quo; ma non é direttamente ed autonomamente investito da dubbio di costituzionalità, che sia suffragato da specifica motivazione.

 

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 86, comma primo, e 272 testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, sollevata dalla Corte dei conti, sezione III giurisdizionale, con ordinanze 18 febbraio 1975 e 15 ottobre 1976, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 1978.

 

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI -  Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE

 

Giovanni  VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 gennaio 1978.