SENTENZA N. 97
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Calabria, notificato il 18 aprile 1975, depositato in cancelleria il 6 maggio successivo ed iscritto al n. 14 del registro 1975, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro per i lavori pubblici del 25 settembre 1974, n. 3752, che autorizzava il pagamento alla Regione Calabria di una somma per provvedere alla ricostruzione delle abitazioni distrutte dalle alluvioni del 1972-1973.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 13 aprile 1977 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;
uditi gli avv.ti Vincenzo Mazzei e Mauro Leporaci per la Regione Calabria, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con atto notificato il 18 aprile 1975, il Presidente della Giunta regionale della Calabria ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione avverso il decreto del Ministro dei lavori pubblici 25 settembre 1974, n. 3752, col quale é stata accreditata, a favore della Regione Calabria, la somma di L. 1.600 milioni, per ciascun esercizio finanziario a partire dal 1973 e per 35 anni, quale contributo in annualità per provvedere alla ricostruzione delle abitazioni ed al trasferimento degli abitati distrutti dalle alluvioni del dicembre 1972-gennaio 1973, in ottemperanza all'art. 5 bis della legge 23 marzo 1973, n. 36, di conversione del d.l. 22 gennaio 1973, n. 2.
Ha sostenuto, infatti, la ricorrente, richiamando i lavori parlamentari della legge di conversione, che emergerebbe dalla norma (esattamente interpretata), di cui al comma primo dell'art. 5 bis menzionato, la volontà del legislatore di destinare direttamente alla Calabria il gettito in conto capitale di L.40 miliardi.
Fidando proprio sull'assegnazione di tale somma la Regione - che sarebbe stata all'uopo delegata dallo Stato, sul piano normativo oltre che amministrativo, nella materia del trasferimento e consolidamento degli abitati colpiti da calamità naturali - avrebbe emanato la legge 31 agosto 1973, n. 16, predisponendo programmi organici di intervento, sulla scorta di studi e progetti integrali.
L'attribuzione di una somma minore, insufficiente a far fronte ai programmi anzidetti, quale, invece, disposta col decreto impugnato, avrebbe perciò, appunto, vulnerato la sfera delle attribuzioni regionali nella materia de qua, in riferimento agli articoli 5, 115, 117, 118, 119 della Costituzione; 13, comma secondo, d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8; 5 bis della legge 1973 n. 36 citata nonché gli articoli 10, 17 e 19 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per le Regioni a Statuto ordinario).
Ha concluso, pertanto, la ricorrente, chiedendo alla Corte di:
a) dichiarare la competenza della Regione Calabria a disporre della somma di 40 miliardi di cui la legge prevede l'assegnazione per assicurare l'espletamento delle funzioni delegate di cui all'art. 5 bis legge 1973 n. 36;
b) dichiarare altresì la inesistenza di competenza dello Stato a ridurre o modificare l'importo e le modalità di corresponsione della somma predetta;
c) annullare, per quanto di ragione, il decreto del Ministro dei lavori pubblici 25 settembre 1974, n. 3752.
2. - Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso proposto.
Secondo l'Avvocatura, la norma finanziaria introdotta dall'art. 5 bis della legge 23 marzo 1973, n. 36, da cui la Regione invoca il preteso "diritto" alla somma capitale di L.40 miliardi, andrebbe "letta ed interpretata" nel senso esattamente corrispondente a quello ritenuto dagli organi dello Stato, Corte dei Conti compresa, che registrò il decreto ministeriale.
In quanto, invero, il primo comma dell'articolo indicherebbe soltanto la spesa globale (di L.40 miliardi) a carico dello Stato ed a favore della Calabria ed il fondo (di cui all'art. 3 della legge sulla casa) da dove attingerla: mentre non specificherebbe che la somma stessa debba essere attribuita in conto capitale, cioè una tantum.
Le modalità dell'erogazione, viceversa, sarebbero indicate nel secondo comma, il quale precisa che, ai fini del finanziamento della spesa di cui al precedente comma ed in aggiunta ai limiti di impegno previsti dall'art. 67, lettera a), della legge sulla casa, é autorizzato l'ulteriore limite di impegno di 2 miliardi annui, per 35 anni, iscritto nello stato di previsione della spesa del ministero dei lavori pubblici a partire dall'esercizio 1973.
La legge, in altre parole, non avrebbe inteso discostarsi dal sistema del concorso a contributo in annualità, previsto da tutte le leggi sull'edilizia, a partire da quella fondamentale n. 408 del 1949 (la c.d. legge Tupini) e ripresa anche dalla più recente legge sulla casa.
3. - A tali rilievi dell'Avvocatura ha replicato la Calabria sostenendo, con successiva memoria illustrativa, che la norma di cui al capoverso dell'art. 5 bis della legge n. 36 del 1973 non avrebbe in realtà attinenza alle "modalità dell'erogazione" delle somme assegnate, sibbene alle "modalità di copertura della spesa relativa: nel senso che disporrebbe il finanziamento del Fondo (del Comitato Edilizio Residenziale, di cui all'art. 3 della legge 1971 n. 865) dal quale le somme stesse andrebbero prelevate.
Ha aggiunto, anche, che la destinazione dei 1.600 milioni di lire accreditati "agli Istituti autonomi delle case popolari" (quale sembrerebbe risultare dalla nota in calce alla quietanza della somma erogata predisposta dall'Ufficio di Tesoreria) concreterebbe un ulteriore profilo di illegittimità, vulnerando il potere spettante alla Regione di determinare direttamente essa i soggetti di cui avvalersi per la realizzazione degli interventi de quibus.
Considerato in diritto
1. - La Regione Calabria ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione - in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118, 119 della Costituzione, nonché 13, comma secondo, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8; 5 bis della legge 23 marzo 1973, n. 36; 10, 17 e 19 della legge 16 maggio 1970, n. 281 - avverso il decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 3752 del 25 settembre 1974, che ha accreditato alla Calabria la somma di lire l.600.000.000, quale contributo in annualità da corrispondere per 35 anni a partire dall'esercizio finanziario 1973, in attuazione dell'art. 5 bis della citata legge 1973, n. 36, di conversione del d.l. 22 gennaio 1973, n. 2, che prevede nuovi stanziamenti a favore delle zone della Sicilia e della Calabria colpite da eventi alluvionali.
2. - Lamenta - come in narrativa detto - la Regione che il decreto impugnato abbia in suo favore disposto (per la realizzazione delle previste opere di ricostruzione delle abitazioni distrutte e di trasferimento degli abitati colpiti) l'erogazione di una somma minore e graduata nel tempo (lire 1.600.000.000 per 35 anni), la quale - anche se fosse utilizzata per la stipulazione di un mutuo - in ogni caso non consentirebbe (al tasso applicabile di interesse: 9,49% ex d.m. 18 ottobre 1974, in G.U. 21 ottobre 1974, n. 274) di ottenere il ben maggiore importo di lire 40.000.000.000, che avrebbe invece dovuto esser corrisposto alla Calabria secondo il dettato dell'art. 5 bis della legge n. 36 del 1973.
Il ricorso così formulato é inammissibile, giacché involge una doglianza di carattere patrimoniale suscettibile di essere fatta valere nella diversa sede delle azioni giurisdizionali e quivi trovare (eventuale) soddisfazione attraverso l'interpretazione ed applicazione dell'art. 5 bis della legge ordinaria 1973 n. 36 citata.
Né a diversa conclusione può indurre la considerazione che la erogazione di somma inferiore a quella che si assume legislativamente assegnata impedisca l'esercizio delle funzioni delegate alla Calabria dalla stessa legge n. 36 del 1973 - la quale prevede che la realizzazione delle opere de quibus avvenga "secondo norme dettate dalla Regione interessata" - giacché quello prospettato sarebbe, comunque, impedimento di mero fatto, che non concreta una diretta lesione o menomazione di potestà della Regione, quale, invece, é necessario sussista perché si verta in tema di conflitto costituzionale di attribuzione.
3. - Sotto diverso profilo (con motivo incidentalmente accennato nella memoria illustrativa successivamente depositata), la Regione si duole, per altro, anche del fatto che la somma attribuitale con il provvedimento in conflitto risulti destinata (secondo quanto si desumerebbe dalla intestazione della collegata quietanza di pagamento predisposta dalla Tesoreria provinciale del tesoro) "agli Istituti autonomi delle case popolari": il che inciderebbe sulla potestà della Regione di scegliere essa i soggetti di cui avvalersi per la realizzazione delle opere in argomento, sempre in base al disposto dell'articolo 5 bis citato, che, per la realizzazione delle opere in questione, prevede - come detto - che siano dettate norme dalle regioni interessate.
Anche sotto tale profilo, il ricorso é inammissibile.
Come più volte precisato da questa Corte (recentemente con sentenza n. 111 del 23 aprile 1976) occorre, infatti, perché si verta in tema di conflitto di attribuzione, che la competenza che si pretende invasa o menomata sia determinata da norma formalmente costituzionale.
E, se si é ritenuto che anche norme di legge ordinaria possono concorrere a configurare il parametro, si é chiarito che ciò accade quando dette norme siano "integrative od esecutive di norme costituzionali di competenza, le quali ultime soltanto costituiscono la fonte del potere che si invoca" (la difesa della cui integrità configura, appunto, l'interesse a ricorrere: sent. 1976 n. 111 citata).
Nella specie, le attribuzioni amministrative e normative che la Calabria assume invase derivano invece - secondo la prospettazione della stessa ricorrente - dalla disposizione più volte menzionata dell'art. 5 bis legge 1973 n. 36 e, più in generale, dall'art. 13 del d.P.R. 1972 n. 8 (che delega alle Regioni le competenze statali residue in materia di "opere di ricostruzione di territori colpiti da calamità naturali"...): hanno, cioè, la loro fonte in deleghe contenute in norme di rango ordinario. Le quali neppure possono considerarsi (per la parte de qua) integrative od attuative di norme costituzionali, poiché é evidente che la mera previsione della possibilità che lo Stato deleghi proprie funzioni alle Regioni - quale si rinviene negli artt. 118 e 117 u.p. della Costituzione - non rende, per questo solo, integrative della Costituzione le norme che in concreto tale delega dispongano.
Anche sotto quest'ultimo aspetto, resta, pertanto, confermata l'inammissibilità del proposto ricorso.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto contro lo Stato dalla Regione Calabria in relazione al decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 3752 del 25 settembre 1974 in epigrafe indicato.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 30 maggio 1977.