SENTENZA N. 126
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Leopoldo ELIA
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 (Elevazione dei trattamenti minimi di pensione e riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri), e 1 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434 (Reinserimento, a domanda, dei mezzadri, dei coloni e degli appartenenti ai rispettivi nuclei familiari, nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti), promosso con ordinanza emessa il 22 giugno 1974 dal pretore di Reggio Emilia, nel procedimento civile vertente tra Terzo Reverberi e l'I.N.P.S., iscritta al n. 506 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7 dell'8 gennaio 1975.
Visti gli atti di costituzione di Terzo Reverberi e dell'I.N.P.S., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 maggio 1977 il Giudice relatore Leonetto Amadei;
uditi l'avv. Franco Agostini per Reverberi, l'avv. Ennio Cerritelli per l'I.N.P.S.
Ritenuto in fatto
Con atto di citazione del 22 marzo 1974 Terzo Reverberi conveniva in giudizio, davanti al pretore di Reggio Emilia, l'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (I.N.P.S.) perché fosse dichiarato che aveva diritto a veder computati come versati nella assicurazione generale obbligatoria i contributi versati nella gestione speciale coltivatori diretti, mezzadri e coloni, per il periodo dal 1957 al 1962.
Di conseguenza chiedeva la corresponsione delle prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti secondo le norme dell'assicurazione generale obbligatoria e perciò che l'I.N.P.S. fosse condannato a corrispondergli la pensione di vecchiaia già da lui richiesta.
La richiesta veniva respinta dall'Istituto il 10 gennaio 1972 perché:
a) nella gestione lavoratori dipendenti (assicurazione generale obbligatoria) non aveva raggiunto il minimo contributivo di legge; egli, infatti, aveva versato solo 613 contributi settimanali dal 27 settembre 1935 al 1 maggio 1971 contro i 780 richiesti;
b) nella gestione coltivatori diretti non aveva raggiunto il 65 anno di età (richiesto a norma dell'art. 17 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047 e dell'art. 5 della legge 9 gennaio 1963, n. 9) il che rendeva inattuale il cumulo della contribuzione versata nella assicurazione per lavoratori dipendenti con la contribuzione versata nella gestione speciale (art. 6 legge 9 gennaio 1963, n. 9).
Dinanzi al pretore, il Reverberi oltre a riproporre i temi sopra accennati sollevava, in via subordinata, questione incidentale di costituzionalità dell'art. 6 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 e degli artt. 1 e 7 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434.
Nell'un caso e nell'altro per violazione dell'art. 3 della Costituzione.
E in particolare, per quanto riguarda l'art. 6 della legge ne 9 del 1963, rilevava il Reverberi che quest'articolo, alla lettera b. limita il diritto alla liquidazione della pensione da parte della assicurazione generale obbligatoria a quei lavoratori della terra che lo abbiano maturato autonomamente e cioé senza potersi giovare del cumulo dei versamenti e che gli artt. 1 e 7 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434 limiterebbero ingiustamente il computo nella assicurazione generale obbligatoria dei contributi versati nella gestione speciale ai soli mezzadri e coloni che siano rimasti tali alla entrata n vigore della legge.
Il pretore, con ordinanza del 22 giugno 1974 ha ritenuto che l'art. 6 della legge n. 9 del 1963 e l'art. 1 del d.P.R. n. 1434 del 1970 "determinano disparità di trattamento... fra assicurati i quali si vengono a trovare sotto il profilo sostanziale in identica situazione, attuando discriminazioni in relazione all'età e favorendo coloro che fossero ancora iscritti alla gestione speciale (coloni e mezzadri) all'entrata in vigore del d.P.R. 1434/1970 a detrimento degli altri che pur essendosi trovati nelle medesime condizioni (soprattutto sotto il profilo contributivo) non si trovassero nelle condizioni precisate".
Nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale sono intervenuti, oltre alla Avvocatura generale dello Stato, anche il Reverberi e l'I.N.P.S.
L'Avvocatura rileva che l'art. 6 prevede la possibilità di cumulo del periodi di contribuzione nella gestione speciale con quelli utili ai tini dell'assicurazione generale obbligatoria. Tale cumulo si effettua di ufficio, ma dà luogo al conseguimento della pensione unicamente quando sussistano i requisiti dell'età (65 anni o 60 se donne), di assicurazione (15 anni), di contribuzione (2340 contributi giornalieri).
Sempre secondo l'Avvocatura, l'art. 1 della legge n. 1434/ 1970 riguarda il diritto del mezzadro o colono di chiedere l'iscrizione nell'assicurazione generale obbligatoria ove tuttavia sussistano le condizioni prescritte.
Né nel primo caso, né nel secondo si ha violazione dell'art. 3 della Costituzione perché ci si trova di fronte a soggetti che, sia oggettivamente che soggettivamente, vengono a trovarsi in posizioni diverse.
L'I.N.P.S. rileva che l'art. 6 si applica indistintamente a tutti i mezzadri consentendo la utilizzazione dei contributi versati in ciascuno delle due gestioni assicurative, con il vantaggio che ove in gestioni diverse da quella dei cd/mc (ad es. quella dell'assicurazione generale) vengono raggiunti i requisiti per la liquidazione di una pensione prima che ne sia maturato il diritto nella gestione speciale, la prestazione deve essere data nell'altra forma assicurativa con l'aggiunta di un supplemento per utilizzare la contribuzione versata come cd/mc. D'altro canto rileva l'I.N.P.S. come non sia esatto che nell'art. 6 ci sia una discriminazione relativa all'età (come é detto nell'ordinanza) né che richieda che il soggetto abbia raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia nelle due forme di assicurazione obbligatoria: l'art. 6, infatti, specifica che l'assicurato ha diritto ad ottenere la pensione nella assicurazione obbligatoria quando tutti i requisiti di legge risultino maturati e ciò indipendentemente dai contributi accreditati nella gestione speciale.
Quanto all'art. 1 del d.P.R. n. 1434/1970 esso pure, secondo l'I.N.P.S., non pone discriminazioni poiché non può essere considerato tale il fatto che esso riguardi soltanto coloro che, al momento in cui ne chiedono l'applicazione, appartengono ancora alla categoria dei mezzadri perché chi lo fu e più non lo é non può computare nella assicurazione generale obbligatoria i contributi versati nella gestione speciale. E ciò per non causare insopportabili oneri finanziari all'Istituto.
Secondo il Reverberi, invece, la incostituzionalità deriverebbe dalla irrazionalità della norma che limita i benefici della legge solo a coloro che erano coloni o mezzadri alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 1434 del 1970.
Considerato in diritto
1) La questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 e dell'art. 1 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434, promossa dal pretore di Reggio Emilia con la ordinanza de qua in riferimento, per entrambe le norme, all'art. 3 della Costituzione, non é fondata.
É errata la premessa del giudice secondo la quale, ai sensi del citato art. 6 "i contributi versati nella gestione speciale mezzadri, si cumulano con quelli versati nella assicurazione generale obbligatoria a condizione che il soggetto abbia raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia nelle due forme di assicurazione obbligatoria...". Da questo errore discende la altrettanto erronea deduzione che quanto sopra viene a creare "disparità di trattamento non oggettivamente giustificata fra assicurati i quali si vengano a trovare, sotto il profilo sostanziale, in identica situazione, attuando discriminazioni in relazione all'età...".
L'art. 6 della legge 1963, n. 9, che riguarda la gestione speciale dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, non dice affatto che per effettuarsi il cumulo dei versamenti il soggetto debba aver raggiunto l'età pensionabile prescritta nelle due forme di assicurazione obbligatoria (quella per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e quella per i lavoratori dipendenti): che anzi, dopo aver nel primo comma fissato l'obbligo del cumulo dei citati versamenti (ai fini del pensionamento da parte della gestione speciale) anche se l'assicurato non abbia maturato il diritto alla pensione né presso questa né presso altre assicurazioni, stabilisce nel comma successivo che ove dai versamenti effettuati presso altra gestione (assicurazione generale obbligatoria) derivi al lavoratore la pensione di vecchiaia, questi ha il diritto di chiederla al compimento dell'età prevista (60 anni o 55 per le donne) inferiore a quella (65 e 60) occorrente per il percepimento della stessa pensione da parte della gestione speciale. Ciò sta a significare che il legislatore, con norma di evidente favore per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, ha inteso impedire che la iscrizione obbligatoria di quei lavoratori nella gestione speciale, accentratrice di ogni tutela assicurativa in forza del cumulo, non consenta loro di godere di altre forme di assicurazione che si siano maturate prima di quelle fissate nella stessa gestione speciale.
2) Non esiste pertanto alcuna discriminazione in relazione alla età degli assicurati: 65 anni o 60, se uomini, per ottenere la pensione di vecchiaia nella gestione speciale coltivatori diretti, mezzadri o coloni; 60 anni o 55 se donne per ottenerla da parte dell'assicurazione generale (lavoratori dipendenti) quando insieme all'età concorrano gli altri requisiti richiesti dalla legge. Nella fattispecie esaminata dal giudice a quo, il lavoratore non aveva raggiunto l'età di 65 anni per avere la pensione di vecchiaia da parte della gestione speciale (art. 5 legge 9 gennaio 1963, n.9) e non aveva raggiunto il minimo contributivo di legge per ottenerla nella gestione lavoratori dipendenti.
Questa situazione di fatto era da sola impeditiva al sorgere di una pretesa di pensione, ne ha vulnerato il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) L'art. 6 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 che intende far conseguire la pensione di vecchiaia a tutti gli elencati lavoratori della terra quando ricorrano le condizioni stabilite.
3) L'altra questione di costituzionalità, sempre in riferimento all'art. 3 Cost. investe l'art. 1 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434, secondo l'ordinanza del pretore, "nella parte nella quale limita il computo nella assicurazione generale obbligatoria dei contributi versati nella gestione speciale ai soli mezzadri che, essendo rimasti tali alla entrata in vigore della norma stessa, abbiano chiesto l'inserimento in detta assicurazione generale obbligatoria, con conseguente esclusione di quei mezzadri i quali siano stati in modo diverso inseriti nella assicurazione obbligatoria".
Ciò determinerebbe disparità di trattamento ingiustificata tra assicurati che si trovano in situazione identica con conseguente discriminazione in relazione all'età e con favore per chi fosse ancora iscritto, all'entrata in vigore del d.P.R. n. 1434 del 1970. alla gestione speciale, a detrimento di altri che non si trovassero in queste condizioni.
Ma anche questa censura non é fondata.
Premesso che dell'età non e assolutamente fatto cenno nel citato art. 1, é da considerarsi razionale che il legislatore abbia inteso che la norma sia applicata soltanto a coloro che rivestano attualmente la qualità di mezzadri o coloni. Tende infatti la norma a far sì che costoro possano iscriversi alla assicurazione generale dei lavoratori dipendenti anziché alla propria assicurazione offre minori vantaggi; ma se detta norma avesse consentito questa agevolazione a quelli che mezzadri e coloni furono un tempo ma non più in atto, cioé a dire a tutti i lavoratori subordinati che nella loro vita lavorativa abbiano avuto un periodo di attività autonoma, si sarebbe venuta a creare una situazione economica assai pesante per la copertura delle pensioni che é garantita dalle contribuzioni acquisite e dalle riserve matematicamente accantonate.
Nel mentre é doveroso operare onde la sicurezza sociale di cui é parte la previdenza possa sempre di più trovare estensione, é del pari indispensabile procedere con ragionata gradualità di evoluzione dato che, come questa Corte ha già motivato con sentenza n. 128 del 1973, essa gradualità si presenta come modo di essere necessario, dato che la modifica del sistema pensionistico richiede e comporta una pluralità di atti ed una successione di tempi.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 e dell'art. 1 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI.
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 14 luglio 1977.